Bullismo, educazione e dintorni
Data: Venerdì, 13 aprile 2007 ore 01:36:24 CEST
Argomento: Rassegna stampa


- Il bullismo oggi

- NON SOLO CELLULARI……

- «Scuola, lottare e non desistere»

 

 

 

Il bullismo oggi

Il bullismo vagamente delinquenziale che imperversa oggi nelle nostre aule scolastiche, e nei loro immediati paraggi, sarà anche un effetto, come è stato compuntamente osservato, del crollo del principio di autorità nella scuola e del congiunto trionfo di una didattica fondata su quel pernicioso prodotto del buonismo pedagogico che è il culto dei diritti dell’alunno spinto fino all’abrogazione di ogni suo elementare dovere. Ma da dove proviene questo pernicioso miraggio? Proviene dallo spirito del Sessantotto. Che tentò di convertire un’intera generazione alla pratica della contestazione globale, ossia della sola attività che non richieda, per poter essere esercitata, alcuna conoscenza relativa ai mezzi idonei a conseguire i suoi obiettivi, che in questo caso doveva essere la costruzione di un mondo perfetto. Dal che sembra ragionevole arguire che la vastità di quell’ambizione poté sgorgare soltanto dal potente desiderio di non apprendere alcun mestiere. Salvo quello, naturalmente, conforme alle attitudini di chi, non sapendo fare niente, vorrebbe distruggere tutto. «Proibito proibire», «l’immaginazione al potere», «siate realisti: chiedete l’impossibile», «vogliamo tutto»: questi gli slogan di quella stagione propizia al trionfo della più vanesia tracotanza. Quanto ai suoi principi morali, essi si riducevano all’idea secondo la quale nessuno ha mai colpa di niente, giacché la colpa è sempre di qualcosa che «sta a monte»: della famiglia, della società, del sistema. Bene, gli anni di piombo hanno rivelato l’essenza insieme sanguinaria e derisoria di quei miraggi. Di queste vecchie storie i poveri teppisti del bullismo scolastico di oggi naturalmente non sanno niente. Ma a dimostrare che il clima in cui possono esprimere liberamente la loro idiozia è figlio delle conquiste dei loro padri basta questa paginetta di un famoso apologeta delle imprese sovversive di quegli anni: «...a scuola era successo che dopo che l’avevamo cacciato il preside Mastino se n’era andato e i professori si erano dovuti adattare, il loro potere era crollato, avevamo ottenuto le assemblee, avevamo ottenuto tutto, niente più interrogazioni, niente più registri sospensioni giustificazioni eccetera, la scuola era scoppiata in breve tempo, era diventata una scuola aperta, ci veniva gente di tutti i tipi, amici e studenti di altre scuole, operai che non andavano al lavoro, e così la scuola era diventata una fiera, un bazar, ci si giocava a scacchi a carte ci si portava da bere gli spinelli e i professori assistevano impotenti senza osare alzare un dito a tutto quello sfacelo...». Il passo è estratto da un romanzetto di circa trent’anni fa (Gli invisibili, di Nanni Balestrini). Lo sfacelo che vi è evocato è dunque quello nel quale il partito armato poté pescare i suoi eroi. Ma è suppergiù lo stesso in cui il bullismo impunito di oggi può pescarvi i suoi.

GAETANO BONAVENTURA (da www.lasicilia.it)

 

NON SOLO CELLULARI……

I tanti anni passati al servizio della scuola mi spingono ad “esternare” i pensieri che mi frullano in testa in questi giorni, durante i quali, i mass-media, le tante tavole rotonde, i politici e tanti uomini di scuola, hanno cercato di diagnosticare i mali che affliggono la scuola italiana e suggerirne la terapia. Due espressioni ricorrenti, in particolare, mi hanno fatto pensare:

VALORI: da alcuni, anche tra gli addetti ai lavori, è stato affermato che la scuola non deve trasmettere alcun valore giacché il valore deve essere frutto di una libera scelta personale. Alcuni, addirittura, giustificano la loro affermazione richiamandosi al concetto di scuola laica. Ma una scuola laica può essere agnostica? Una scuola che ha come obiettivo, condiviso da tutti, quello di promuovere l’uomo nella sua integralità non può ripiegarsi in un presunto neutralismo che blocca il potenziale educativo e si riflette negativamente sulla formazione dei ragazzi. Ciò non vuol dire che la scuola “deve imporre” dei valori ma ha l’obbligo di accompagnare ogni alunno sulla più significativa strada dei fini, di occuparsi non solo del « come », ma anche del « perché », di superare il fraintendimento di un’educazione asettica e di ridare al processo educativo quell’unitarietà che mantiene al centro la persona nella sua identità globale.

