Due rapporti: un’indagine condotta dal
centro studi Unioncamere con l’Istituto
Tagliacarne, pubblicata la scorsa settimana,
che stila una classifica delle province
italiane in base al reddito; e un’indagine
condotta da Tuttoscuola sulla
qualità del sistema di istruzione italiano.
In entrambi i casi si mette in luce il
profondo scollamento tra Nord e Sud
d’Italia. Con l’ultima in classifica delle
province (Crotone) che ha un reddito
pro-capite quasi della metà inferiore a
quello della prima della classe (Milano).
Con le scuole di Campania, Sicilia e Sardegna
fanalino di coda per quanto riguarda
la qualità dell’istruzione, sebbene
poi le province siciliane riescano a
strappare anche posti onorevoli in classifica
quando si tratta di "indicatori"
particolari (Enna è la prima in Italia per
quanto riguarda spese e investimenti
degli Enti Locali per l’Istruzione), anche
se nel complesso il quadro non è
confortante.
Ci può essere un rapporto tra la ricchezza
della provincia e la qualità dell’istruzione?
"Nel XXI secolo crolleranno
i Paesi che non investiranno sulla conoscenza
e sulla formazione continua". E il
successo e la crescita saranno di casa "in
quei Paesi che sapranno investire nei
propri cittadini. Perché il capitale umano
è sempre più importante: perché
non basta possedere petrolio e materie
prime per prosperare, perché le persone
e non le risorse o le macchina determinano
già, ma lo faranno sempre di
più, la nostra ricchezza. Questa è la mia
visione dell’umanità: le persone sono
importanti". Parola di Gary Becker, premio
Nobel per l’Economia nel 1982 l’economista
più citato al mondo.
Investire sul sistema scolastico significa
investire sia sul capitale umano (e
un sistema di istruzione migliore sicuramente
aiuta lo sviluppo, perché crea le
"menti" in grado di muovere l’economia),
sia su risorse e macchine. E non a
caso gli indicatori dell’indagine di Tuttoscuola
riguardano sia la qualità dell’istruzione,
sia la qualità delle dotazioni
didattiche e informatiche. Si insegna
meglio ad usare i computer se - ad
esempio - le amministrazioni locali investono
sull’acquisto di pc di nuova generazione.
E prime in graduatoria - secondo
l’indagine di Tuttoscuola - sono le
scuole della provincia di Forlì-Cesena,
perché sono quelle che ai migliori risultati
scolastici degli studenti e alla qualità
dei livelli di istruzione, coniugano una
corretta gestione del personale, adeguate
dotazioni didattiche e informatiche,
interventi e politiche finanziarie
virtuose degli enti locali e una buona
funzionalità dei servizi e degli edifici
scolastici. Poi, a scendere, le scuole migliori
sono quelle delle province di Parma,
Biella, Piacenza, Savona, Macerata.
Bene Milano, al settimo posto. Torino al
dodicesimo.
I dati non sempre si incrociano con
quelli della ricchezza. Milano è la più
ricca d’Italia, e si piazza al settimo posto
nella graduatoria delle scuole. Biella è al
secondo posto come reddito e al terzo
per le scuole. Forlì, prima tra le scuole,
sesta per ricchezza. Parma (ai primi posti
tra le scuole) non è tra le prime dieci
città più ricche, ma Bologna (che è
molto più giù in graduatoria) sì, ed addirittura
al terzo posto.
Tra l’altro, si trovano agli ultimi posti
le scuole della provincia di Lucca, che
non è tra le prime dieci province più ricche,
ma nemmeno tra le più povere.
Non sempre, insomma, la ricchezza
della provincia significa maggior investimento
sul sistema scolastico, e quindi
sul capitale umano, né sempre significa
maggior investimento nel campo
delle dotazioni. Un caso illuminante è
appunto quello della Sicilia. Tra le ultime
tre regioni per quanto riguarda il sistema
scolastico, c’è però qualcosa che
si sta muovendo: l’organizzazione scolastica
va male, mentre va meglio per le
condizioni del personale scolastico, dove
c’è una leadership di servizi.
Andiamo con ordine: nella classifica
di Tuttoscuola, Ragusa, Caltanissetta,
Palermo e Catania sono agli ultimi dieci
posti; Siracusa e Messina sono sotto la
media nazionale; si salvano, ma non di
molto, Enna e Trapani. Messina, in particolare,
ha il primato negativo di povertà
di risorse (dotazioni, beni patrimoniali,
finanziamenti agli enti locali).
Eppure Messina non è tra le ultime dieci
province italiane per ricchezza.
E la Sicilia è anche tra gli ultimi posti
per sistema di trasporti e organizzazioni
delle mense (Trapani, Palermo e Catania
sono agli ultimi posti).
Allo stesso tempo, però, la Sicilia si afferma
su tutti: le condizioni del personale
scolastico, dove c’è una sostanziale
stabilità e continuità del personale
docente, con precariato molto basso (la
regione ha il più basso tasso di precariato
tra i docenti della secondaria di I grado).
Se qualcosa si sta muovendo, si sta
muovendo proprio nell’investimento
per il capitale umano. Un investimento
portato avanti nonostante siano quattro
(Catania, Agrigento, Siracusa e Caltanissetta)
le province siciliane che si situano
agli ultimi dieci posti della classifica.
Insomma, la ricchezza della provincia
non è un parametro necessario perché
si investa - e bene - sul sistema di istruzione.
Il capitale umano, che decide come
investire i soldi, resta un motore da
non sottovalutare. E investire ancora
sulle persone (con meno precariato e
docenti di qualità, in grado di portare
avanti programmi continuativi) è una
scelta sicuramente vincente. Per la Sicilia,
i risultati si vedranno nei prossimi
anni. Ma, a vedere province di media
ricchezza come Macerata e Parma ai
primi posti della graduatoria scolastica,
probabilmente è una scelta vincente.
ANDREA GAGLIARDUCCI
(da www.lasicilia.it)