IL CAOS NEL DESTINO DELL'UOMO OCCIDENTALE
Data: Luned́, 28 maggio 2007 ore 10:27:24 CEST
Argomento: Rassegna stampa


 
 
IL CAOS NEL DESTINO DELL'UOMO OCCIDENTALE
 
 
 
Sarà pure un luogo comune, ma la domanda è d’obbligo: che fine ha fatto la critica militante? Dopo il tramonto della funzione degli intellettuali, il declino dell’umanesimo, il tonfo di prestigio degli studi letterari e, diciamolo francamente, anche l’atavica incapacità degli intellettuali italiani di sganciarsi dalla mera erudizione e fare i conti con la cultura odierna, ha senso ancora indagare in prospettiva etico-politica temi e problemi della letteratura europea?
A questo inquietante e cruciale interrogativo risponde decisamente Romano Luperini con la pubblicazione di un saggio corposo e gradevole ((L'incontro e il caso. Narrazioni moderne e destino dell'uomo occidentale, Laterza, 2007, pp. 350, € 35,00) che sarà presentato martedì 29 maggio presso l'Ateneo di Catania, nell’Aula magna di piazza Università, alla presenza dell'autore, con il coordinamento di Rosa Maria Monastra e interventi di Enza Licciardi e Attilio Scuderi.
Nell’interessante volume lo studioso ripercorre il tema dell’incontro attraverso cento anni di letteratura (1820-1920), da Manzoni a Stendhal, da Balzac a Verga fino a giungere a Svevo, Joyce, Proust; e l’incontro tra i personaggi non si configura naturalmente sempre uguale a sè stesso, ma diventa via via specchio di un complesso rapporto dello scrittore con la realtà, una realtà che si fa sempre più sfuggente e difficilmente catalogabile.
Così, se i protagonisti di Balzac e Manzoni vivono gli incontri come momenti decisivi dell’esistenza, desiderati, programmati o indotti che siano, in pochi decenni, Lukacs docet, il salto è netto: già nella seconda metà dell’Ottocento già  prevale un senso di caos e incontrollabile casualità e la fecondità narrativa dell’incontro si ‘svuota’. Dall’atto consapevole si passa gradatamente all’atto mancato o sostituito o impossibile, non più effetto di azioni consapevoli, ma solo inconsapevole prodotto di inconfessabili pulsioni. In lucide pagine di critica comparata, Romano Luperini analizza così l'incontro non solo come tema letterario, ma soprattutto come modalità dell'intreccio, in grado di dare conto del passaggio dal moderno al modernismo nel romanzo europeo. Laddove il narratore si sbanda, dominando a stento la materia narrativa, il personaggio si rifrange in una serie di figure prismatiche e a tratti incoerenti: e l’incontro si veste anch’esso di allegorie ed epifanie fino a diventare specchio di una drammatica impossibilità. Che è ormai impossibilità di costruire narrativamente, lasciando presagire lo spettro minaccioso di una terribile afasia.
Ecco come il Caso, il bizzarro e capriccioso signore del destino umano, nell’arco di un secolo di narrazione si è tramutato in puro Caos, specchio dell’inevitabile destino dell’uomo occidentale. Si passa così, per dirla con Luperini, “dall’esperienza dell’incontro all’incontro come fine dell’esperienza”: perchè l’incontro è anche e soprattutto una grande metafora del rapporto con l’altro, e inevitabilmente della relazione fra scrittore e società e fra l’uomo e il mondo; e l’intera storia letteraria, culturale, persino politica del Novecento, e non meno i tempi odierni, si spiegano in Occidente con quanto accadde, all’incirca, tra il 1848 e il primo conflitto mondiale.
La letteratura, la vita politica e sociale, il destino dell’uomo. E’ viva dunque la critica militante? Grazie a questo saggio possiamo dire assolutamente di sì. Proprio sì.

SILVANA LA PORTA









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