ATTIVITA' SPORTIVA E RESPONSABILITA' DELL'ISTITUTO SCOLASTICO
Data: Venerd́, 04 maggio 2007 ore 00:05:00 CEST
Argomento: Normativa Utile


Attività sportiva e responsabilità
 dell'istituto scolastico.

di Avv. Febbo Giuseppe da  Filodiritto del 24/4//2007

 

La classica “partitina” durante l'ora di educazione fisica? In caso di infortunio subito da un allievo, al danno può aggiungersi la beffa

 Nell'ipotesi in cui l'allievo, nel corso di incontro di calcio in svolgimento durante l'ora di educazione fisica, subisca un infortunio discendente da una propria condotta, impropriamente tenuta, all'Istituto scolastico non è ascrivibile alcuna responsabilità risarcitoria.

 E' questo l'orientamento che la Corte di Cassazione, III Sez. Civile, ha espresso nella recente sentenza n. 1197 del 19/01/2007.

 La pronuncia in commento si inserisce nel novero di numerose altre intervenute in tema specifico, tutte accomunate dall'inevitabile richiamo alla disciplina fondamentale dettata dall'art. 2048, commi 2 e 3, c.c..

 La norma prevede, infatti, che “I precettori e coloro che insegnano un mestiere o un'arte, sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei loro allievi e apprendisti nel tempo in cui sono sotto la loro vigilanza. Le persone indicate ... sono liberate dalla responsabilità soltanto se provano di non aver potuto impedire il fatto”.

 Analizzando in breve il precetto normativo, emerge, preliminarmente, come sulla scuola incomba un preciso obbligo di vigilanza, che deve esprimersi in un'attività funzionalmente orientata e deputata al mantenimento della disciplina della popolazione scolastica e, di conseguenza, alla prevenzione di certuni atti e/o comportamenti da cui possano discendere eventuali danni in seno a detta comunità.

 L'obbligo de quo discende da un particolare rapporto giuridico, comunemente individuato come contratto sociale; trattasi di un vincolo negoziale che si instaura tra i soggetti esercenti la patria potestà nei riguardi degli allievi e l'amministrazione scolastica, nel momento in cui viene accolta la domanda di iscrizione presso un determinato istituto.

 Pertanto, proprio da quel momento, sull'ente pubblico incombe l'obbligo di adottare ogni più opportuna misura di vigilanza in ordine alla sicurezza e all'incolumità degli iscritti, per tutto il periodo in cui questi usufruiscono delle prestazioni scolastiche.

 In ipotesi contraria, al verificarsi di una danno di cui l'allievo rimanga vittima, la scuola potrà incorrere nella responsabilità civile, anche se, in relazione all'inquadramento giuridico di tale addebito, la giurisprudenza non ha ancora assunto un orientamento definitivo, oscillando tra la propensione a individuarvi, in un primo momento, i tratti tipici della responsabilità extracontrattuale, mentre, successivamente, di quella contrattuale.

 Inoltre, la richiamata norma civilistica individua due specifici ambiti entro cui la responsabilità in argomento può essere circoscritta: uno, quale limite esterno, per così dire, costituito dalla dimensione temporale dell'obbligo, l'altro, che potremmo indicare quale limite interno, dall'impossibilità di impedire l'evento dannoso.

 Possiamo assumere, in definitiva, che la scuola sarà ritenuta diretta responsabile dei danni subiti dall'allievo nel tempo in cui questi é sottoposto alla sua vigilanza.

 L'onere probatorio del danneggiato si esaurirà nella dimostrazione che l'evento ha avuto luogo nel tempo in cui questi è rimasto affidato alla scuola, atteso che tale circostanza è sufficiente a far presumere la colpa dell'istituto, per inosservanza dello specifico obbligo di cui sopra (c.d. culpa in vigilando).

 La scuola, d'altra parte, potrà dimostrare di aver esercitato attività di sorveglianza sugli allievi con diligenza idonea ad impedire il fatto, ovvero correlata e esercitata secondo termini e modalità proporzionali al grado di prevedibilità del fatto dannoso.

 Infatti, non bisogna dimenticare che, ai fini della sussistenza della responsabilità risarcitoria in capo all'ente scolastico, il fatto deve essere prevedibile, posto che, ciò che è imprevedibile, per definizione, non si può prevenire.

 L'accertamento della prevedibilità in questione non potrà che essere fondata sulla relativa ripetitività o ricorrenza statistica, della quale andrà tenuto conto non in astratto, ma in relazione al particolare ambiente “teatro” dell'evento dannoso; senza omettere, peraltro, una valutazione in senso prospettico, per cui, certi accadimenti, antecedentemente verificatisi in certe condizioni, possono pacificamente ripetersi, sempre riproducendosi quelle medesime condizioni.

 La recentissima sentenza della S.C. (Cass. Civ., sez. III, n. 1197/07), che ha escluso la responsabilità dell'insegnate e della scuola nei riguardi dell'allievo infortunatosi da se stesso, si rivela di un certo interesse proprio per aver posto l'attenzione sull'imprevedibilità dell'evento di danno.
 In particolare -ha sostenuto la S.C.-, l'infortunio (frattura dell'avambraccio) era stato conseguenza di un fatto accidentale, determinato da un errato controllo del pallone da parte del giovane, il quale inciampava su se stesso in un determinato frangente della partita di calcio, senza che vi fosse contatto con altri competitori.

 La difesa dell'allievo, invece, aveva sostenuto che il gioco del calcio esulava dai programmi scolastici e costituiva, inoltre, uno sport particolarmente pericoloso.

 La Suprema Corte, al contrario, a fronte delle suddette doglianze, rilevava, in primo luogo, che il calcio, come disciplina normalmente praticata nelle scuole di tutti i livelli, costituisce attività di agonismo non programmatico, finalizzato a dare esecuzione ad un determinato esercizio fisico (dovendosi escludere, pertanto, qualunque indagine volta a verificare se detta attività sportiva fosse contemplata o meno nei programmi ministeriali); in via ulteriore, la medesima S.C. osservava come, contrariamente a quanto invocato dal danneggiato, nel gioco del calcio, quale attività sportiva che privilegia l'aspetto ludico, non potesse essere rinvenuto alcun profilo o elemento di pericolosità.

 Alla luce di tali argomentazioni, dunque, veniva affermata sia la non responsabilità dell'insegnante che quella dell'amministrazione scolastica, atteso che non solo l'istituto aveva dimostrato di aver esercitato una congrua attività di vigilanza ma anche, e soprattutto, che l'incidente subito dall'allievo non poteva che essere ricondotto a una sua scarsa accortezza, certamente impossibile da prevedere, quindi, da prevenire, per repentinità e fatalità.

 Senza considerare, inoltre, - ha fatto notare la Corte di Cassazione - come, all'esito del componimento di un radicato e diffuso contrasto giurisprudenziale da parte della S.C. a Sezioni Unite nell'anno 2002, avuto specifico riguardo a fattispecie come quella in commento, dovesse essere comunque esclusa l'applicabilità dell'art. 2048 c.c. la cui disciplina è invocabile solo nel caso in cui il danno subito dall'allievo consegua a un contatto fisico intervenuto con altri nel corso dell'attività sportiva svolta in ambito scolastico.
 









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