Ché "Gli alunni di tutti i
tempi sono il riflesso dei
maestri". Ha ragione Sergio Sciacca a ribadirlo nel
suo commento agli Esami
di Stato.
Evidentemente, con le dovute
eccezioni. Almeno per
il passato. Ché oggi le cose
sembrano andare diversamente.
Forse per il fatto che nella
scuola, soprattutto secondaria,
ci sono meno alunni.
Meno allievi. Nel senso che
la scuola nutre meno di
quanto avvenisse nel passato
quando la cultura alta
e scientifica veniva delibata
quasi esclusivamente da
essa, dai libri e dai maestri
(non a caso ’magis-tres).
Oggi i giovani vengono addestrati
dal mercato dell’elettronica.
Che la scuola si
limita solo ad assecondare
senza minimamente tentare
di superare il cosiddetto digital divide. Pertanto
i giovani della rivoluzione
elettronica stanno vivendo
solo gli aspetti consumistici.
Abbondantemente, se è
vero che in Italia siamo i
più solerti consumatori di
telefonia e di comunicazione
elettronica, agli ultimi
posti tra i paesi Ocse per
conoscenze scientifiche e,
in particolare, matematiche.
Con grave responsabilità
dell’organizzazione scolastica
che non riesce a valutare
ancora la portata sul
piano comunicativo e degli
stili di vita -quindi della
cultura- della rivoluzione
informatica.
Nella scuola, infatti, entrano
le macchine elettroniche
solo come sussidi didattici.
Non si riesce ancora a percepire
e a far percepire come
quelle informatiche
non siano soltanto dei
mezzi, ma anche nuovi linguaggi
che stanno sconvolgendo
l’antica grammatica
(logica) lineare e sequenziale
di origine aristotelica.
Studiare di più, probabilmente
non comporterà necessariamente
e soltanto
affannarsi con sudore e fatica
sulle odiate-amate carte.
Probabilmente si tratterà
di fare cose altrettanto intelligenti
per acquisire conoscenze
attraverso i linguaggi
di cui i giovani si
servono già ora senza conoscerne
le grammatiche.
LUCIANO VULLO
Direttore scolastico
Liceo "Vittorini" Gela
(da www.lasicilia.it)