LA «FUGA» DEI DOCENTI VERSO LA PENSIONE
Data: Venerdì, 13 luglio 2007 ore 20:30:26 CEST
Argomento: Rassegna stampa


E’ un esodo mai registrato a memoria d’uomo, quello dei 55 mila lavoratori della scuola che dal primo settembre di quest’anno, buon per loro, non metteranno più piede in classe.

Le incertezze provocate sia dalla legge Maroni, con la conseguente revisione dei coefficienti nel 2008, e sia dal nuovo titolare del dicastero (che ancora nicchia nonostante gli impegni presi) non hanno permesso altra alternativa se non quella di scappare e dire basta. Un basta ancora più convinto perché il 71% dei pensionamenti è causato da dimissioni volontarie dovute al raggiungimento del minimo previsto dalla legge Dini: 57 anni di età e 35 di servizio.

Questo dato dovrebbe far riflettere chi accusa i docenti di fannullonismo, paraculismo, strafottenza perché se fossero vere queste insinuazioni nessuno si sognerebbe di abbandonare un lavoro così altamente riposante oltre che remunerativo. E invece i professori abbandonano la scuola non appena si apre uno spiraglio a dimostrazione che la docenza logora e crea ansie da efficienza e da prestazione. Per questo si sarebbe atteso un intervento pubblico del Ministro Fioroni, non come ringraziamento per gli anni spesi a educare, ma per capire i motivi e le origini di tanto massiccio cedimento lavorativo.

E invece lui disserta sul suo atto di indirizzo per stabilire le priorità politiche e strategiche in ordine alla programmazione finanziaria dove spicca l’innalzamento a 16 anni dell’obbligo di istruzione e la costituzione dei poli tecnico- professionali dove dovrebbero confluire le scuole professionali e tecnici a livello provinciale. Ma si addentra pure nei meandri del bullismo strangolabile, lui dice, attraverso un “Piano nazionale per il benessere dello studente” dove si piazzano paletti come la cultura della legalità, il contrasto delle mafie, la cittadinanza attiva; il tutto educando alla convivenza e alla scienza, assicurando l’orientamento e la lotta all’evasione, rifondando un nuovo umanesimo insieme alla incentivazione dell’autonomia scolastica per incrementare più offerta formativa e più spazio di gestione alle famiglie e al territorio. Non dimentica nemmeno i precari, bontà sua, ma si scorda clamorosamente di aggiungere che per fare tutto questo occorre il busillis che sarebbero i fondi, i volgarissimi soldi per pagare e gratificare e incentivare il motore di tutta questa straordinaria operazione che sono i professori. E dimentica di fissare anche paletti ancora più importanti che sono le garanzie legali e morali per preservarli da incidenti di cui continuano a essere vittima questi educatori che al momento opportuno chiedono il pensionamento.

Perché alla fine i pugni in testa se li è presi il collega impegnato negli esami di stato da parte di un padre stizzito per il voto troppo basso (come l’ha saputo se la commissione non aveva ancora terminato le operazioni di ratifica?) dato alla figlia; allo stesso modo la denuncia penale se l’è beccata la professoressa che ha voluto punire un atto di bullismo. A lei vorremmo chiedere: ne è valsa la pena? La scuola l’ha aiutata nelle spese legali? E se vale la pena essere rigorosi e corretti se lo chiedono ogni giorno migliaia di docenti quando si ritrovano le ruote della macchina forate, la vernice rigata, le scritte insultanti sui muri, le telefonate notturne. E se lo chiedono anche quando assistono a spettacoli indecenti di rissa all’interno del club della Casta dei politici o all’ostentazione delle loro prebende, delle raccomandazioni, delle arroganze di varia natura e foggia innaffiate dal potere. Ma già uscendo dalla scuola si avverte l’impari lotta per la legalità rappresentato già dal caos cittadino, dall’abusivismo, dall’assenza di regole e di certezza della punizione. E se un professore vuole fare rispettare il Piano per il benessere dello studente significa proprio, agli occhi del suo alunno, che costui non ha inteso nulla.

PASQUALE ALMIRANTE (da www.lasicilia.it)







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