ESAMI DI MATURITÀ: UN IDENTIKIT DEGLI STUDENTI DI OGGI. Si studia sempre meno ma si eccelle nella retorica
Data: Venerdì, 13 luglio 2007 ore 20:33:25 CEST
Argomento: Rassegna stampa


Gli esami di Stato sono finiti. Come? Come al solito, cioè bene, anche se con un pizzico di trionfalismo in meno rispetto alle passate edizioni. Un poco più di austerità (che però qualcuno ha fatto scadere nel grottesco); un po’ meno faciloneria (sono stati più numerosi i casi di docenti che hanno richiesto dai loro alunni qualche escursione fuori dal percorso preconfezionato con cui nel passato si concludeva tutta la performance dei maturandi). Il commento si potrebbe chiudere qui. La cronaca ha già iniziato a registrare l’albo d’oro dei centisti, la hit parade della cultura che dovrebbe essere un ossimoro se si riuscisse a riflettere sul valore profondo della seconda e su quello effimero della prima.

Ma se questi esami vengono osservati con il regard éloigné suggerito dall’antropologia culturale, devono essere motivo di maggiore attenzione e, purtroppo, di allarme.

Riferiamo i fatti: dopo ne abbozzeremo un commento. La curva di applicazione allo studio rivelata dalle prove è monotòna verso il basso. Si studia sempre di meno e si evitano le materie "difficili". I nostri diciottenni sono benissimo versati nell’arte della retorica e sanno chiacchierare con adeguata scioltezza su tutto lo scibile (come nei talk show), ma a condizione di mantenersi sulle generali.

Se chiedi un riscontro bibliografico, se imposti una discussione sulle coordinate cronologiche, le cortine fumogene della retorica decadono lasciando scorgere aridi panorami di desolanti incertezze: "Polibio è il più grande degli storici ellenistici... -Bene, bravo, ma chi sono gli altri? -Boh!"; "Il fascismo fu la grande macchia del Novecento... - Ma lei sa quando iniziò? - Credo nel 1929, quando ci fu la crisi della Borsa... - Sa che cosa fu la Marcia su Roma? - Non saprei...". Gli ignoranti ci sono sempre stati, ma quelli che hanno risposto così non appartengono alla categoria.

Sono ragazzi ben valutati dai docenti di classe, con un curriculum ragguardevole e generalmente premiati in sede di esami. Il motivo di preoccupazione è proprio questo. Perché passando dalle discipline della discussione a quelle della cognizione il vuoto contenutistico si fa quasi assoluto. "Che cosa è questa parola? Credo un verbo"; "Come si risolve questa equazione? -Non lo so".

Il lettore non corra prematuramente alle conclusioni. I nostri ragazzi non sono certamente più stupidi di quelli di mezzo secolo fa, né più ignoranti di quelli che si preparavano ai tempi dell’esame gentiliano. Gli alunni di tutti i tempi sono il riflesso dei maestri. Da un buon maestro esce un alunno serio e operoso, da una scuola sfilacciata e parolaia escono diplomati dall’apparenza onnisciente e dalla sostanza inconsistente, come dimostrato dalla falcidia nelle prove di ammissione alle università che non distribuiscano lauree a go go ai personaggi dello spettacolo. Ci siamo abituati (e abbiamo abituato i ragazzi) a considerare più importante un "evento" (scolastico o mediatico fa poca differenza) piuttosto che l’ordinaria amministrazione.

Abbiamo insegnato a giovanotti e signorine che l’idea brillante è già tutto (come pensava D’Annunzio) pur se non sostenuta da solidità di impegno e continuità di applicazione. Fioriscono le discipline della comunicazione (il cui sublime esempio è Mike Bongiorno) e si assottigliano gli studiosi di scienze esatte o sperimentali (sempre più suppliti da Persiani e Indiani che sono abituati in patria al duro lavoro anche intellettuale).

Ma fortunatamente la partita non è ancora persa. Se i Maestri si convincessero che la conoscenza non è un marchio di infamia e che gli sproloqui senza sostanza si addicono alle show-girl e non agli scholastici: se fossero incoraggiati a mirare alla cultura smettendola con gli "eventi", in breve tempo avremmo una inversione di tendenza e i nostri studenti, nel giro di qualche anno, saprebbero recuperare quelle posizioni che hanno perse -come rivelato dalle statistiche- nel panorama internazionale.

SERGIO SCIACCA (da www.lasicilia.it)







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