DA DOVE DERIVA L'ESPRESSIONE ''CERVELLO D'OCA O DI GALLINA''?
Data: Domenica, 20 maggio 2007 ore 09:57:58 CEST
Argomento: Rassegna stampa


Cervello d’oca, di gallina

«[Mastro Ambrogio] Ma dichiamo di quello invernicarsi il volto con tanto belletto? almeno fussero [le mogli] sì avedute, che lo distendessero egualmente su le guance; ché, ponendolo tutto in un luogo, simigliano mascare modanesi.
 [Marescalco] Pazzarelle, pettegole, cervelli di oche.
 [Mastro Ambrogio] La architettura che va in acconciarle, è maggiore che non è quella che in uno anno va ne lo arsenale di Vinegia»: con il consueto tono burlesco, qui venato di misoginia, l’Aretino anima uno scambio di battute fra due personaggi del Marescalco, commedia in prosa stampata a Venezia nel 1533.

 Non infrequentemente, nel parlare comune, si fa riferimento alle caratteristiche, positive o negative, attribuite a un animale, per qualificare diversi aspetti del comportamento o del carattere di una persona: così, per esempio, avere un occhio di lince è detto di chi ha una vista o un'intelligenza molto acuta, mentre chi si rivela maldestro, privo di tatto e di finezza viene tacciato di avere la grazia o la delicatezza di un elefante. A questo stesso ambito appartiene anche l'espressione, di registro familiare, avere un cervello d’oca o di gallina, largamente usata con riferimento a persona alla quale si attribuisca scarsa intelligenza o poco giudizio e basata sulla presunta relazione fra capacità intellettive e dimensioni del cervello, così come altri analoghi modi di dire, oggi poco usati, ma ampiamente diffusi in passato. Così, per esempio, annota il Tommaseo, nel suo Dizionario, alla voce cervello: «Cervel di formica, di passera, di fringuello, d'oca. L'ultimo dice stupidità e goffaggine, il terzo e secondo meschinità e leggerezza, il primo angustia e minuziosità».

 Tali espressioni, ed altre simili, continuano ad essere registrate con costanza anche nei lessici e nei vocabolari italiani del Novecento; due interessanti esempi sono offerti dal Vocabolario della lingua italiana, a cura di Giulio Bertoni, pubblicato dalla Reale Accademia d'Italia nel 1941 («Cervello di gatta, d'oca, di grillo, di passerotto, d'uccellino e simili, persona di pochissima intelligenza») e dal Vocabolario della lingua italiana di Giulio Cappuccini e Bruno Migliorini pubblicato nel 1945 («I cervelli di talune bestie si mangiano; altri servono a paragoni poco lusinghieri. E invece di dire che uno ha il cervello matto, storto, o sim., si dice pure che ha un cervello d'oca, di fringuello, di grillo o sim.»). Diversamente, per trovare una delle prime attestazioni lessicografiche di avere un cervello di gallina bisogna attendere la pubblicazione del Dizionario Enciclopedico dell'Istituto della Enciclopedia Italiana, 1955-1961 («avere un cervello d'oca, di gallina, d'uccellino, di passero, di fringuello, di grillo, di formica e sim., esser persona di poco giudizio o di scarsa intelligenza»).

 Può essere, infine, non inutile ricordare che espressioni similari sono diffuse anche nell'uso colloquiale di altre lingue e, in particolare, dell'inglese (to have the brain of a bird, to be a birdbrain) e del francese (avoir une cervelle d'oiseau, d'autruche, de moineau).

Luigi Romani






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