Archiviati gli esami di stato si incomincia da qualche giorno
a fare l’ipotesi della riesumazione di un altro scheletro
nell’armadio della istruzione dal 1995: quello degli esami
di riparazione a settembre per i rimandati. Pinza e cacciavite,
aveva detto l’odierno ministro dell’istruzione all’atto
del suo insediamento, e non rifacimento della intera macchina,
come ci si aspettava dopo le critiche alla riforma Moratti
e come una legge di iniziativa popolare per abrogarla
richiedeva.
Spulciando tra le spese delle scuole, Fioroni si è accorto
che i fondi Idei, quelli destinati per i corsi di recupero che
avrebbero dovuto consentire di togliere il cerchietto rosso
sul sei degli alunni, per lo più non venivano spesi con la
conseguente ineluttabile promozione “onoris causa” alla
classe successiva. Certamente non riusciamo a capire il motivo
per cui tante scuole non li abbiano sfruttati, abbiamo
però da sempre compreso che tutta l’impalcatura dei debiti
e dei recuperi è, non solo farraginosa ma anche inconcludente,
soprattutto nel momento in cui non intralcia il
cammino verso il diploma. E inconcludente lo è pure allorché
vengono assegnate per il recupero non più di 10 ore a
materia a conclusione del primo quadrimestre, quando si
scrutinano i primi risultati, e 10 ore a inizio d’anno per togliere
o confermare il famigerato cerchietto rosso sul sei.
Con sole 10 ore di recupero infatti, svolte non già individualmente
ma in gruppi anche numerosi (e quindi con evidenti
difformi livelli di partenza nel gruppo-alunni), nessun
docente serio può pensare di riprendere o colmare lacune
anche profonde. Se poi si aggiunge che non c’è obbligo(!)
di frequenza dei corsi di recupero si ha l’idea della
sciatteria della legislazione. Da qui l’assurda circostanza su
cui fioriscono però le furbizie dei ragazzi che oggettivamente
sanno approfittare di ogni possibile falla del sistema.
Introducendo però i vecchi esami di riparazione a settembre,
come ventila il ministro, c’è un altro rischio, quello della
contestuale riesumazione del mercato delle lezioni private
con il conseguente possibile scambio di rimandati tra
docenti non del tutto perbene. Ma soprattutto si andrebbero
a penalizzare le famiglie meno abbienti che sarebbero
costrette a uscire fior di quattrini per la preparazione del figlio
rimandato. E allora quale possibile soluzione? Semplice
se il ministero, oltre a parlare bene, avesse pure comportamenti
altrettanto salutari: finanziare nelle scuole corsi di
recupero estivi ma con un numero congruo di ore e nominando
i docenti disponibili a sacrificare le vacanze o supplenti
abilitati.
D’altra parte con la nuova norma è fatto obbligo
di non avere debiti per sostenere gli esami di stato, per
cui un Governo serio e sensibile ai bisogni dei cittadini deve
farsi carico di consentire a tutti la pari opportunità, come
pure di fornire i libri gratis nel momento in cui decide
di aumentare l’obbligo scolastico. Ma dovrebbe pure spendere
soldi per aggiornare i docenti affinché, come di dice
qualcuno, siano preparati ad affrontare le realtà educative
e didattiche che la nuova società globalizzata e globalizzante
presenta ogni giorno.
Ma ancora di più: è tempo che venga
finalmente riesumato quel sacro principio morale del sacrificio
perché lo studio stesso è sacrificio e pure rinuncia,
come lo è il lavoro al termine del quale si pretende il meritato
riposo. E dunque, per chi non si impegna durante
l’anno, deve ritornare a scuola a lavorare.
Tuttavia dietro a
tutta questa riscoperta materia, sia degli esami di Stato e sia
della riparazione a settembre, cogliamo il riso gentilianamante
compiaciuto di Giovanni Gentile: dopo quasi tre
quarti di secolo infatti la sua, seppure fredda, cena viene regolarmente
consumata dai vari Leporello e dai vari cavalieri
col pennacchio, in mesto pellegrinaggio verso questo singolare
e lungimirante convitato di pietra.
PASQUALE ALMIRANTE (da
www.lasicilia.it)