Senti un po’ da quale pulpito
viene la predica. Fioroni, il ministro
dell’Istruzione, rimprovera
a destra e a manca la disaffezione
per la matematica.
A sentir lui, i docenti non sanno
insegnarla e gli studenti
non la studiano. Ma nel suo
dicastero non va meglio: lì
due conti semplici semplici
non riescono proprio a farli.
Lo sanno bene gli spezzonisti,
i precari che più precari non si
può. Di loro il governo Prodi si
è avvalso l’anno scorso per coprire
le decine di migliaia di
spezzoni orari che non bastano
a costituire cattedra. Per
tanti laureati, specializzati e
pluriabilitati è stato un mezzo
di sopravvivenza professionale
ed economica. Per la scuola
una soluzione funzionale e
transitoria, ma anche dignitosa
equa e trasparente. Troppo
semplice per durare.
Ed ecco che nel Dpef per il
2008/11 e nel recentissimo
regolamento per le supplenze
si sancisce l’attribuzione degli
spezzoni orari come straordinario
ai docenti in ruolo. Ciò
comporta un aggravio di spesa
stimato tra il 25 ed il 50%.
Infatti, se il compenso annuo
per un’ora di lezione dei supplenti
è di circa 1.000 euro,
quello straordinario spettante
ai docenti in ruolo può anche
superare i 1.500 euro. Questo
divario è imputabile alla retribuzione
più alta e più continua
di questi ultimi. I docenti
in ruolo, infatti, godono di un
livello retributivo più alto derivante
dalla progressione
della carriera e dalla continuità
lavorativa che comprende
i mesi estivi. I contratti dei
precari, invece, sono limitati
al solo periodo di servizio effettivo
e la retribuzione, anche
quando il precariato è
ventennale, corrisponde sempre
al minimo salariale dovuto
ai neo assunti.
Ma c’è di più. L’incentivazione
allo straordinario, oltre a produrre
un danno per l’erario,
accresce il cannibalismo professionale
a tutto danno della
qualità dell’offerta formativa.
Inoltre questa attribuzione di
straordinario risulta palesemente
illegittima come ha
chiarito la sentenza
n.622/2007 del giudice del lavoro
di Potenza. In essa si ribadisce
la priorità dell’art.37
del contratto di lavoro sull’art.
22 della legge 448/2001
(prima finanziaria Berlusconi)
che, nata per risparmiare,
ha fatto spendere di più e procurato
solo disfunzioni per
l’amministrazione scolastica.
Se l’arte del buon governo sta
nell’adottare soluzioni semplici,
magari definitive, a problemi
complessi, allora la
scuola ne è esclusa. Almeno
quella italiana.
Così, per errori di calcolo e di
scelta, il governo dissipa le risorse
del tesoretto. E, per farlo,
ripropone addirittura i
provvedimenti del governo
precedente, incrementando
l’ingordigia dei più favoriti a
danno dei diritti e delle aspettative
dei più precari del comparto
scuola.
DIRETTIVO NAZIONALE C.I.P.
COMITATI INSEGNANTI PRECARI
(da www.lasicilia.it)