«E dire che la matematica è il linguaggio della scienza e
della tecnologia, e quindi del mondo occidentale contemporaneo.
Volerle negare cittadinanza culturale, di fatto se
non di diritto, non può quindi che continuare a perpetrare
un anacronistico equivoco intellettuale che porta alla
schizofrenia delle supposte due culture: la umanistica e
la scientifica, di cui solo la prima ha accesso ai diffusi mezzi
di informazione, mentre la seconda è relegata ai ristretti
mezzi di divulgazione. Purtroppo i programmi ministeriali
sono cose che farebbero morire anche una persona
piena di volontà. Quel genere di programma che viene seguito
a scuola è qualche cosa che noi stessi, che facciamo
parte del campo, in realtà aborriamo. Quindi certamente
si potrebbe fare, soprattutto nei licei, un approccio alla
matematica attraverso la letteratura, cioè andare a vedere
le strutture matematiche nelle opere letterarie, che
ci sono, grandissimi letterati le hanno usate, Perec ad
esempio». Sono le parole di Piergiorgio Odifreddi, matematico
e divulgatore scientifico, che abbiamo citato a proposito
dell’ulteriore grido d’allarme del ministro della
Pubblica Istruzione, Fioroni, per le asinaggini matematiche
dei nostri alunni in rapporto alle eccellenze europee.
Ma anche Lucio Lombardo Radice, nel 1968, indicava
strade didattiche d’avanguardia per recuperare il fascino
discreto della matematica nella risoluzione dei problemi,
e non solo di quelli con formule, ma anche di logica deduzione
e di quotidiana applicazione. Non sembra tuttavia
che tanta brillante parte della nostra intellighenzia culturale
venga ascoltata dagli strateghi del ministero se è vero
che i programmi di matematica sono ancora fermi al
1929 e che molti professori sono costretti a pretendere solo
nozioni mnemoniche. E la misura di tanta indolenza si
ha con l’ultimo compito scritto di matematica agli esami
di Stato dove si dimostra come gli esperti ministeriali siano
ancora fermi a schemi gentiliani, mentre le polemiche
per l’astrusa e contestata formulazione del problema assegnato
sono di stretta attualità.
Tuttavia la prima impressione che si ha leggendo le dichiarazioni
di Fioroni è quella del consueto sfascio da riparare
e come primo rimedio si ventila di riesumare gli
esami di riparazione a settembre. Non ci saremmo aspettati
però che da parte degli alunni ci fosse una robusta
maggioranza, come è possibile leggere sul sito
“Studenti.it”, che li vede bene, auspicandoli per tutta
una serie di motivi ma a condizione che sia la scuola a farsene
carico, evitando quindi esborsi alle famiglie per le ripetizioni
private. Ma non solo questo il ministero dovrebbe
evitare se pretende un margine di successo. Essenziale
risulta non formare gruppi classe superiori a due-tre
alunni perché altrimenti è come tornare alle lezioni curriculari
in cui si è falliti, non risparmiare nelle ore complessive
da accordare a ciascun professore, renderli obbligatori,
contrariamente a quanto è avvenuto finora, e soprattutto,
ma in questo caso sarebbero i consigli di classe
a decidere, formare gruppi omogenei in modo che non
ci siano ritardi per portare tutti i ripetenti ai livelli di preparazione
attesa.
L’annunciato stanziamento di 30 milioni di euro per
i recuperi dovrebbe quindi rimettere in piedi una esperienza
didattica che molti docenti hanno ritenuto fallimentare
proprio a causa di tutte queste mancanze,
mentre i consigli di Istituto dovrebbero pure attivarsi
a predisporre lezioni aggiuntive già a conclusione dei
risultati del primo quadrimestre e per vari motivi, come
i rischi di abbandono per l’evidente fallimento e per
evitare bocciature irreversibili anche con una sola materia,
specie se d’indirizzo.
PASQUALE ALMIRANTE (da www.lasicilia.it)