Lo studente suicida. I compagni di Matteo «Meritavi più ascolto»
Data: Lunedì, 09 aprile 2007 ore 20:30:06 CEST
Argomento: Rassegna stampa


ASTI. 08.04.2007. Fiori bianchi, bigliettini, rimorsi e tante lacrime. Questo è stato l’ultimo saluto a Matteo, il sedicenne studente torinese morto suicida il 3 aprile. Al funerale, celebrato a Buttigliera d’Asti, il paese del padre, la piccola chiesa della parrocchia di San Martino era gremita di persone: parenti, insegnanti, amici d’infanzia e alcuni compagni di classe, che non hanno smesso un attimo di singhiozzare. «La tua storia - gli hanno scritto - meritava più ascolto». I ragazzi della II B dell’Istituto tecnico commerciale «Sommeiller » di Torino, dove studiava Matteo, si sono stretti attorno alla bara di larice, quasi a voler smentire le ipotesi secondo le quali il disagio dell’adolescente è stato aggravato dagli sfottò e dagli scherzi pesanti dei bulli. Ma le domande e i sensi di colpa hanno continuato a pesare. «Chissà - hanno vergato a pennarello, in una prosa tradita dall’emozione, su un cartello posato sotto l’altare - se avessimo potuto darti una mano. Ma che importa, ora che puoi prendere per la coda una cometa e, girando per l’universo, te ne vai per raggiungere, forse adesso, quel mondo diverso che non trovavi mai. Solo che non doveva andare così». «Siamo disorientati, affannati, colti da mille dubbi», ha detto una ragazza. Sarà l’ispezione disposta dall’Ufficio scolastico regionale a stabilire se ci sono colpe. «Il bigliettino lasciato da Matteo - dice il vicedirettore Paolo Iennaco - non parla di persecuzioni. Se gli autori fossero di altre classi, gli insegnanti avrebbero notato qualcosa. Se non sono della scuola non tocca a noi provvedere ». Per Paola Sperone, insegnante di scienze, il dramma interiore del sedicenne non era emerso: «Oltre ad avere i ragazzi in classe per ore, li controlliamo anche durante l’intervallo, se si fossero verificati episodi gravi credo che ce ne saremmo accorti». Ma qualcuno ha già emesso la sua sentenza: «Ti prometto, faremo sentire peggio dei vermi tutti quelli che ti hanno fatto star male», si leggeva su uno dei bigliettini deposti sul sagrato. Messaggi analoghi e circostanziati sono giunti sulla casella email della preside, Catterina Cogno, che ha strappato un lunghissimo applauso ai presenti quando ha sottolineato che «Matteo è stato l’orgoglio del Sommeiller». Le più dure, però, si sono rivelate le compagne dello studente ai tempi delle medie, ancora molto legate a lui. «Lassù non sarai più tormentato da nessuno». Le lacrime hanno scandito tutta la cerimonia, officiata dal parroco, Bruno Vanoni (tra i concelebranti anche Luigi Ciotti) e da uno dei due zii sacerdoti di Matteo, don Giovanni, che ha rievocato la tragedia: «Noi non giudichiamo nessuno - ha detto - perché solo il Signore conosce il perché di questi gesti». Però ha esortato «gli educatori a continuare a insegnare il rispetto, l’onestà, la giustizia», e gli adolescenti a «non cedere alle sirene della facile popolarità e dell’arrivismo», e a considerare le persone buone e miti «non come bersagli da colpire, ma come uno stimolo a fare meglio». Marco, il fratello maggiore, vinto dalla commozione, non è riuscito a leggere il suo intervento. Straziante il dolore della mamma, Priscilla, originaria delle Filippine. Lei era seduta al primo banco, l’ex marito, Ferruccio, una fila indietro. Non si sono mai guardati né parlati. Una donna, parlando a nome della comunità filippina, non ha risparmiato un cenno al loro rapporto tormentato, a «quante ne hanno viste i loro bambini».

MAURO BARLETTA (da www.lasicilia.it)

 

L’APPELLO DELL’UNIONE DEGLI STUDENTI «Ministro, non andare al Family day»

ROMA. «Ministro, al Family day non ci andare». Il suicidio del ragazzo torinese, perseguitato dai compagni che lo accusavano di essere gay, finisce con l’intrecciarsi alle polemiche sulla manifestazione per la famiglia del 12 maggio. L’Unione degli Studenti, che con Arcigay sta organizzando una giornata di mobilitazione nelle scuole per mercoledì, chiede al ministro della Pubblica Istruzione Fioroni di non partecipare al Family day (ma lui ha già detto che ci andrà) «perché sarebbe incoerente rispetto a un’idea di scuola laica e pubblica». Per l’Unione degli studenti «quello che è accaduto a Torino è la punta dell’iceberg di un sistema che non ha ancora digerito il diverso. Noi ci prepariamo al 17 maggio, la giornata mondiale contro l’omofobia e ogni genere di discriminazione». Ma voler legare la morte drammatica di uno studente di 16 anni alla giornata per la famiglia è inaccettabile, replicano all’associazione «Scienza e vita». «Non c’è nesso tra omofobia ambientale e Family day. Questa lettura è un modo ideologico e strumentale di affrontare il problema». «Disgustoso» sarebbe poi per Luca Volontè (Udc) «strumentalizzare da parte di omosessuali politici la morte del ragazzo di Torino per giustificare la massiccia campagna di omosessualizzazione scolastica avviata dall’Arcigay». Ma quale omosessualizzazione, s’indignano i giovani dell’Arcigay, «di questa presunta campagna non se ne vedono tracce, il 52% degli studenti omosessuali a scuola è discriminato o perseguitato. Ci chiamano froci, ci chiudono a chiave nei bagni, ci umiliano», dice Fabio Saccà. Il deputato di Rifondazione Vladimir Luxuria invita a mobilitarsi il 17 maggio, «in occasione della giornata mondiale contro l’omofobia, per ricordare il sedicenne e dare una risposta al Family Day». Franco Grillini, deputato Ds, attacca Volontè: «Nemmeno una parola di pietà per quel ragazzo. Questo è razzismo brutale, volgare e violento». «Il clima omofobico fa dimenticare che dietro le etichette ci sono persone in carne e ossa», aggiunge il responsabile del dipartimento scuola dei Ds Umberto Ranieri.

(da www.lasicilia.it)







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