ROMA. Sono sempre di più i ragazzi tra
gli 11 e i 15 anni che bevono abitualmente,
e il 20% dei giovani si ubriaca il sabato
sera. Questi alcuni dei dati diffusi da
Istat e Istituto Superiore di Sanità in occasione
dell’«Alcol Prevention Day
2007».
Dallo studio emerge la fine del “modello
mediterraneo”, in cui si beve ai
pasti, in favore di comportamenti disordinati.
Per contrastarli, il ministro della
Solidarietà Sociale Paolo Ferrero sta per
presentare un ddl che limita la pubblicità
degli alcolici.
I NUMERI. Secondo i dati Istat, quasi
un ragazzo su cinque (il 18,6%) tra gli 11
e i 15 anni consuma già abitualmente alcolici.
Il 19% dei giovani in generale si
ubriaca (cioè beve più di 6 bicchieri in
un’unica occasione)
nel fine settimana,
mentre il
28% beve da 3 a 5
bicchieri e il 36%
uno o due bicchieri.
Tra i minori di 17
anni la birra è l’alcolico
più diffuso
(19,1%), ma crescono
i superalcolici
(15,7%), con in testa
gli aperitivi.
Aperitivi che sono
di gran lunga la
bevanda più diffusa
tra i 18 e i 24 anni
(48,8%). Il fenomeno
del binge
drinking (cioè del
bere finalizzato all’ubriacarsi)
è più
diffuso nel nordest
(il 9,8% della popolazione
lo fa più
di 12 volte l’anno)
che al sud (il 7%).
«Il dato più
preoccupante riguarda
i giovanissimi
- commenta
Emanuele Scafato,
direttore dell’Osservatorio
nazionale
Alcol dell’Iss - anche perché sotto i 15
anni l’organismo non è in grado di metabolizzare
l’alcol, per cui i suoi effetti tossici
sull’organismo sono amplificati.
Inoltre si stanno diffondendo dei modi
di bere completamente diversi da quello
mediterraneo e molto pericolosi. È
necessaria una “contro-pubblicità” per
evitare che l’alcol venga associato ad
un’immagine positiva».
Per quanto riguarda la mortalità, secondo
l’Oms sono 25mila (17mila uomini
e 7mila donne) i decessi causati dall’alcol.
Circa il 10% di tutti i decessi del
nostro paese in un anno sono attribuibili
al bere. Cirrosi epatica e incidenti stradali
sono le due principali cause di morte.
IL MINISTRO. «C’è una sottovalutazione
dei problemi legati all’alcol - ha detto
commentando i dati il ministro della
Solidarietà Sociale Paolo Ferrero - è necessario
rompere il luogo comune che
lega il consumo e la capacità di costruire
relazioni. Per questo abbiamo pensato
a un disegno di legge che limiti la
pubblicità degli alcolici».
Obiettivo del disegno di legge, ha
spiegato Ferrero «è vietare la pubblicità
degli alcolici che fa riferimento al legame
tra uso di sostanze alcoliche e successo
della persona». È invece
consentito dare in tv informazioni
sull’esistenza di un
prodotto alcolico e sulle sue
caratteristiche. «L’idea - ha
aggiunto il ministro - è riportare
la pubblicità degli alcolici
al puro elemento informativo
».
I limiti alla pubblicità riguardano
le bevande con
contenuto di alcol superiore a
1,2 gradi, e il provvedimento
prevederà anche la presenza
di scritte sulle etichette che
informino sui rischi dell’abuso di alcol.
LA SITUAZIONE EUROPEA. Il quadro
italiano è meno allarmante rispetto a
quello degli altri Paesi europei, ma ci
sono alcuni fenomeni
preoccupanti
di cui tenere conto.
Secondo le statistiche Eurostat, il
nostro Paese è al
penultimo posto
per la diffusione
degli alcolici tra i
minori di 16 anni.
«Anche se l’alcol
fa parte della cultura
italiana, il modo
di bere tipico
del Mediterraneo
ha “protetto” in
qualche modo dai
fenomeni di abuso
- commenta Jurgen
Rems, coordinatore
dei progetti internazionali
sull’alcol
dell’Organizzazione
Mondiale
della Sanità - ci sono
però dei segnali
preoccupanti, dovuti
alle mode degli
altri paesi che si
stanno facendo
strada, specie tra i
più giovani».
REAZIONI. Commenti
positivi alla
proposta del ministro, anche se da più
parte - Codacons in testa - si chiede «l’innalzamento
da 16 a 18 anni dell’età minima
per la vendita di alcolici associata
a controlli serrati su tutto il territorio e
sanzioni severe contro i trasgressori. Per
tutelare i giovani dai rischi dell’alcol è indispensabile
poi un giro di vite contro le
cosiddette bevande “alcopop”, ossia bevande
con gradazione alcolica compresa
tra 5 e 6 gradi travestite da innocui
succhi di frutta, dirette a colpire proprio
i più giovani e a creare assuefazione
Un po’ allarmati, invece, i produttori
di vino. «Va bene proibire la pubblicità
per limitare gli eccessi di consumo di alcolici
tra i giovani, ma il vino va tenuto
fuori da questa campagna proibizionista,
che rischia di trasformarsi in un’azione
che danneggia le imprese e il territorio
», ha dichiarato l’associazione delle
Città del Vino che chiede, in una lettera,
un incontro urgente con il ministro della
Solidarietà Sociale, Paolo Ferrero, per
sollecitare una consultazione con i rappresentanti
pubblici e privati del settore
vitivinicolo, prima dell’annunciata
riforma sulle limitazioni pubblicitarie
degli alcolici.
ENRICA BATTIFOGLIA (da www.lasicilia.it)