A proposito del modello certificativo per la fine del 1° Ciclo
Data: Marted́, 19 giugno 2007 ore 20:13:26 CEST
Argomento: Comunicati


Sono in corso gli esami di Stato conclusivi del primo ciclo di istruzione. Vittorio Fabbricatore dell'Irre Lombardia analizza il problema della certificazione delle competenze. Ricorda al personale impegnato negli esami che i quadri di competenze riportati nel dossier allegato alla CM 28 del 15 marzo 2007, (Quadro Comune europeo per le lingue e competenze dell’OCSE-PISA) prevedono un’analisi della competenza che permette di descriverne i livelli non con aggettivi, ma con un’esplicitazione operativa chiara sia in positivo che in negativo (n.d.r. soltanto in questo modo si potrà aiutare l'allievo a conseguire il successo formativo nella scuola superiore) ...

 

 

 

A proposito del modello certificativo per la fine del 1° Ciclo

Res (non) sunt consequentia nominum

da www.pavonerisorse.to

Vittorio Fabricatore – Irre Lombardia

23 maggio 2007

 

Recentemente il Ministero della Pubblica Istruzione ha trasmesso alle scuole un modello

di certificazione di fine primo ciclo che lascia quanto meno perplessi.

Il dossier allegato alla CM 28 del 15 marzo 2007, che forniva alle scuole alcuni quadri

europei di competenze per orientare alla certificazione di fine ciclo, aveva lasciato ben

sperare, ma con questo modello si rischia di fare dei passi indietro preoccupanti.

Vari i problemi che si aprono. Provo ad elencarli in forma molto sintetica.

 

1. La parola competenza

E’ sufficiente aggiungere la parola competenze per poter dire che si sta certificando?

Pare che le scuole siano invitate a fare proprio questo.

Qual è la differenza tra un giudizio come “Italiano – sufficiente” e “competenza di

lingua italiana – livello iniziale”? Davvero non riesco comprenderla. Ne deduco solo che

il giudizio è stato nobilitato dal termine “competenza”.

Le incongruenze tra questo modello e i materiali presenti nel dossier allegato alla CM

28 non sono di poco conto.

Ne cito solo una, che mi sembra abbastanza consistente. I quadri di competenze

riportati (Quadro Comune europeo per le lingue e competenze dell’OCSE-PISA)

prevedono un’analisi della competenza che permette di descriverne i livelli non con

aggettivi, ma con un’esplicitazione operativa chiara.

Ad esempio, si dà per scontato che la competenza matematica non è certificabile nel

suo complesso, ma i suoi livelli sì. In altri termini, non ha molto significato dire

“competenza matematica – intermedia”, mentre ha più senso dire che nell’ambito della

competenza matematica un alunno

Sa utilizzare correttamente modelli espliciti per situazioni complesse. Sceglie e

integra varie forme di rappresentazione e il loro collegamento con aspetti di

situazioni reali.

(LIVELLO 4 della competenza matematica OCSE-PISA ) 1

I motivi per cui è meglio che un livello di competenza sia descritto sono principalmente

due: la trasparenza delle dichiarazioni per le famiglie e per gli stessi alunni e la

comunicabilità e riconoscibilità dei risultati di apprendimento anche per altri gradi di

scuola.

Pertanto, invitare le scuole all’uso di quel modello è come dire “fate finta di certificare e

continuate a fare le valutazioni disciplinari come le avete sempre fatte”.

Che cosa allora dovrebbero sperimentare?

 

2. Certificare e valutare

Si continua ad attribuire al termine certificazione un significato decisamente troppo

burocratico. Quasi che certificare le competenze equivalga a emettere una sentenza,

attestare un’identità. Fino ad attribuire alla certificazione il potere di far passare da un

livello scolastico ad un altro. Insomma, rilasciare una certificazione sarebbe come dare

 

1 Per un’analisi più dettagliata dei livelli di competenza del PISA si veda il sito sulla valutazione dell’Irre Lombardia

(http://old.irrelombardia.it/valutazione/), in particolare, la pagine dedicate al Progetto Framework PISA

(http://old.irrelombardia.it/valutazione/va_00_pisa_fw_00.php).

 

2 un diploma di merito. Dunque, una certificazione che si intreccia con la valutazione,

fino a confondersi con essa.

Su questo argomento sembra che il modello allegato alla CM 28 faccia ancora molta

confusione.

 

Ma vediamo nella pratica che cosa sono invitate a scrivere le scuole?

 

Nella prima parte, devono riportare un giudizio complessivo espresso con un

aggettivo, che è il frutto degli accertamenti svolti nel corso delle attività, ma anche di

considerazioni dei docenti e ponderazioni (assolutamente doverose) che poco però

hanno a che fare con la certificazione. In altri termini, riporteranno nel modello una

valutazione che, se positiva, dà accesso a livelli scolastici successivi.

Tutto questo è perfettamente in linea con il principio che non si può ottenere un

diploma di licenza media con un giudizio complessivo di “insufficiente”.