TESTIMONIANZA: L’esperienza mi fa affermare, con certezza, che la capacità educativa d’ogni istituzione scolastica è proporzionale alla qualità delle persone che ne fanno parte e, in particolare, alla competenza e dedizione dei suoi docenti e non e dei suoi dirigenti, alla coscienza che questi hanno dei propri compiti. Tale coscienza che non è tanto indicata dalla scienza o dalle norme legislative, quanto dall'interno della propria persona posta a confronto con la “vocazione” ricevuta e con la missione affidata, diventa testimonianza. Ogni processo d’insegnamento-apprendimento ha, come asse fondante, questa testimonianza che potremmo definire "vera, autentica" in quanto espressione di quanto c’è “dentro di noi” e che si traduce in portamento/comportamento/coerenza/impegno. Vi è, ancora, una forma di testimonianza che chiamerei “formale/legale” poiché si richiama al rispetto delle norme che sostengono un Paese democratico e pluralista. Ed anche di questa testimonianza la scuola non ne può fare a meno. Ma se è vero, che tante situazioni, seppure enfatizzate dai media, non devono essere sottovalutate, se è altrettanto vero che moltissime scuole sono autentiche comunità educanti, è purtroppo anche vero che la filosofia del “ vivere e fare vivere in pace” ha portato qualche istituzione educativa a tradire il proprio mandato. A mio avviso, è urgente che le componenti scolastiche ed in particolare i dirigenti scolastici, che ne costituiscono l’elemento di sintesi, aprano una riflessione non solo sui fatti di bullismo denunciati ma anche su alcuni comportamenti discutibili quali, ad esempio, il rispetto dell’orario scolastico da parte di tutti, alunni e personale, i frequenti “mezzi orari” e/o gli ingressi posticipati non sempre supportati da motivazioni oggettive, i tanti “ponti scolastici”, la non partecipazione alle assemblee sindacali nonostante la sospensione delle attività didattiche … su quanto, comunque, possa togliere spazio e tempo al diritto d’educazione, istruzione e formazione degli alunni.

Giuseppe LUCA, già dirigente scolastico del circolo didattico “don Lorenzo Milani” di Catania.

(da www.lasicilia.it)

 

«Scuola, lottare e non desistere»

La lettura della lettera pubblicata il 20 marzo a firma del prof. Antonino Palumbo, ha avuto, giustamente, vasta eco nell’ambito del liceo Spedalieri di Catania, la domanda dei lettori è stata praticamente la stessa da parte degli alunni: ha fatto bene? In un momento in cui la società è in crisi occorre lottare o è giusto desistere? Il senso di assoluta frustrazione, purtroppo, avvilisce pare alla rassegnazione, alla rinuncia, convince e induce alla desistenza. Queste riflessioni suonano purtroppo, veritiere, spietate, e spingono a riflettere sull’attuale perché di una professione che mira ad educare i giovani per la società del domani. Viviamo, infatti, in una società dai ritmi sempre più convulsi e frenetici che impediscono, spesso, il dialogo tra adulti e giovani, tra genitori e figli, tra insegnante e studenti. Per garantire il pieno successo formativo dei ragazzi, è necessario una concreta sinergia genitori, figli e e insegnanti, perché scuola e famiglia insieme, possano aiutare gli studenti a trovare le proprie motivazioni e vocazioni, a superare, di difficoltà e a diventare veri protagonisti del domani. Le parole dette dagli alunni spingono alle riflessione che l’insegnante autore dello scritto, che si è impegnato, al massimo per tanti anni ad educare molti studenti, non dovrebbe lasciare! Perché tutto va male, occorre combattere a resistere, Questa considerazione giusta, efficace appropriata per indicare agli alunni la strade da percorrere. Sono in molti, come il prof. Palumbo, a vivere il dramma in queste condizioni, e infatti, tanti lasciano il servizio attivo i migliori i più validi, quelli che hanno creduto di più nella scuola, nei valori, non devono mollare, non fosse altro per l’esempio negativo che darebbero ai colleghi e agli alunni. Anzi, devono malgrado tutto rimanere, finché possano, per educare i giovani alla scoperta dei valori, per superare i vuoti formalismi dell’assurda società in cui si vive. Socrate nel messaggio davanti ai giudici sosteneva: che Uomini non dei corpi dovete prendervi cura, né delle ricchezze né di alcun altra cosa prima e con maggiore impegno che nell’anima in modo che diventi buona il più possibile, sostenendo che la virtù non nasce dalle ricchezze ma che dalla virtù stessa nascono le ricchezze e tutti gli atri beni per gli uomini, in privato e in pubblico, «commununis opinio». Sarà sempre più difficile, non c’è da illudersi, sempre più dura, ma l’impegno non può svanire, almeno finché c’è la speranza di una nuova stagione e fino a quando nella scuola vi saranno educatori come il prof. Antonino Palumbo.

PAOLO CARBONE, genitore di un alunno del liceo Spedalieri

(da www.lasicilia.it)







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