LA PROFESSORESSA...E IL WATER
Data: Mercoledì, 01 agosto 2007 ore 00:05:00 CEST
Argomento: Opinioni


LA PROFESSORESSA…E IL WATER


Certo che ne succedono di cose strane nella scuola. E tutti ne sono a turno indiscriminatamente protagonisti. Talvolta anche gli insegnanti. Me ne hanno raccontata una fresca fresca, successa in una scuola del nord Italia, che fa un po’ sorridere e molto riflettere. Dunque in questo istituto tecnico c’era un’insegnante di italiano, ma sapete una di quelle insegnanti di italiano terribili, anzi non terribile, diciamo sgarbata, sprezzante, incapace di insegnare alcunchè, sempre lì a lamentarsi, rapporto con i ragazzi zero, malsopportata e maldigerita per tutto l’anno da una quinta classe, che peraltro se la sorbiva già da due anni. Orbene questa professoressa aveva un’abitudine, un vezzo, se così possiamo chiamarlo: ogniqualvolta un alunno voleva andare in bagno, esclamava: “Vai, vai, vai: vai al cesso.” Insomma cesso di qua e cesso di là, immaginiamoci un po’, con i ragazzi che spesso tentano di svignarsela dalla lezione andando ai servizi, la parola tanto amata risuonava tra le mura di quell’aula perennemente. Per non parlare di quando il giudizio diventava più generale e addirittura abbracciava la stessa istituzione scolastica. Frase ricorrente, sempre ornata del water come assoluto protagonista: “Questa scuola è un cesso!”
Insomma il cesso era diventato nella mente degli alunni una sorta di idolo. Cesso, cesso, cesso: sempre la stessa parola e pronunciata sprezzantemente, in barba al naturale corso dei bisogni fisiologici.
Ebbene alla fine dell’anno le quinte classi salutano i loro più o meno amati docenti, invitandoli a cena. E nemmeno la classe suddetta fa eccezione. Festa grande, cibo e risate, ricordo degli episodi più esilaranti successi nel corso delle lunghe ore di lezione e infine giunge il momento dei piccoli pensierini. Chi scarta qua, chi scarta là, ora un libro, ora un penna, ora un soprammobile. Poi giunge il turno della famigerata insegnante di italiano. Ma il suo regalo stenta ad arrivare, c’è movimento, ma dov’è, che fine avrà fatto? Poi gli alunni avanzano dal fondo della sala con un pacco voluminoso, di immensa mole. E lo tengono in due, ma che sarà mai? La professoressa inizia a scartare, tocca il contenuto dell’involto e tocca duro: a cosa avranno pensato per lei i suoi alunni? Che cosa avrà mai potuto ispirarli? Toglie il primo strato di carta, poi il secondo. Ecco che la forma del misterioso oggetto via via si precisa E’ tonda, anzi oblunga, ed è duro l’oggetto, tanto duro. Di porcellana. Bianco. Cavo. L’insegnante straluna gli occhi, crede di non vedere bene. Venuto via l’ultimo e più benevolo strato di carta si profila ai suoi occhi…un cesso, ma un cesso di quelli veri, altro che le forbite metafore da lei usate durante l’anno!
Ecco il regalo per i suoi preziosi insegnamenti, prof. Un regalo di cattivo gusto? Certamente si può discutere sull’opportunità del gesto, non proprio elegante. E sull’assoluta mancanza di rispetto dei ruoli che ormai caratterizza i giovani d’oggi. Ma ricordiamoci che gli alunni hanno in chi sta dietro la cattedra un modello e un esempio. E che, a furia di insegnare, qualcosa, prima o poi, la imparano. E se il nucleo dell’insegnamento si chiama cesso…

SILVANA LA PORTA






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