Qual è il valore della scuola tecnica...
Data: Martedì, 22 maggio 2007 ore 21:45:44 CEST
Argomento: Rassegna stampa


Intervento del Presidente del Consiglio sul ruolo della scuola Tecnica:

"Vi ringrazio molto per l’invito ad essere qui oggi perché il tema che affrontate è d’importanza vitale per il nostro futuro. Sull’istruzione tecnica e professionale di qualità, che negli anni scorsi è stata considerata come un pezzo laterale e complementare, ci giochiamo davvero tutto. Voglio partire innanzitutto chiarendo qual è il valore della scuola tecnica: se reggiamo, come sistema paese, è grazie a questi istituti. La nostra industria meccanica, da sola, vale infatti 60 miliardi di euro. Una somma pari a quella del deficit energetico. Leggermente superiore al valore aggiunto di tutta l’industria farmaceutica dei 27 paesi dell’Ue. Nel secondo dopoguerra, la crescita e la diffusione sul territorio degli istituti tecnici ha contribuito in modo determinante allo sviluppo dei sistemi produttivi territoriali...

Questi istituti erano dotati allora di un’ampia autonomia didattica, organizzativa e gestionale, che consentiva loro di corrispondere tempestivamente alle vocazioni del territorio, di interpretare e sostenere le esigenze di innovazione delle imprese, stabilendo forti legami con le amministrazioni locali, il mondo del lavoro e delle professioni. I consigli di amministrazione degli istituti erano il motore delle iniziative e dei progetti attraverso i quali l’istruzione tecnica riusciva ad essere al passo con i tempi e, anche, ad avere un ruolo propulsivo rispetto al cambiamento
L’istruzione tecnica è stata per decenni la spina dorsale della crescita industriale ed economica del nostro Paese. Nel 1978 la legge 845 sulla formazione professionale diede il via alle Regioni per realizzare iniziative formative al di fuori dei percorsi e programmi statali: le Regioni cominciarono così ad attuare attività di formazione professionale, organizzate direttamente dai Centri di formazione professionale regionali, o da enti specifici sulla base di apposite convenzioni. Insomma Nonostante la mancanza di una tempestiva e organica riforma scolastica nel secondo dopoguerra per i motivi a tutti noti, gli istituti tecnici e professionali sono stati comunque in grado di cogliere le opportunità offerte dall’autonomia didattica e amministrativa, attraverso la sperimentazione di progetti innovativi. Un patrimonio che negli ultimi anni si è andato depauperando. A questo ha inteso porre rimedio, con carattere di urgenza, l’articolo 13 del secondo decreto sulle liberalizzazioni fissando un termine molto ravvicinato (luglio 2008) per la riorganizzazione e il rilancio degli istituti tecnici e professionali. In vista di questa scadenza occorre mobilitare Confindustria e le associazioni imprenditoriali perché sensibilizzino le proprie strutture provinciali. Il nostro obiettivo oggi, dev’essere anche quello di invertire la tendenza dei giovani e delle loro famiglie che si orientano sempre più verso i licei. Devono sapere che le scuole aprono spesso alla possibilità di carriere migliori. Il bisogno esiste: le “nuove“ medie imprese esprimono una elevata domanda di capitale umano qualificato e specializzato e manifestano una crescente propensione all’innovazione di prodotto, che è una strada obbligata. Le imprese lo sanno: se si vuole affrontare la competizione sui mercati internazionali: servono tecnici esperti e capaci! Quanto agli istituti tecnici e professionali richiedono una fortissima autonomia locale ma anche una forte politica nazionale.

Questo è l’intendimento del Governo che intende dare effettivo spazio alla centralità della scienza e della tecnologia nelle politiche nazionali e regionali. In questa sede voglio anche chiarire che i corsi diploma o post diploma di tipo tecnico e professionale non sono un rimedio per l’abbandono universitario. Dev’essere chiaro che sono corsi forti in sé stessi. Devono rappresentare un obiettivo ideale anche per i post liceali. Non è irrealistico immaginarlo a condizione che le famiglie siano informate davvero sulle opportunità che gli istituti professionali e tecnici offrono. In questi anni invece le famiglie sono state sensibilizzate solo sul valore dei licei come se fuori dal liceo non ci fosse nulla tanto da vivere quasi come un complesso d’inferiorità il fatto che il proprio figlio s’iscrivesse a un istituto tecnico. Io penso invece che noi dobbiamo arrivare a una situazione in cui ai corsi tecnici possono voler iscriversi anche i liceali e viceversa: dagli istituti tecnici si deve poter andare all’università. Io considero quest’obiettivo prioritario e voglio ribadire che questa priorità è determinata dalla necessità di un sistema economico che rischia di andare in malora senza una seria riforma come quella prevista dall’articolo 13 del decreto Bersani.che rilancia il ruolo degli istituti professionali. Oggi rischiamo che ci vengano a mancare quelli che sono stati i periti industriali del XX secolo sulla cui opera l’Italia ha costruito la sua industria meccanica






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