Sono in corso gli esami di Stato conclusivi del primo ciclo di istruzione. Vittorio Fabbricatore dell'Irre Lombardia analizza il problema della certificazione delle competenze. Ricorda al personale impegnato negli esami che i quadri di competenze riportati nel dossier allegato alla CM 28 del 15 marzo 2007, (Quadro Comune europeo per le lingue e competenze dell’OCSE-PISA) prevedono un’analisi della competenza che permette di descriverne i livelli non con aggettivi, ma con un’esplicitazione operativa chiara sia in positivo che in negativo (n.d.r. soltanto in questo modo si potrà aiutare l'allievo a conseguire il successo formativo nella scuola superiore) ...
A proposito del modello certificativo per la fine del 1° Ciclo
Res (non) sunt consequentia nominum
da www.pavonerisorse.to
Vittorio Fabricatore – Irre Lombardia
23 maggio 2007
Recentemente il Ministero della Pubblica Istruzione ha trasmesso alle scuole un modello
di certificazione di fine primo ciclo che lascia quanto meno perplessi.
Il dossier allegato alla CM 28 del 15 marzo 2007, che forniva alle scuole alcuni quadri
europei di competenze per orientare alla certificazione di fine ciclo, aveva lasciato ben
sperare, ma con questo modello si rischia di fare dei passi indietro preoccupanti.
Vari i problemi che si aprono. Provo ad elencarli in forma molto sintetica.
1. La parola competenza
E’ sufficiente aggiungere la parola competenze per poter dire che si sta certificando?
Pare che le scuole siano invitate a fare proprio questo.
Qual è la differenza tra un giudizio come “Italiano – sufficiente” e “competenza di
lingua italiana – livello iniziale”? Davvero non riesco comprenderla. Ne deduco solo che
il giudizio è stato nobilitato dal termine “competenza”.
Le incongruenze tra questo modello e i materiali presenti nel dossier allegato alla CM
28 non sono di poco conto.
Ne cito solo una, che mi sembra abbastanza consistente. I quadri di competenze
riportati (Quadro Comune europeo per le lingue e competenze dell’OCSE-PISA)
prevedono un’analisi della competenza che permette di descriverne i livelli non con
aggettivi, ma con un’esplicitazione operativa chiara.
Ad esempio, si dà per scontato che la competenza matematica non è certificabile nel
suo complesso, ma i suoi livelli sì. In altri termini, non ha molto significato dire
“competenza matematica – intermedia”, mentre ha più senso dire che nell’ambito della
competenza matematica un alunno
Sa utilizzare correttamente modelli espliciti per situazioni complesse. Sceglie e
integra varie forme di rappresentazione e il loro collegamento con aspetti di
situazioni reali.
(LIVELLO 4 della competenza matematica OCSE-PISA ) 1
I motivi per cui è meglio che un livello di competenza sia descritto sono principalmente
due: la trasparenza delle dichiarazioni per le famiglie e per gli stessi alunni e la
comunicabilità e riconoscibilità dei risultati di apprendimento anche per altri gradi di
scuola.
Pertanto, invitare le scuole all’uso di quel modello è come dire “fate finta di certificare e
continuate a fare le valutazioni disciplinari come le avete sempre fatte”.
Che cosa allora dovrebbero sperimentare?
2. Certificare e valutare
Si continua ad attribuire al termine certificazione un significato decisamente troppo
burocratico. Quasi che certificare le competenze equivalga a emettere una sentenza,
attestare un’identità. Fino ad attribuire alla certificazione il potere di far passare da un
livello scolastico ad un altro. Insomma, rilasciare una certificazione sarebbe come dare
1 Per un’analisi più dettagliata dei livelli di competenza del PISA si veda il sito sulla valutazione dell’Irre Lombardia
(http://old.irrelombardia.it/valutazione/), in particolare, la pagine dedicate al Progetto Framework PISA
(http://old.irrelombardia.it/valutazione/va_00_pisa_fw_00.php).
2 un diploma di merito. Dunque, una certificazione che si intreccia con la valutazione,
fino a confondersi con essa.
Su questo argomento sembra che il modello allegato alla CM 28 faccia ancora molta
confusione.
Ma vediamo nella pratica che cosa sono invitate a scrivere le scuole?
• Nella prima parte, devono riportare un giudizio complessivo espresso con un
aggettivo, che è il frutto degli accertamenti svolti nel corso delle attività, ma anche di
considerazioni dei docenti e ponderazioni (assolutamente doverose) che poco però
hanno a che fare con la certificazione. In altri termini, riporteranno nel modello una
valutazione che, se positiva, dà accesso a livelli scolastici successivi.
Tutto questo è perfettamente in linea con il principio che non si può ottenere un
diploma di licenza media con un giudizio complessivo di “insufficiente”.
