Ci siamo quasi. Il 20 giugno si parte con
lo scritto di italiano agli gli esami di Stato
e il giorno dopo con la seconda prova
scritta, mentre la terza, quella formulata
dalla commissione, si svolgerà il 25.
Subito dopo gli orali. Come è noto da
quest’anno la commissione sarà formata
da tre membri interni al consiglio di
classe e tre docenti esterni compreso il
presidente e ai quali sarà abbinata un’altra
quinta. Finalmente, si è detto, dopo la
decisione del ministro Fioroni di abolire
le commissioni formate da soli componenti
interni, si recupera la serietà persa
per strada, mentre a professori e alunni
tocca ora mettere un po’ più di attenzione
sia nella stesura dei programmi svolti
e sia nella preparazione complessiva,
proprio perché il giudizio dei commissari
esterni riguarderà l’operato di entrambi
attraverso le carte dei loro colleghi e i
risultati raggiunti dagli studenti.
E se il plauso per questo recupero di
maggiore serietà è d’uopo, molti fischietti
si stanno preparando perché sembra
proprio che al ministero manchino i soldi
per onorare la riacquistata serietà e
pagare come dovuto i professori impegnati.
Starebbero pensando infatti, dalle
parti di Viale Trastevere, di ridurre le
propine per le trasferte e pure quelle
per i docenti interni in modo da fare
quadrare i conti: rubacchiare qualcosa
da dove è possibile per accontentare tutti
ma deludendo nello stesso tempo tutti,
dal momento che mai si era verificato
un fatto simile, decurtare piuttosto che
incrementare, di fronte alla opposta
avanzata dell’inflazione e degli aumenti
dei prezzi, in primo luogo di benzina e
trasporti. Da qui il timore, già sperimentato,
che molti insegnanti all’ultimo momento
non accettino la nomina e quindi
la reale necessità di appoggiarsi ai famosi
supplenti, quelli che si pagano in ritardo
ma su cui poggia parte del buon funzionamento
della scuola. Anche a loro
infatti è stato fatto obbligo di presentare
la domanda come commissari anche se
non avrebbero invece l’altro obbligo di
accettare dal momento che con la scadenza
del loro contratto di lavoro viene
a cessare qualsiasi rapporto con l’amministrazione.
E se anche loro dovessero
dare forfait, la previsione più accreditata
sarebbe allora quella del forzoso reclutamento,
tra le fila perfino dei non abilitati
presenti nelle graduatorie di Istituto
o di chi fa domanda presso gli uffici del Csa. Raffazzonare commissioni alla meglio
per svolgere un esame che si dovrebbe
invece basare, come da molte
parti da tempo si suggerisce e come è in
tutta Europa, sulle competenze raggiunte
per ogni disciplina dai ragazzi sulla
base di parametri riconosciuti e stabiliti
a monte, evitando così bocciature e soprattutto
il voto unico che non dice assolutamente
nulla sulle reali capacità del
candidato. Candidato del quale invece da
quest’anno si pretenderebbe da parte di
ciascun consiglio di classe un giudizio di
ammissione circostanziato che avrà la
sua piena attuazione fra due anni allorché
chi non avrà saldato tutti i debiti
formativi non sarà nemmeno ammesso
agli esami. Che potrebbe essere una buona
soluzione per evitare che impreparazioni
conclamate perfino nelle materie
di indirizzo passino poi in cavalleria come
è regolarmente successo con buona
pace di chi si straccia le vesti per il degrado
culturale della nostra scuola.
Il consiglio di classe ha però l’obbligo
di stendere un giudizio finale per gli
alunni con debiti e potrebbe perfino decidere
di non ammetterli qualora le insufficienze
siano così tante da allontanare
qualsiasi acquattato buonismo. Questo
riscoperto giudizio di ammissione
per i ragazzi in bilico è stato reintrodotto
per consentire alla commissione
esterna più serenità di valutazione e sapere
con con che tipo di candidato ha a
che fare in riferimento alla personalità e
soprattutto al curricolo scolastico. Il ministero
suggerisce che fatto trenta sarebbe
bene fare trentuno e allora giudizi di
ammissione per tutti: zucchero non guasta
bevanda ma guasta le ulteriori incombenze
per i docenti.
PASQUALE ALMIRANTE (da www.lasicilia.it)