LA TERZA FASE OVVERO SE I RAGAZZI NON SANNO PIU' LEGGERE
Data: Marted́, 15 maggio 2007 ore 00:05:00 CEST
Argomento: Rassegna stampa


LA TERZA FASE OVVERO SE I RAGAZZI NON SANNO PIU' LEGGERE
 
 
“Dov’è la saggezza che abbiamo perso con la conoscenza? Dov’è la conoscenza che abbiamo perso con l’informazione?”. Con queste fatidiche, e per certi versi profetiche parole, Thomas Stearn Eliot annunciava i mutamenti cruciali che avrebbero riguardato le forme del sapere e della conoscenza umana nei cruciali anni della fine del ventesimo secolo. E per capire dove stiamo andando adesso, in un momento di cambiamenti epocali di cui forse non abbiamo ancora netta percezione, urge rileggere un piccolo saggio gioiello di saggezza e lungimiranza del linguista Raffaele Simone, emblematicamente intitolato La Terza Fase (Laterza).
Perché terza è la fase in cui ci troviamo e purtroppo poco indagata dagli studiosi. La conoscenza umana, il modo in cui si forma, si alimenta e si trasmette ha percorso tre stadi, i primi due lunghi, lunghissimi, l’ultimo brevissimo: la Prima fase ha coinciso con l’invenzione della scrittura, che permise di fissare con segni scritti ciò che prima era affidato alla labile memoria; la Seconda è iniziata venti secoli fa con l’invenzione della stampa, che di colpo fece del libro, fino ad allora costosissimo e non riproducibile, un bene popolare, a basso prezzo.
Poi, sostiene Simone, è successo qualcosa. Qualcosa di nuovo e terribile insieme. Quel sapere che per secoli era stato affidato alla scrittura e alla lettura, è entrato  nella Terza, recentissima fase che stiamo, drammaticamente o no, consapevolmente o no, vivendo. In essa ciò che sappiamo non proviene più esclusivamente dai testi scritti, come è stato per secoli, bensì da mille fonti diverse. Il computer o il telefono, partner prepotenti e autoritari, hanno modificato l’idea stessa di sapere e di cultura; l’informatica e la telematica hanno portato a guardare i testi per immagini, facendo perdere priorità alla fatica del leggerli.
Se i drivers del cambiamento sono soprattutto le giovani generazioni, ed è qui la vera intuizione del testo, ci troviamo dinanzi a un passaggio epocale da forme strutturate e precise di linguaggio a forme generiche e destrutturate.Ciò significa che possiamo in fondo spiegarci perché la lettura è in calo: se è in calo la lettura, sostiene Simone, è in calo l’intelligenza che le è specifica. Siamo davanti a una transizione profonda che deve essere recepita soprattutto dall’istituzione che maggiormente forma culturalmente i giovani: la scuola. L’intelligenza sequenziale lascia il posto a un’intelligenza simultanea, il visivo e il vedere sono diventati veramente, come sosteneva Popper, ladri di tempo. Ma non si tratta solo dell’homo videns preconizzato da Sartori. Qua il problema è un altro. I giovani parlano in modo elementare quanto a scansione testuale, banale quanto a lessico, generico nel modo di cogliere e descrivere la realtà: il loro è un linguaggio non proposizionale. E se la cultura occidentale si è basata per secoli su un linguaggio proposizionale, non resta che riflettere senza pregiudizi. Ci sono forme di sapere che stiamo perdendo, forme nuove che avanzano: un giorno capiremo se il saldo è in perdita o in attivo.

Silvana La Porta








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