• Nella seconda parte, quella certificativa, il fatto stesso che le certificazioni
sarebbero da esprimere con non meglio identificati “indicatori di disciplina” o con una
qualche quantificazione (iniziale, intermedio, finale) rischia di riprodurre gli stessi
criteri usati per la valutazione finale, ma questa volta a livello disciplinare. Sembra
inevitabile che le scuole, a fronte di una valutazione finale di sufficiente, tenderanno ad
attribuire livelli di accettabilità anche alle voci dette certificative, per evitare
contraddizioni tra i livelli disciplinari e quello finale.
Il modulo suggerisce implicitamente che sono certificabili solo i livelli positivi
e che se ci fosse qualche livello negativo non sarebbe possibile rilasciare il
titolo di studio. Al contrario, come tutti sappiamo, è naturale ed opportuno
promuovere anche quando sono presenti delle insufficienze, a condizione che
esse vengano dichiarate.
Alla luce di queste elementari considerazioni, siamo proprio certi che un modello
siffatto aiuti le scuole a chiarirsi le idee sulle differenze tra certificazione e valutazione
e favorisca la sperimentazione?
Sarebbe utile, invece, che le scuole facessero uso della propria autonomia (che pure
hanno da circa un decennio) per sperimentare anche altri strumenti per certificare.
3. Sperimentazione
Invitare le scuole a sperimentare la certificazione è buona cosa, a condizione che però
si aiuti a individuare alcuni sentieri possibili.
Provo qui a fornire qualche spunto.
• Un primo ambito di sperimentazione potrebbe essere quello degli strumenti per
certificare, ricercando soprattutto l’efficacia comunicativa e l’essenzialità delle
informazioni.
La semplicità di uno strumento è sempre il punto di arrivo di tentativi a volte anche
complessi e farraginosi. Pertanto, si dovrebbe evitare di imitare modelli che vengono
messi in circolazione. In quei modelli ci si affanna a descrivere con troppe parole i livelli
di competenza e si finisce per confondere le idee. Speriamo in bene.
• Un secondo ambito è quello dei contenuti. Che cosa certificare? A quale livello di
dettaglio scendere? Spesso ci si attarda in raffinate esplicitazioni di dettagli, che
rappresentano un encomiabile sforzo di analisi, ma anche tutta la difficoltà di scegliere.
Ad esempio, rimanendo nell’esempio della competenza matematica del PISA, bisogna
scegliere quale livello di dettaglio si comunica in una certificazione:
- la definizione generale di competenza matematica,
la definizione generale di competenza matematica,
- l’analisi in livelli della competenza generale,
l’analisi in livelli della competenza generale,
3
- l’analisi dei livelli della competenza nelle quattro idee-chiave riferibili a quattro
aree dell’insegnamento della matematica (quantità, spazio e forma, cambiamenti
e relazioni, incertezza);
- i livelli di competenza con riferimento ai comportamenti osservabili degli alunni.
i livelli di competenza con riferimento ai comportamenti osservabili degli alunni.
Un livello efficace per la certificazione potrebbe essere quello dei livelli della
competenza generale, mentre i livelli di analisi più dettagliata possono costituire un
valido strumento per la progettazione e per la verifica.
• Un terzo ambito potrebbe essere la descrizione dei livelli di competenza. Ad
esempio, se si dovesse decidere di certificare una competenza in ambito artistico non si
potrebbe fare riferimento né a PISA (che si occupa solo di lettura) né al Quadro
europeo delle lingue. Si dovrebbe invece dichiarare una competenza e provare ad
analizzarne i livelli in coerenza con i curricoli sviluppati.
i livelli di competenza con riferimento ai comportamenti osservabili degli alunni.
4. Il problema delle competenze-chiave
Tutta la buona volontà delle scuole, però, non può sopperire alla mancanza di un
quadro di competenze-chiave cui tutte le scuole del territorio nazionale dovrebbero
tendere.
Per il momento ci si potrebbe accontentare di un ragionevole adattamento delle
competenze-chiave già prese in considerazione nel dossier allegato alla CM 28.
La definizione di quadri di competenze-chiave per la fine del 1° Ciclo implica anche una
scelta di campo non di poco conto: è opportuno certificare solo alcune competenze chiave
(ad esempio matematica e lettura) oppure la certificazione deve interessare tutti
gli ambiti disciplinari e interdisciplinari? Gli effetti di tale scelta hanno una ricaduta non
solo, naturalmente, sul tipo di strumenti certificativi utilizzati, ma anche sulla
progettazione da mettere in campo e sugli accertamenti da predisporre.
Restano perciò i rischi che ci accompagnano ormai da anni:
- inseguire solo la moda delle parole e non la sostanza rassicura, ma non fa fare un
passo avanti;
- invitare a certificare, documentare, esplicitare tutto il possibile equivale a
nascondere i risultati di apprendimento sotto una coltre di parole e di informazioni
che può costituire un vero e proprio ostacolo alla diritto alla trasparenza.