Il disagio giovanile non è la difficoltà
dei giovani in quanto tale,
ma la problematica relazione con
gli adulti, di norma genitori ed insegnanti.
Difficoltà a comprendersi, a
farsi capire, a rispettare l’altro nel clima
sociale attuale, tra concessioni e
divieti. Non è materia facile, oggi più
che mai. Ed è talmente avvilita e frustrata
la famiglia che dalla sua disgregazione
sovente nascono sommatorie
di disagio. Il ricorso alla separazione
oggi è l’illusorio antidoto ai conflitti. In
realtà essi si propagheranno ulteriormente
sui figli, che talvolta diventano
persino clave da scagliare contro il coniuge.
A Treviso l’iniziativa pregevole dei
consultori familiari che hanno inventato
gruppi di aiuto per bambini figli
di separati che ascoltano le esperienze
di loro coetanei riusciti ad adattarsi
al nuovo status instaurando "rapporti
a due" con ognuno dei genitori,
senza commistioni che talvolta generano
ricatti o manipolazioni. Un’esperienza
utile, purché i bambini possano
trovare oltre all’esternazione dei vissuti,
delle linee guida a cui affidare il
proprio adattamento. Da fratture matrimoniali
traumatiche frequentemente
nascono i presupposti per ferite
a lungo non rimarginabili.
Ma i genitori possono fare di peggio
ed ancorati a proclami ancestrali che
evocano il diritto di vita o di morte
sulla prole, comportarsi come il padre
di Bari che riteneva di poter legare la
propria figlia 16enne per impedirle di
uscire. La violenza è frutto di ignoranza,
di incapacità di dialogare con
una tesi, un’antitesi e una negoziazione
di alcune regole di convivenza.
Per certi genitori sono stupidaggini.
Più facile un ceffone o una corda, a mo
di umanoidi.
All’estremo opposto, ma non meno
dannoso, il lassismo o la delega spacciata
per emancipazione. I figli hanno
bisogno di regole mediate dall’interesse
affettivo nei loro confronti. Chi non
è in grado deve addestrarsi o essere
sanzionato, non c’è più tempo per discuterne.
Diverso, ma parte del nostro tessuto
sociale, con la cascata di relative
conseguenze, il tema degli stili educativi
generati da fedi religiose diverse.
Immigrati che continuano a vivere
con il loro credo in una società che
propone altre fattispecie esistenziali.
Inevitabile lo scontro di istanze spesso
diametralmente opposte. Da un lato
proposte appetitive dei pari o dei
modelli che si apprendono, dall’altro
l’ortodossia dei principi che regolano
la normalità delle famiglie di altre culture.
L’impatto è inevitabile e frustrante
per i figli e i genitori che si avvertono
nel giusto e non percepiscono
la violenza che agiscono perché disorientati.
Questa è la società reale, quella
spicciola , di ogni giorno. Quella delle
urla dentro casa, dei piatti rotti e delle
sedie che volano in aria assieme ai
ceffoni e dei calci che vanno a bersaglio
sul corpo di tanti ragazzi e - di più
- dentro il loro animo.
ROBERTO CAFISO (psicoterapeuta)
(da www.lasicilia.it)