DALLA CRITICA TEMATICA ALL'INSEGNAMENTO TEMATICO DELLA LETTERATURA
Data: Giovedì, 24 maggio 2007 ore 00:05:00 CEST
Argomento: Comunicati


Dalla critica tematica all’insegnamento tematico della letteratura: appunti per un bilancio
 

Allegoria n° 44, maggio - agosto 2003

di Romano Luperini

1.

La critica tematica ha conosciuto più sfortuna che fortuna. Ha goduto di una cattiva reputazione un po’ dovunque ma soprattutto in Italia, dove pure si era diffusa agli inizi del Novecento grazie alla scuola storica che aveva lavorato a compilare repertori di temi e di fonti. Ma la natura positivistica dei suoi presupposti e la sua totale estraneità alla critica estetica le avevano attirato gli strali polemici di Croce e della sua scuola. L’idealismo vi vedeva infatti un errore di gretto contenutismo. Successivamente però anche il marxismo e lo strutturalismo si sono rivelati contrari a una critica tematica, il primo tendendo a un’analisi sociale che ponesse direttamente in rapporto i livelli sociali e storico-economici con i livelli direttamente ideologici delle opere, il secondo puntando a una descrizione della letterarietà colta soprattutto nella organizzazione dei significanti. A veder bene questa ostilità del marxismo e dello strutturalismo nei confronti della critica tematica non è del tutto giustificata: infatti, come vedremo, il tema permetterebbe un utile allargamento della nozione di ideologia, cara ai marxisti, a quella di “immaginario” (un immaginario, beninteso, storicizzato), mentre lo strutturalismo aveva pure assimilato anche la lezione dei formalisti russi e di Propp, il quale aveva per così dire “tradotto” il tema – quale si deduce dalla fabula delle fiabe – in una serie di “funzioni”, formalizzandolo in modo che potesse poi rientrare anche nelle griglie descrittive poi elaborate dalla narratologia strutturalista. E tuttavia tale ostilità ci fu e fu vittoriosa; e poiché essa proveniva dalle tre tendenze culturali dominanti sino agli inizi degli anni Settanta (idealismo, marxismo, strutturalismo) non c’è da meravigliarsi se l’insegnamento tematico della letteratura sia penetrato nella scuola italiana molto tardi (e cioè, dopo il tentativo isolato del Materiale e l’immaginario, solo nella seconda metà degli anni Novanta). Quella ostilità spiega anche perché, sino agli anni Settanta, gli esempi di critica tematica siano stati da noi alquanto scarsi, e riducibili ad alcuni spunti di Giacomo Debenedetti da cogliersi nell’intersezione fra critica tematica e critica psicoanalitica e soprattutto al capolavoro di Praz, La carne, la morte e il diavolo nella letteratura romantica.

Fuori d’Italia, elementi forti di critica tematica erano emersi in Russia già negli anni Venti e Trenta con Propp e soprattutto con Bachtin (che elabora il grande tema del carnevalesco, con i motivi ricorrenti del sesso, della crapula, del riso), in Germania con la ricerca sui topoi medievali di Ernst Robert Curtius, apparsa nell’immediato secondo dopoguerra, in Nordamerica con Anatomia della critica del canadese Northrop Frye, uscito nel 1957, particolarmente importante perché Frye è il primo che collega il tema agli archetipi junghiani. Nella cultura francese la critica tematica si è affermata negli anni Settanta con Starobinski, a cui si deve uno dei capolavori più recenti in questo campo, Portrait de l’artiste en saltimbanque, e con critici che sovrappongono critica tematica e critica psicoanalitica, come Bachelard e Mauron.

Nell’ultimo quindicennio si è verificato un vero e proprio “ritorno alla critica tematica” (che è anche il titolo significativo di libro curato negli Stati Uniti da Werner Sollors nel 1993),1 che ha dato i suoi risultati anche in Italia, per esempio in un libro di Francesco Orlando sugli oggetti desueti, in uno di Remo Ceserani sul treno e sull’immaginario ferroviario e in uno recentissimo di Mario Domenichelli sulla figura del cavaliere e del gentiluomo nella cultura europea.2 Anche negli studi di letteratura latina e greca e nella comparatistica moderna si assiste a una interessante intersecazione con gli studi antropologici, mentre l’attenzione tende a concentrarsi su figure-miti, su tipi che implicano cioè macrostrutture tematiche, come Edipo, Ulisse, Don Giovanni, Faust (e qui mi limiterò a ricordare solo il noto libro di Piero Boitani su Ulisse).3 Inoltre è in via di preparazione un grande Dizionario Tematico della Letteratura a cura di Fasano, Domenichelli e Ceserani.