 

Nella seconda parte, quella certificativa, il fatto stesso che le certificazioni

sarebbero da esprimere con non meglio identificati “indicatori di disciplina” o con una

qualche quantificazione (iniziale, intermedio, finale) rischia di riprodurre gli stessi

criteri usati per la valutazione finale, ma questa volta a livello disciplinare. Sembra

inevitabile che le scuole, a fronte di una valutazione finale di sufficiente, tenderanno ad

attribuire livelli di accettabilità anche alle voci dette certificative, per evitare

contraddizioni tra i livelli disciplinari e quello finale.

 

Il modulo suggerisce implicitamente che sono certificabili solo i livelli positivi

e che se ci fosse qualche livello negativo non sarebbe possibile rilasciare il

titolo di studio. Al contrario, come tutti sappiamo, è naturale ed opportuno

promuovere anche quando sono presenti delle insufficienze, a condizione che

esse vengano dichiarate.

 

Alla luce di queste elementari considerazioni, siamo proprio certi che un modello

siffatto aiuti le scuole a chiarirsi le idee sulle differenze tra certificazione e valutazione

e favorisca la sperimentazione?

Sarebbe utile, invece, che le scuole facessero uso della propria autonomia (che pure

hanno da circa un decennio) per sperimentare anche altri strumenti per certificare.

 

3. Sperimentazione

Invitare le scuole a sperimentare la certificazione è buona cosa, a condizione che però

si aiuti a individuare alcuni sentieri possibili.

 

Provo qui a fornire qualche spunto.

 

• Un primo ambito di sperimentazione potrebbe essere quello degli strumenti per

certificare, ricercando soprattutto l’efficacia comunicativa e l’essenzialità delle

informazioni.

La semplicità di uno strumento è sempre il punto di arrivo di tentativi a volte anche

complessi e farraginosi. Pertanto, si dovrebbe evitare di imitare modelli che vengono

messi in circolazione. In quei modelli ci si affanna a descrivere con troppe parole i livelli

di competenza e si finisce per confondere le idee. Speriamo in bene.

 

• Un secondo ambito è quello dei contenuti. Che cosa certificare? A quale livello di

dettaglio scendere? Spesso ci si attarda in raffinate esplicitazioni di dettagli, che

rappresentano un encomiabile sforzo di analisi, ma anche tutta la difficoltà di scegliere.

Ad esempio, rimanendo nell’esempio della competenza matematica del PISA, bisogna

scegliere quale livello di dettaglio si comunica in una certificazione:

- la definizione generale di competenza matematica,

la definizione generale di competenza matematica,

- l’analisi in livelli della competenza generale,

l’analisi in livelli della competenza generale,

3

- l’analisi dei livelli della competenza nelle quattro idee-chiave riferibili a quattro

aree dell’insegnamento della matematica (quantità, spazio e forma, cambiamenti

e relazioni, incertezza);

- i livelli di competenza con riferimento ai comportamenti osservabili degli alunni.

i livelli di competenza con riferimento ai comportamenti osservabili degli alunni.

Un livello efficace per la certificazione potrebbe essere quello dei livelli della

competenza generale, mentre i livelli di analisi più dettagliata possono costituire un

valido strumento per la progettazione e per la verifica.

 

• Un terzo ambito potrebbe essere la descrizione dei livelli di competenza. Ad

esempio, se si dovesse decidere di certificare una competenza in ambito artistico non si

potrebbe fare riferimento né a PISA (che si occupa solo di lettura) né al Quadro

europeo delle lingue. Si dovrebbe invece dichiarare una competenza e provare ad

analizzarne i livelli in coerenza con i curricoli sviluppati.

 

i livelli di competenza con riferimento ai comportamenti osservabili degli alunni.

 

4. Il problema delle competenze-chiave

Tutta la buona volontà delle scuole, però, non può sopperire alla mancanza di un

quadro di competenze-chiave cui tutte le scuole del territorio nazionale dovrebbero

tendere.

Per il momento ci si potrebbe accontentare di un ragionevole adattamento delle

competenze-chiave già prese in considerazione nel dossier allegato alla CM 28.

La definizione di quadri di competenze-chiave per la fine del 1° Ciclo implica anche una

scelta di campo non di poco conto: è opportuno certificare solo alcune competenze chiave

(ad esempio matematica e lettura) oppure la certificazione deve interessare tutti

gli ambiti disciplinari e interdisciplinari? Gli effetti di tale scelta hanno una ricaduta non

solo, naturalmente, sul tipo di strumenti certificativi utilizzati, ma anche sulla

progettazione da mettere in campo e sugli accertamenti da predisporre.

Restano perciò i rischi che ci accompagnano ormai da anni:

- inseguire solo la moda delle parole e non la sostanza rassicura, ma non fa fare un

passo avanti;

- invitare a certificare, documentare, esplicitare tutto il possibile equivale a

nascondere i risultati di apprendimento sotto una coltre di parole e di informazioni

che può costituire un vero e proprio ostacolo alla diritto alla trasparenza.







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