Se nella moderna società occidentale
cresce sempre più l’esigenza
di un concreto e soddisfacente
inserimento sociale
delle persone cosiddette
"svantaggiate", questo inserimento
non può che essere
guidato da figure professionali
specializzate.
Fra di esse di estrema importanza
appare il ruolo del pedagogista.
Ad egli, infatti, spetta
il delicato compito di rendere
più fluida possibile la realizzazione
del processo di crescita
e l’accompagnamento della
persona disabile in seno alla
collettività. Vitale poi la sua
funzione di collegamento tra
la definizione diagnostica, l’identificazione
di una corretta
azione terapeutica e l’operato
dello psicologo.
Eppure egli rimane per i più
un professionista misconosciuto
e sottovalutato. Viene
infatti spesso celato come le
sue particolari competenze
siano fondamentali per fronteggiare
le difficoltà e le oggettive
responsabilità del recupero
del disabile, per il cui
successo gli vengono richieste
capacità umane oltre che
professionali. Se poi volgiamo
lo sguardo verso l’insondabile
universo dell’autismo, ci rendiamo
conto, intuitivamente,
del rilievo del lavoro svolto dai
pedagogisti che devono possedere
versatilità e molte altre
competenze per affrontare
una delle patologie più complesse
della mente umana.
Il terapeuta si trova infatti ad
affrontare un universo enigmatico
e contorto, un coacervo
di manifestazioni insolite
frequentemente associate ad
altri fenomeni patologici. Di
fronte a tutto ciò, egli deve avvalersi
di tutta la sfera emozionale,
culturale, professionale,
per scoprire una insenatura
dalla quale estrapolare
qualche elemento razionale su
cui poi "inventare" un modello
di sviluppo strutturato.
Senza il pedagogista non può
esistere una corretta gestione
della crescita di un individuo
affetto da autismo. Pregnante
quindi l’esigenza di rivalutare
sostanzialmente il suo ruolo
professionale che viene a colmare
un vuoto fra i diversi
momenti terapeutici. Il Decreto
dell’1 febbraio 2007 Regione
Sicilia fornisce le "Linee
guida di organizzazione della
rete assistenziale per persone
affette da disturbo artistico"
ove viene sottolineata l’esigenza
del pedagogista in tutto
l’iter che spazia dal momento
diagnostico a quello riabilitativo.
Ad esempio, rispetto ai
"Principi guida per la presa in
carico", il decreto recita: «I
servizi con funzione di diagnosi
e riabilitazione devono
fornire un supporto medico,
psicologico, pedagogico e sociale,
adeguati per fascia di età
(infanzia, adolescenza ed età
adulta) che preveda l’interazione
con la famiglia, la scuola
e, qualora possibile, il mondo
del lavoro». E ancora si pone
l’accento - nel paragrafo
5.4 "Servizi dedicati", che individua
sovente il pedagogista
fra i componenti delle
equipe terapeutiche - sull’importanza
inequivocabile del
suo ruolo, riportando per taluni
identificativi contesti che
deve essere «assicurata la presenza
almeno delle seguenti
figure professionali: neuropsichiatra
infantile, psicologo,
pedagogista, assistente sociale,
terapista della riabilitazione
psichiatrica e psicosociale,
figure di assistenza secondo
gli standard previsti ed eventuali
altre figure professionali».
Da ciò s’evince esplicitamente
il necessario, insostituibile lavoro
svolto dal pedagogista il
quale - nonostante rappresenti
un pilastro basilare in materia
di handicap - ancora soffre
di certe pregiudizievoli dinamiche
legate al passato, quando
la sua prestazione era sostanzialmente
delegata alle
esclusive componenti formative
culturali. La valenza del
pedagogista, invece, appare
attualmente indiscutibile, in
particolare nel percorso che
devono intraprendere bambini
disagiati per raggiungere
un pieno inserimento sociale.
ROSA ZUCCARELLO (da www.lasicilia.it)