Hanno indubbiamente influito su tale ritorno la fortuna attuale dell’antropologia culturale, l’influenza della nuova storiografia francese delle “Annales” incentrata su indagini sul costume, sulla mentalità e sull’immaginario (penso soprattutto a Le Goff), e infine la centralità assunta dall’ermeneutica e dal punto di vista del lettore. Ma su ciò dirò più oltre.

2.

In contrasto con tale fervore va però registrata una persistente difficoltà a definire il principio stesso su cui si incardina la critica tematica, una difficoltà, cioè, a definire la nozione di tema e persino a trovare un accordo sulla terminologia.

Il tema è definito di volta in volta in rapporto ora alla fabula e all’intreccio, ora al soggetto o argomento, ora a un’idea guida ispiratrice, e variamente sovrapposto ad altri termini come motivo, topos, simbolo, senza che siano state ben delimitate e definite le zone di autonomia e di interferenza dei rispettivi dominii. La confusione insomma resta grande, nonostante non siano mancati i tentativi di chiarificazione. Spicca fra tutti quello di Segre, cui mi capiterà di fare riferimento più volte.

Segre accenna giustamente a una «bivalenza» implicita nel concetto di tema oscillante fra “argomento” e “idea ispiratrice” e quindi fra una materia oggettiva e una maniera invece soggettiva di vivere e di orientare tale materia.4 A me sembra che tale bivalenza sia per così dire organica e dunque inevitabile. Ogni tema è nell’opera e insieme nell’esperienza e nella cultura del lettore. Giustamente Segre ribadisce: «Proprio della tematica è di non staccarsi mai nettamente dalla vita vissuta».5 E proprio per questo, aggiungerei, il tema non può essere confuso col topos come lo concepisce Curtius, che ha un’origine essenzialmente retorica o libresca. Semmai il topos, come vedremo più avanti, può identificarsi col motivo.

Il fatto che ogni tema sia soggetto o argomento non significa che qualunque soggetto o argomento sia un tema. L’impiego critico del termine “tema” implica infatti il momento della lettura e della ricezione, quando questo risulti filtrato dall’immaginario e su di esso concentrato. I grandi temi – l’amore, la morte, la malattia, il viaggio, il rapporto fra padri e figli o fra vecchi e giovani – si ancorano al terreno comune dell’immaginario, vero e proprio ponte di comunicazione fra opera e lettore. Se l’opera è come un grande serbatoio di miti e di simboli, dunque di temi, questi poi trovano corrispondenza nella realtà antropologica e nell’inconscio collettivo dei lettori. Nel rapporto fra testo e interprete, il medium che permette alla familiarità di sconfiggere l’estraneità non è solo il linguaggio, come pensava Gadamer, è anche l’immaginario. È da questo punto di vista che va accolta e sviluppata una osservazione di Cesare Segre, quando scrive: «Motivi e temi sono insomma il linguaggio (quasi parole, frasi, schemi sintattici) del nostro contatto conoscitivo col mondo dell’uomo».6 Il tema insomma è sempre stereotipo, ma proprio per questo è universalmente umano.

