SE A DIRE GAY AGLI ALUNNI SONO I PROF E I GENITORI
Data: Marted́, 17 aprile 2007 ore 00:05:00 CEST
Argomento: Opinioni


SE A DIRE GAY AGLI ALUNNI SONO I PROF E I GENITORI



La recente, drammatica storia di Matteo, il ragazzo torinese che si è suicidato in seguito alla persecuzione perpetrata ai suoi danni dai compagni, che lo insultavano e lo sbeffeggiavano, accusandolo di essere gay, impone delle doverose riflessioni. Questa storia sembra essere il frutto di profonda superficialità da tutte le parti. Dei ragazzi sicuramente, vittime della tendenza a prevaricare sui più deboli, oggi purtroppo più diffusa di un tempo. Ma gli adulti? Gli adulti dove stanno?
Gli insegnanti, ad esempio, rispetto a una situazione di vessazione simile,che fanno? Nel blog di un’insegnante veneta ho trovato forse una possibile risposta a questa domanda.
La collega scrive: “Alcuni oggettivamente, non si rendono conto del problema. Loro per primi ne fanno anzi in qualche modo parte. Ieri, per poco, io stessa mi sono trattenuta dal tirare in testa qualcosa ad una collega, brava signora borghese dalle incrollabili certezze, che in sala professori, tutta fiera, confessava di aver ripreso davanti alla classe un suo ragazzino di terza media che lei ritiene abbia “atteggiamenti effeminati”, perché a suo avviso ancheggia camminando e indossa una collanina. Era convinta di aver agito per il suo bene. È la stessa che, un paio di settimane addietro, saputo che sono momentaneamente single, mi ha detto: “Eh, ma una bella ragazza come te! Sposati, dai, e mi raccomando, fai figli italiani.” Ve la immaginate, dico io, lei in cattedra che parla di integrazione? Io sì, e mi vengono i brividi.”
Insomma per poter essere educatori…bisogna innanzitutto avere le idee giuste. Se no, che cosa si può mai trasmettere ai giovani?
E poi non parliamo dei genitori. Perchè anche quelli non scherzano, a volte, in quanto a superficialità.
Scrive ancora la professoressa veneta: “Chiami i genitori, e dici: “Signor Rossi, suo figlio ha dato del gay al compagno!” “Quello? Ma se lo sanno tutti che è frocio! Anzi, lo metta in una banco distante dal mio, quella checca!”. Che fai? Avvertire carabinieri e polizia si può solo in caso di reato.”
Che fare dunque? L’insegnante che capisce si sente solo. E spesso purtroppo se dice a qualcuno, tipo il preside o il coordinatore di classe: guarda che l’hanno preso di mira, guarda che si sente a disagio, il novanta per cento delle volte la risposta è: ma dai, ci siamo passati tutti, sono scherzi da ragazzini.
E quando è successo il dramma e dalle indagini è venuto fuori che è stato fatto tutto il possibile, si dirà che era un ragazzo fragile, che si sarebbe ucciso lo stesso. E amen. Perché questa società non è fatta per i fragili, e men che meno per chi può venire considerato “anormale”. In questa società bisogna essere tutti belli, ricchi e vuoti. E nessuno morirà per un insulto. Nessuno morirà, dicono tutti. Poi qualcuno muore invece.

SILVANA LA PORTA






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