Perché ai catanesi Wagner non piace?
Sarà perché la sua musica viene dalla brume nordiche. O forse perché loro amano la melodia strutturata che inizia, si sviluppa e conclude. Ma secondo me ai catanesi Wagner non piace. O meglio se lo sciroppano, è vero, con tolleranza e rassegnazione, come in qualche passata stagione lirica, quando le opere duravano quattro, cinque ore e si usciva dal teatro disfatti; e magari, se vengono eseguiti brani sparsi e melodie famose, li vedi anche un po’ contenti, nell’intervallo o all’uscita, ma con quel sorriso stentato, come di chi ha dovuto sottoporsi, non certo sua sponte, a un’improvvisa e indesiderata maratona all’interno della stagione sinfonica.
Insomma diciamocelo francamente: ai catanesi Wagner non piace. Forse perché fanno parte di un pubblico educato a una musica diversa, quella del buon melodramma all’italiana, del soave Bellini e della sua cristallina linea melodica. Forse perché stupisce ancora la novità della musica wagneriana e rompe l’orizzonte d’attesa di tutti i fedelissimi melomani. E il giudizio alla fine è quasi sempre unanime: musica “pesante”. E poi chi può dimenticare l’antica rivalità tra Verdi e Wagner? Anche quella da buoni italiani costituisce un ricordo fastidioso: il maestro indiscusso della nostra tradizione lirica minacciato da un innovatore germanico, prepotente e ambizioso, desideroso solo di creare un’arte totale…
Insomma tutto congiura perché ai catanesi il possente musicista tedesco, l’amore giovanile di Friedrich Nietzsche, non vada affatto a genio.
E alla fine del concerto li vedi infatti animati da una strana, ansiosa fretta. Tutti corrono a casa. A far cosa? Possiamo indovinarlo. A metter su, guarda caso, il cd della amata Norma, e non una Norma qualunque. Ma l’aria della Casta diva cantata nientemeno che da Maria Callas. Questa sì che è musica. Questa sì che è vera melodia.
Dimenticando forse che la celebre cantante greca divenne famosa in Italia come Brunnhilde nella Die Walkure di un certo Richard Wagner…
SILVANA LA PORTA