I temi tuttavia non sono solo concrezioni antropologiche, hanno anche un contenuto gnoseologico ed esprimono un momento di autocoscienza storica dell’umanità. L’immaginario letterario infatti è una forma di mediazione fra inconscio collettivo e cultura, fra archetipi e ideologia. Per esempio, anche se persiste il tema della donna-angelo, l’amore di Dante per Beatrice non è quello di Montale per Clizia, essendo quello allegoria della teologia, questo allegoria del valore laico della cultura e della poesia. Oppure: in Rosso Malpelo il tema archetipico della diversità e del rosso (che è anche un segnale di pericolo per l’inconscio collettivo) viene declinato all’interno di una dialettica storica che implica la nozione positivistica e darwiniana di lotta per la vita e di selezione naturale, per di più qui calata in una prospettiva storica (quella dello sfruttamento del lavoro minorile). Il tema insomma, se da un lato va rapportato all’antropologia, dall’altro va storicizzato; e se ora può prevalere il primo aspetto (come è, per esempio, per i paesaggi apocalittici e per il tema della terra desolata di cui parla Frye in Anatomia della critica) e ora invece il secondo (come è per il tema dell’artista-saltimbanco descritto da Starobinski, inseparabile dalla condizione storica dell’artista nella modernità), il critico avvertito dovrà probabilmente puntare su un’ipotesi storica che giustifichi l’emersione antropologica del tema. Se già Debenedetti aveva notato nella figura di ’Ntoni alla fine dei Malavoglia il riaffiorare dell’archetipo del Senza Terra e del Senza Patria, condannato ad andare esule per l’eternità,7 bisognerà pur chiedersi perché, per quali ragioni storiche, in tutta un’area della cultura moderna, da Baudelaire e Verga a Ungaretti, l’artista si autorappresenta come Escluso.

Quanto alla nozione di motivo, e alla differenza fra tema e motivo, il termine è spesso usato per esprimere il germe creativo o originario dell’opera. Direi però che in questo caso l’uso del termine resta alquanto generico, e per di più tende a sovrapporsi pericolosamente alla nozione di tema. Sarei propenso pertanto a restringere l’impiego del termine “motivo” a due sole accezioni: 1. il motivo è l’unità più piccola in cui si articola il tema, è cioè «un elemento di contenuto o di situazione» (Frenzel)8 che funziona come parte o cellula dell’organismo tematico contribuendo così a strutturarlo, o 2. è il motivo ricorrente di un’opera e talora un vero e proprio Leitmotiv.9 Nei Malavoglia, per riprendere l’esempio sopra fatto, il tema antropologico del contrasto vecchio-giovane e della corruzione e dell’esclusione di quest’ultimo si articola in una serie di motivi (il motivo dell’osteria, per esempio, che di per sé è un vero e proprio topos, presente già nella letteratura delle origini ma riproposto da Manzoni e soprattutto poi da Zola in una particolare accezione ripresa appunto da Verga) e in un motivo ricorrente particolare dotato di significativo valore simbolico, il motivo della soglia (’Ntoni è presentato assai frequentemente sulla soglia, dapprima della casa del nespolo, poi dell’osteria e infine del paese). Parlerei insomma, in questo caso, di motivo dell’osteria e di motivo della soglia e di tema dell’esilio e dell’espatrio. Il primo (il motivo) è una unità semantica più piccola e/o ricorrente, il secondo (il tema) è un organismo simbolico più grande all’interno del quale il motivo dell’osteria e quello della soglia si collocano e da cui traggono il proprio significato.

3.

Fatti questi brevi chiarimenti di natura teorica, tornerei sinteticamente sulla critica tematica per illustrarne vantaggi e rischi.

L’acquisizione più importante della critica tematica sta nella sua espansione sul terreno dell’immaginario e dell’antropologia e nel rilievo concesso a certi aspetti dell’operazione letteraria a lungo e per troppo tempo sottovalutati o ignorati, e cioè ai contenuti materiali che ne costituiscono il soggetto o l’argomento. La sottolineatura del tema permette poi un raggruppamento tipologico delle opere diverso – e dunque più vario e per certi versi anche più ricco – da quello tradizionale per movimenti letterari, consentendo fra l’altro una loro considerazione al di là dei confini nazionali in una ottica comparatistica (non per nulla gli studi tematici costituiscono il terreno privilegiato di ricerca da parte di questa disciplina). Inoltre costituisce anche un contributo prezioso allo studio dei generi letterari, dato che, in sintesi estrema, il genere può essere definito dall’accostamento di una certa struttura formale a un certo contenuto tematico. Infine la critica tematica rafforza e sviluppa la tendenza interdisciplinare comunque congenita alla critica letteraria.

