05.04.2007. Si possono insegnare verità a scuola? E
si può contare sull’impegno dei giovani?
E il laico, o l’ateo, può cercare verità
nella religione? Questioni più ampie
della sfera politica. Ma Fausto Bertinotti,
al di là della carica istituzionale di
presidente della Camera, ha da tempo
carisma di saggio, autorevole per tutti,
seppure nettamente di parte. Infatti è
apparsa semmai singolare ma non stridente
con la sua militanza comunista,
anzi di rifondatore del comunismo, l’intenzione
di
trascorrere
qualche giorno
con i monaci
del monte
Athos.
Presidente, dopo
l’uccisione
dell’ispettore
Raciti, a Catania,
gli studenti
del liceo "Spedalieri" hanno chiesto ai
professori di insegnare "il senso della
vita e della morte", senza "censurare
la nostra domanda di felicità e verità".
La risposta di un gruppo di professori è
stata: "Proporvi o imporvi delle verità è
integralismo", e "vogliamo prepararvi
affinché siate voi a individuare le risposte
adeguate al vostro percorso". Lei
cosa ne pensa?
«Non sono due esigenze contraddittorie.
Nella ricerca della verità c’è il rispetto
del punto di vista dell’altro e dunque mi
pare ragionevole l’istanza di questi insegnanti
di non accedere al fondamentalismo.
E tuttavia la richiesta dei giovani
è ugualmente fondata, e vorrei che si tenesse
conto che noi ce l’abbiamo una
costruzione culturale di valori da condividere,
che è la Costituzione repubblicana.
Io vorrei che non fosse dimenticato
questo elemento».
Ma, francamente, non è qualcosa di
troppo vecchio per i ragazzi di oggi?
«No. La Costituzione repubblicana non è
un documento inerte, non è soltanto
una carta che i padri fondatori, ormai
così lontani nel tempo, ci hanno lasciato.
Basterebbe pensare all’articolo 3, dove
si dice che il compito della Repubblica
è rimuovere tutti gli ostacoli che si
frappongono alla libera espressione della
personalità umana. Si ritrova lì un’idea
di civiltà non realizzata, che secondo
me può avere l’ambizione di segnare
il futuro di nuove generazioni dell’intera
Europa. Ma le voglio citare anche
l’articolo 11, che ripudia la guerra come
strumento di risoluzione delle controversie
internazionali, e segna un’impronta
di pace, così lontana da ciò che si
è attuato nel mondo. E dunque alla richiesta
di valori io rispondo: c’è la Costituzione
repubblicana, non a caso nata
dalla resistenza, da una contesa così
aspra e decisiva contro il nazismo e il fascismo.
Questa è l’idea di un mondo
nuovo. Questo mondo nuovo non solo
non ha visto deperire i suoi elementi
fondativi, ma li trova attualizzati dalla
drammaticità della situazione attuale,
che produce una crisi della coesione sociale
e persino una crisi di civiltà».
Ma l’attenzione alla Costituzione richiama
l’impegno civile. Non le sembra
invece che, rispetto anche al recente
passato, ci sia una minore partecipazione
dei giovani alla politica?
«No, francamente no. Io ho una diversa
interpretazione. Io vedo un mondo dei
giovani molto - diciamo così - diviso, anzi,
più che diviso, articolato, con un’area
che è sospinta lontano dalla politica anche
per le molte culture passivizzanti
che si sono prodotte nel sistema delle
comunicazioni di massa. E invece una
parte straordinaria di questa generazione,
che da Seattle a Porto Alegre a
Genova è venuta attraversando la società,
il mondo, con una passione eccezionale.
Io anzi vedo una parte importante
del mondo giovanile riscoprire il
terreno dell’impegno. Poi, non necessariamente,
questo sì, nella politica».
Lei viene da una cultura politica orientata
al materialismo. Ma è molto attento
ai temi spirituali. Ecco: si tratta di
una curiosità, di un interesse personale,
oppure - a proposito di valore - è il riconoscimento
che all’uomo il comunismo
non basta?
«No, sulle questioni di fede non parlo
per antica divisa, perché penso che, sebbene
la religione occupi uno spazio
pubblico, il fatto religioso è strettamente
privato. Specie per i politici. e io non
voglio mischiare una cosa con l’altra.
Penso che la politica debba essere autosufficiente.
La politica deve avere una
fondazione autonoma e autosufficiente.
E’ questo il senso della laicità».
CARLO ANASTASIO (da www.lasicilia.it)