«Essere precari? Vuol dire sopravvivere,
significa farsi coraggio, essere forti e continuare
a lottare senza mai farsi abbattere
dalle circostanze». Angela Chiavaro, 37
anni, insegna Storia al liceo scientifico
Ettore Majorana di Agrigento e lavora come
insegnante precaria da 6 anni. Una vita
piena di sacrifici trascorsa a inseguire
un sogno: l’immissione a ruolo.
E’ tenace e determinata e, nonostante
le delusioni che le hanno lasciato l’amaro
in bocca, Angela risponde alle nostre domande
con il sorriso sulle labbra, lieta di
dare corpo alla sua grande passione: l’insegnamento.
«Talvolta le speranze di un futuro migliore
sembrano così vicine... ma basta
un cambio di guardia al ministero per allontanarle
e farci scivolare nella depressione.
Ecco perché il mio motto è di farsi
coraggio ed essere forti».
Le chiediamo di raccontarci la sua vita
professionale. «Dal mese di gennaio scorso
insegno Storia al liceo scientifico Majorana.
Abito a Realmonte e, per fortuna,
entro in classe alla seconda ora (9,15).
Prima, invece, insegnavo in una scuola
privata paritaria dove spesso mi toccava
fare lezione alla prima ora (8,10) e pertanto
la mia giornata cominciava intorno alle
6».
E il gioco non vale la candela. Sentite
cosa guadagna Angela Chiavaro in un mese:
«Il mio stipendio ammonta all’incirca
a 400 euro al mese. Per mia fortuna vivo
ancora con i miei genitori. Non è facile costruirsi
una famiglia, soprattutto se il fidanzato
è anche lui insegnante precario».
Quattrocento euro al mese e per giunta
Angela deve frequentare il corso per l’abilitazione
che si svolge a Palermo. «A dire
il vero abbiamo tentato di tutto per
chiedere lo svolgimento di tale corso direttamente
ad Agrigento ma senza alcun
risultato. Il corso si svolge nel fine settimana
e così ogni venerdì parto per Palermo
e rientro la domenica sera. Al costo
del corso, pari a 1750 euro, occorre sommare
le spese per la trasferta, il costo per
il pernottamento e per il vitto. E posso frequentarlo
perché il dirigente del liceo Majorana, Vincenzo Scrivano, sa quanto
sia importante frequentare il corso e mi
agevola in tutto, al contrario di quanto è
accaduto ad alcune colleghe che insegnano
nel Palermitano. Conseguire l’abilitazione
è molto importate, si tratta di una
sorta di lascia passare per accedere al lavoro,
per avere supplenze annuali e per
l’immissione in ruolo».
Adesso la sorte dei precari è nelle mani
del ministro Giuseppe Fioroni. Cosa
crede che cambierà? «A dire il vero sul
ministro Fioroni riponevo migliori speranze
e aspettative. Fioroni da sempre ha
sostenuto di volerci venire incontro, però,
tuttora, non vi sono stati dei grandi risultati.
Adesso la nostra speranza è riposta
nelle tanto discusse 150 mila immissioni
in ruolo distribuite nell’arco di due anni».
Chiediamo ad Angela se ha mai valutato
l’idea di insegnare in un altra provincia,
magari del nord Italia. «Certo – risponde –
ma credo sia conveniente soltanto per
chi ha un punto di appoggio. Come potrei
con 400 euro al mese riuscire a pagare le
spese e a vivere? Tra l’altro adesso le norme
che regolano i trasferimenti sono
cambiate. Recentemente si sono aperte le
iscrizioni per la graduatoria che adesso è
diventata ad esaurimento. Ora, fino all’anno
scorso era possibile trasferirsi da
una provincia all’altra, da quest’anno invece,
se chiediamo il trasferimento in una
altra provincia, finiamo in coda alla graduatoria.
Ovviamente questa situazione
crea ulteriori problemi perché non possiamo
trasferirici e siamo costretti a lavorare
nella provincia in cui ci iscriviamo».
La chiacchierata con Angela Chiavaro
spiega il perché del motto dei precari,
racconta le difficoltà e i sacrifici, le illusioni
e i sogni. L’aspetto più inquietante è
l’impossibilità di costruirsi il futuro perché
anch’esso, perfettamente rispondente
alla vita professionale di chi sceglie
l’insegnamento, corre il rischio di rimanere
precario. Niente colore rosa nella vita
professionale di Angela, dunque, ma soltanto
parole forti che aiutano quando il
sogno si sgretola e ne resta soltanto un
pugno polvere: «Le difficoltà sono notevoli
ma io continuo a lottare senza arrendermi».
RITA BAIO (da
www.lasicilia.it)