I rischi della critica tematica sono essenzialmente quattro: 1. puntando non sul singolo testo, ma sulla serie dei testi in cui compare lo stesso tema, essa tende a sottrarsi all’analisi del momento creativo della singola opera e alla ricostruzione della sua genesi artistica e dunque psicologica, ideologica e specificamente letteraria; 2. tende a ignorare o sottovalutare la questione del giudizio estetico e del valore storico-letterario, finendo per considerare i testi più come documenti di un tema che come monumenti o esempi di valore artistico; 3. di conseguenza tende anche a trascurare gli aspetti formali o specificamente letterari delle opere considerate; 4. finisce spesso per assegnare poca importanza al momento storico-ideologico per privilegiare il piano astorico dell’inconscio collettivo e degli archetipi.

Di questi vantaggi e di questi rischi dobbiamo ricordarci al momento del passaggio dalla critica tematica all’insegnamento della letteratura per temi o per percorsi tematici.

4.

Da quanto precede emerge con chiarezza che l’insegnamento per temi o per percorsi tematici non può essere concepito riduttivamente solo come una scorciatoia necessaria per tagliare e selezionare un programma troppo vasto e vario. Indubbiamente un percorso tematico svolge anche questa funzione pratica; e tuttavia esso obbedisce a necessità d’ordine culturale e d’ordine didattico che sarebbe sbagliato sottovalutare. Perché questi valori culturali e didattici giovino davvero allo studio della letteratura, devono tuttavia realizzarsi alcune condizioni. Bisogna intanto che il tema non venga sminuzzato e ridotto a mera curiosità, ma venga invece sempre inserito all’interno della storia della mentalità e della cultura dei popoli. Tematizzare la letteratura non deve significare destoricizzarla. I manuali e le stesse storie della letteratura andranno perciò riformulati concedendo adeguato spazio alla storia della mentalità, del costume, della ideologia, del modo di concepire il tempo e lo spazio, dei temi letterari e artistici dei diversi periodi storici. In secondo luogo è utile e talora indispensabile che il tema scelto si riferisca agli aspetti più importanti e universali della condizione umana. Credo, cioè, che andrebbero evitati i temi al minuto, concernenti aspetti troppo particolari e poco significativi, e sarebbe meglio invece concentrarsi sulle grandi questioni tematiche che riguardano il destino umano. In terzo luogo credo che lo studio tematico della letteratura non possa mai sostituire del tutto lo studio delle personalità artistiche e dei movimenti letterari. Lo studio tematico della letteratura non può indurre a distruggere il canone e a privilegiare una scelta degli autori a scopo di mera documentazione del tema. Ne deriverebbe non solo una scelta casuale degli autori da trattare ma soprattutto la rinuncia a una visione complessiva dei classici e a uno studio delle loro personalità artistiche e della loro evoluzione in rapporto alle tendenze letterarie dell’epoca. Si finirebbe per dimenticare gli aspetti più specificamente letterari delle opere studiate.

Parlavo di una necessità d’ordine culturale: la conoscenza dell’immaginario e l’acquisizione dei grandi sistemi simbolici e degli elementi fondanti dell’antropologia culturale fanno ormai parte tanto della cultura moderna quanto del rinnovamento attuale degli studi letterari. La critica letteraria, in quanto arte dell’interpretazione, presuppone l’uso di una rete di concetti e di categorie interpretative, fra le quali non può mancare quella tematico-antropologica.

Ma esistono poi anche opportunità d’ordine didattico per quanto riguarda lo studio della letteratura. Qui, a scanso di equivoci, vorrei precisare bene il mio discorso. L’incontro con il singolo testo resta, io credo, la base iniziale ineliminabile di qualsiasi insegnamento letterario: l’esperienza viva della lettura del testo considerato nella sua singolarità è irrinunciabile. Da questo punto di vista il testo è un unicum, non appiattibile su altri testi, un unicum i cui caratteri non possono essere annebbiati né all’interno di un tema né all’interno di un genere. Dopo l’incontro con il singolo testo nasce però inevitabilmente l’esigenza di passare dal testo singolo alla serie: ciò può e deve avvenire attraverso la storia delle poetiche e dei movimenti, sempre necessaria, ma può avvenire anche attraverso i percorsi per genere e i percorsi tematici.

