LA DOCENTE CHE CREDE ANCORA NELLA SUA UTILITA'
Data: Marted́, 26 giugno 2007 ore 00:05:00 CEST
Argomento: Rassegna stampa


LA DOCENTE CHE CREDE ANCORA NELLA SUA UTILITA'

Mettete che una sera, da insegnante insoddisfatta alle scuole medie, vi viene in mente di creare un blog per sfogarvi un po’ e calmare la frustrazione. Poi un bel giorno il vostro blog viene notato dalla Mondadori e vi propongono di fare, delle vostre belle disquisizioni sulla scuola, un libro. E’ nato così, in modo casuale e spontaneo, il racconto della professoressa fiorentina Antonella Landi (La profe, Diario di un’insegnante con gli anfibi, Mondadori, pp.120, €14), resoconto umoristico di un’insegnante del Duemila alle prese con i giovani studenti di oggi.
Qual è, dunque, il segreto per affrontare il difficilissimo mestiere di docente? Basta, ci dice la profe, una buona dose di inossidabile ironia, un perenne buonumore e un’energia travolgente. E soprattutto pensare che i ragazzi non sono così spenti come il mondo intero sembra oggi pensare, il segreto è solo interessarli. Così la profe, unica protagonista del libro, riesce in poche battute a farsi prendere assolutamente sul serio, parlando di tutto intero lo scibile, senza pregiudizievoli esclusioni, dal sesso all’enjambement, dalla verifica di grammatica alle mestruazioni, con la sua immancabile borsa della Pucca a tracolla e gli immancabili anfibi ai piedi.
Perchè lei non è una prof come le altre, non è una docente ‘zìttinicalmìniebbonìni’, è una che sceglie per l’ora di narrativa ‘Il trattamento Ridarelli’ di Roddy Doyle, un libro sulla merda! O per il compito in classe s’inventa una frase di Bono Vox ‘La musica è Dio e il rock non è che uno dei suoi profeti’.
Ogni mattina a scuola, sembra dirci la scrittrice, è come andare in scena: bisogna tenere alta l’attenzione del pubblico, motivare, interessare, coinvolgere, ma anche educare, disciplinare, correggere. E tutto ciò malgrado episodi curiosi e a tratti imbarazzanti come l’ollellé ollallà faccela vede’ faccela tocca’ con cui venne accolta alla prima supplenza.
La scuola comunque, è questo il messaggio che trapela ad ogni passo del divertente libro,  è fatta dai ragazzi e dagli insegnanti. I politici, i giornalisti, gli opinionisti che non hanno mai varcato la soglia di un’aula, che non si sono mai trovati davanti a venti ragazzi che ti studiano, ti analizzano e si aspettano da te nozioni, punti di riferimento, controllo ed esempi, dovrebbero tacere e non pontificare.
E la scuola è ancora bellissima quando entra un professore motivato ed entusiasta del lavoro che svolge; e grigia e vuota quando appare quello frustrato, disilluso e stanco, quello che dopo tre mesi di lezione ancora non ha ancora imparato i nomi degli alunni: insomma uno a cui non brillano più gli occhi parlando della sua materia
Il risultato finale è gradevole, a parte forse le poco educative (!) parolacce, e malgrado il trapelare di una forma spiccata di narcisismo, che sfocia nella voglia di essere come i ragazzi. Ma forse, oggi, per un insegnante credere un po’ nella propria utilità è davvero l’unico modo per non soccombere miseramente.

Silvana La Porta






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