FANNULLONI E MALASCUOLA: A CHI SERVE UNA SCUOLA INEFFICIENTE?
Data: Sabato, 21 luglio 2007 ore 00:05:00 CEST
Argomento: Opinioni


Fannulloni e malascuola.
 a chi giova una scuola inefficiente?

di Antonio Gasperi, Mestre, 18 luglio 2007.

 

La notizia dei tanti studenti del prof. M. – a proposito perché non si comincia a chiamarlo con il suo nome, dato che un Report di fine maggio lo ha reso noto al pubblico? – che sono stati bocciati all’Esame di Stato di quest’anno, ha dato al prof. Ichino (editoriale sul Corriere del 16 luglio us) l’occasione per suggerire alle famiglie italiane la strada del tribunale civile per un equo risarcimento dei danni da “ignoranza per mancato insegnamento”. Dato che – prosegue il noto giuslavoratorista - i casi analoghi sono “assai numerosi: è raro che uno studente non incontri almeno un prof. M. nel corso dei suoi studi”, se tutti cominciassero a chiedere il risarcimento del danno all’amministrazione scolastica, sarebbe un inizio del britannico civic auditing (controllo dei cittadini sul funzionamento delle amministrazioni pubbliche).

Ho seguito a suo tempo con attenzione la coraggiosa proposta dell’autore riguardo agli Organi Indipendenti di Valutazione di ogni comparto della PA (si veda anche il  progetto di legge del 14 dicembre us sull’Autorità del pubblico impiego) con lo scopo di “valutare l’efficienza di ciascun ufficio o centro di attività e la sua utilità effettiva in relazione alle finalità istituzionali proprie di ciascuno di essi.”

Ora il punto è proprio qui: finchè le autorità di governo non saranno in grado di dotare il comparto della scuola di un autorevole organo di valutazione della “produttività” delle unità lavorative, la strada della giustizia civile sembrerà l’unica percorribile, ammesso e non concesso che tribunali già gravati da un numero esorbitante di cause inevase, siano in grado di smaltire in tempi “accettabili” il surplus di lavoro derivante da quei casi “assai numerosi” di malascuola. E in questo senso farebbero bene i Dirigenti Scolastici a paventare il pericolo dei ricorsi dei genitori contro le bocciature dei loro figli, non limitandosi più ai tradizionali ricorsi amministrativi contro i vizi di forma, ma considerando anche quelli sulla sostanza della mancata o parziale prestazione lavorativa.

Ma chiediamoci, come mai l’esigenza di valutare l’efficacia del servizio pubblico, ed in particolare dell’istruzione, tarda ad essere applicata nel nostro paese? Forse perché – come nota argutamente Ichino - “il grado massimo di inefficienza che un’amministrazione pubblica può raggiungere è, in generale, quello che la cittadinanza è disposta a sopportare?”. O non perché, piuttosto, una sorta di meccanismo collusivo fra certe rappresentanze sindacali e i governi ha finora preferito coprire i nullafacenti? Abbastanza singolarmente si tratta poi di sindacati che in questi giorni – all’interno di un ciclo politico evidentemente a loro favorevole – tentano di eliminare le sigle autonome dalla scena sindacale, attraverso la ridefinizione delle regole di ammissione ai tavoli di trattativa.

Se il mio ragionamento è giusto, il problema ancora una volta nel nostro paese è quello di una pubblica amministrazione inefficiente per precisa volontà delle classi dirigenti, vuoi politiche, vuoi sindacali. La strada del britannico controllo sul civil servant, sembra ancora lunga per un paese dove la “rendita di posizione” dell’impiegato pubblico fa premio sul benessere sociale.

In conclusione vorrei tornare per un momento alla scuola, con una domanda per il prof. Ichino: l’insistenza sui “tanti prof. M.” deriva dalla convinzione che proprio nella scuola si annidi il maggior numero di fannulloni, oppure dalla constatazione che si tratta del settore la cui inefficienza è ormai insopportabilmente evidente alla cittadinanza? Nel primo caso dovrebbe citare fonti certe, ma siamo convinti che – come chiunque altro – non ne possieda affatto. Nel secondo caso il noto studioso fa parte della ormai nutrita schiera di persone che ritengono le famiglie perfettamente in grado di capire come funziona una scuola e quindi se “produce” bene o male. Se ci si ponesse invece seriamente il problema della valutazione del servizio di istruzione, si capirebbe che bisognerebbe cominciare a parlare anche di efficacia (oltre che di equità), ma qui il discorso si complica, e non solo per i politici.


 Mestre, 18 lug. 07 Antonio Gasperi






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