I percorsi tematici presentano vari vantaggi: a) attraversano secoli diversi, permettendo di articolare il rapporto passato-presente; b) pongono in rapporto letterature diverse, consentendo collegamenti agevoli fra letteratura italiana e letterature straniere e anche fra letterature moderne e letterature del mondo classico; infine c) implicano una dimensione necessariamente interdisciplinare. A questo proposito, è bene sottolineare che un percorso tematico può e spesso deve essere un percorso interdisciplinare, tanto sono stretti i legami del tema con le arti (pittura, musica, scultura ecc.), con la storia, con la filosofia, con la psicoanalisi, con i miti e le religioni di un popolo. Ciò abituerà gli studenti a cercare di superare le barriere disciplinari, ad abituarsi alla complessità e alla flessibilità che sono necessarie per passare dalla fase del capire i singoli problemi a quella del comprenderli collocandoli in una dimensione più vasta e più articolata. Inoltre tale pratica contribuirà a fornir loro categorie storiche e culturali entro cui inquadrare i singoli problemi. D’altronde credo che sia ormai irreversibile la tendenza verso uno studio meno tecnico-filologico e più culturale e dunque interdisciplinare della letteratura e delle altre discipline umanistiche.

Un altro aspetto didatticamente prezioso dello studio della letteratura per temi è il loro legame, a cui più volte ho fatto riferimento, con l’esperienza vissuta del lettore. È questa la ragione profonda dell’interesse che l’ermeneutica nutre per la tematica. Ponendo l’accento sul lettore e sulle sue reazioni, una didattica fondata sulla centralità della lettura e del momento ermeneutico rende lo studente protagonista dell’atto interpretativo. I temi garantiscono un aggancio efficace con il vissuto dei giovani, proprio quando essi cominciano a porsi le questioni fondamentali del senso della vita e della morte e del destino umano sulla terra. Il tema porta sempre con sé una massa di elementi simbolici e mitici, psicologici ed esistenziali che non possono non coinvolgere l’intera personalità giovanile. Attraverso il tema lo studente viene perciò sollecitato a collegare la propria esperienza a quella dell’umanità intera e a dare senso così non solo al singolo testo che in quel momento sta leggendo ma alla propria vita. E ciò fra l’altro può anche contribuire ad agevolare l’insegnante impegnato a vincere il crescente senso di estraneità che i giovani avvertono nei confronti del testo letterario e del suo linguaggio.

Infine un’ultima questione. L’insegnamento tematico della letteratura non solo non può ignorare un quadro complessivo di storia letteraria, ma neppure può ignorare che i testi proposti per l’analisi del tema sono anche testi letterari, dotati di specifiche qualità formali. La letteratura conosce il mondo da un lato passando attraverso una griglia di topoi, di motivi e di temi che sono nella antropologia e nella cultura di una determinata epoca, ma dall’altro formalizzando tale esperienza, riducendola a ritmo, a figura retorica, a citazione intertestuale, e comunque a espressione individuale, e sublimandola infine in splendore estetico.

La tematologia è importante e spesso fondamentale perché rinvia alla concreta materialità dei contenuti di conoscenza. Tale materialità è tanto più decisiva sul piano didattico perché è attraverso di essa che passa la memoria. Recentemente un grande studioso tedesco, Weinrich,10 ci ha ricordato che l’attuale predisposizione a privilegiare il rapporto lettore-opera e il punto di vista del lettore ha sinora trascurato di considerare le dinamiche della memoria e dell’oblio dopo la lettura di un testo. Che cosa ci resta di esso a libro chiuso e a mano a mano che trascorre il tempo dal momento della lettura? Ebbene, dice Weinrich, qualsiasi mnemotecnica passa attraverso una tematica: è attraverso la tematica, insomma, che «la memoria letteraria lotta contro l’oblio».11 In altri termini: l’ars memoriae si lega soprattutto agli aspetti materiali, materialistici o contenutistici del testo. Nella didattica della letteratura, più espandiamo dunque l’area dei riferimenti tematici, più favoriamo dunque la disponibilità della memoria ad accogliere nozioni e concetti del sapere letterario.

Detto questo, e ribadita l’importanza dell’approccio tematico, non si può tuttavia dimenticare che la letteratura conosce formalizzando e che dunque sarà utile considerare anche il modo specifico con cui il testo tratta il tema considerato. Farò un solo esempio, riprendendo quello dei Malavoglia sopra accennato. Ho detto del tema dell’esilio e dell’espatrio e del motivo della soglia. Alla fine ’Ntoni, condannato alla modernità, guarda il paese un’ultima volta, sulla soglia di un addio definitivo all’universo arcaico-rurale caratterizzato dal ritorno periodico delle costellazioni, dall’eterno borbottio del mare e dal ritmo di un tempo circolare o etnologico.

Questa situazione è comunicata attraverso una serie di elementi formali: l’iterazione del tempo ciclico è resa attraverso la ripetizione delle stesse parole e delle stesse espressioni (il verbo “cominciare” compare sette volte, l’espressione “cominciare la sua giornata” tre volte, il sintagma «gli usci chiusi» due volte ecc.) e la recursività delle rime e delle allitterazioni, ma anche attraverso l’uso dell’imperfetto durativo per descrivere il mare, le costellazioni e il paese, cui si contrappone invece l’aoristo, il tempo storico, il tempo dell’azione puntale e momentanea che descrive invece i movimenti e i pensieri di ’Ntoni. L’opposizione fra premoderno e moderno e l’esclusione del soggetto dal mondo rassicurante dell’eterno ritorno, la scoperta stessa che il significato della vita non sta davanti ma dietro, in un mondo delle origini ormai perduto per sempre, e la conseguente tragedia dell’esilio dalle radici, sono comunicate attraverso una serie di artifici formali. Se si prescinde da un’analisi formale e dunque specificamente letteraria, non si può insomma né apprezzare il modo con cui Verga tratta e approfondisce il tema né soprattutto capire la grandezza estetica della pagina finale dei Malavoglia. E l’insegnamento della letteratura non può mai prescindere anche da una indicazione di valori.

La critica tematica ci suggerisce giustamente che è stato sbagliato trascurare l’ordine materiale dei contenuti e ci induce, ancora giustamente, a prendere nuovamente in considerazione i temi per la loro rilevanza culturale e didattica e infine per l’impatto che essi hanno sul momento della ricezione e della memoria. Tutto ciò è molto sollecitante, ci arricchisce in modo decisivo e indubbiamente contribuisce a rinnovare lo studio e la didattica della letteratura. Ma questa, si sarà capito, non può essere una buona ragione per ridurre l’insegnamento della letteratura a illustrazione documentaria e sussidiaria di un tema.

1. Cfr. W. Sollors (a cura di), The Return of Thematic Criticism, Harvard U. Press, Cambridge (Mass.)-London 1993.
2. Cfr. F. Orlando, Gli oggetti desueti nelle immagini della letteratura. Rovine, reliquie, rarità, robaccia, luoghi inabitati e tesori nascosti, Einaudi, Torino 1993; R. Ceserani, Treni di carta. L’immaginario in ferrovia: l’irruzione del treno nella letteratura moderna, Marietti, Genova 1993; M. Domenichelli, Cavalieri e gentiluomini. Saggio sulla cultura aristocratica in Europa (1513-1915), Bulzoni, Roma 2002.
3. Cfr. P. Boitani, L’ombra di Ulisse. Figure di un mito, Il Mulino, Bologna 1992.
4. C. Segre, Tema/motivo, in Avviamento all’analisi del testo letterario, Einaudi, Torino 1985, p. 336.
5. Ivi, p. 355.
6. Ivi, p. 356.
7. Cfr. G. Debenedetti, Il romanzo del Novecento, Garzanti, Milano 1971, p. 701.
8. Cfr. E. Frenzel, Stoff-, Motiv- und Symbolforschung, Metzler, Stuttgart 1963, p. 26.
9. Cfr. C. Segre, Tema/motivo, cit., p. 340. Ma Segre ammette anche l’accezione di motivo come «elemento germinale» della creazione.
10. Cfr. H. Weinrich, Memoria letteraria e critica tematica, in U. M. Olivieri (a cura di), Le immagini della critica. Conversazioni di teoria letteraria, Bollati Boringhieri, Torino 2003, pp.73-82.
11. Ivi, p. 79.






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