dal sito " La Scilia"
«Entro un mese ci dicano se vogliono l'opera». Lombardo: «Ora il governo
capisca»
Tony Zermo
Catania 31.3.2007. Quando sei mesi addietro scrivemmo che Impregilo si stava
preparando a chiedere allo Stato 1,8 miliardi per la mancata realizzazione del
Ponte sullo Stretto, di cui aveva vinto l'appalto di 3,9 miliardi, arrivarono le
smentite di rito, qualcuno parlò di una bufala. Ora invece i fatti ci danno
ragione. Anche i nostri soci stranieri della cordata ci stanno richiamando ai
nostri obblighi e doveri nei loro confronti». Ha continuato l'ad di Impregilo:
«Chiediamo al governo di dirci se questo contratto lo cancellano o lo onorano.
Le alternative sono tre: o ci danno l'inizio dei lavori, o cancellano il
contratto o ci chiamano ad una trattativa per fare qualcosa di diverso. In
questo momento non riusciamo a capire cosa il committente vuole fare. Solo la
firma delle 55 mila pagine del contratto ha richiesto un giorno e mezzo nel
marzo 2006, abbiamo dato al governo un anno di tempo perché decidesse e adesso i
tempi dell'attesa sono finiti».
Alberto Lina ha dichiarato che «Impregilo si rende conto del cambio di governo e
ha totale fiducia nei confronti del Paese», ma i casi che si prospettano sono
questi: 1) il progetto parte e in questo caso nel contratto ci sono delle
clausole che prevedono vari livelli di indennizzo per gli operatori qualora
l'opera non ci concluda; 2) il contratto non parte perché viene cancellato e in
questo caso nascono richieste di risarcimento danni non solo per i costi, ma
anche per il mancato utile; 3) tra gli scenari c'è anche quello di cambiare le
modalità e la tempistica della realizzazione dell'opera, si potrebbe cioè
partire con opere propedeutiche e utili indipendenti dalla realizzazione del
Ponte, in pratica iniziare a costruire tutto quello che si può a terra, in
Calabria e in Sicilia, e rinviare al futuro una decisione definitiva sull'opera.
Ora la palla passa al governo: cosa intende fare? Se cancella il contratto perde
di credibilità a livello internazionale; se intende onorarlo si troverà contro i
partiti di estrema sinistra che fanno parte della coalizione di maggioranza.
L'avevamo detto che la cancellazione del progetto del Ponte non sarebbe passata
sotto silenzio e ora torna con prepotenza d'attualità.
Del resto non si può continuare con questa commedia degli equivoci perché la
società «Stretto di Messina» presieduta da Pietro Ciucci, che è anche presidente
dell'Anas, formalmente è ancora in piedi: ha 80 dipendenti in organico e debiti
per 150 milioni di euro. Se il governo non vuol fare il Ponte perché tiene in
piedi inutilmente questa struttura?
C'è di più. Guardate la cartina che pubblichiamo in questa pagina: ci sono le
tratte dei supertreni della Grande Europa da 300, ma anche 500 chilometri orari.
Il «Corridoio 1» Berlino-Palermo è tranciato all'altezza di Napoli. Ovvio, senza
Ponte sullo Stretto come potrebbe mai arrivare in Sicilia la Tav. Mentre il
mondo corre, Sicilia e Calabria vengono tagliate fuori dallo sviluppo. Una
recente indagine dell' «Espresso» riporta che la Francia ha 2000 chilometri di
alta velocità ferroviaria, la Germania 1300, la Spagna 1600, l'Italia soltanto
562. Sono state inaugurate le tratte Napoli-Roma e Torino-Novara, alla fine del
2009 è previsto il completamento della Milano-Firenze e della Novara-Milano. Ma
nella italica Tav ci sono inghippi perché i costi sono esplosi, per cui sono
state revocate le concessioni per Milano-Padova e Milano-Genova. A prescindere
dalle difficoltà per la Tav Torino-Lione, ci vogliono altri 11 miliardi.
Comunque, pian piano, miliardo dopo miliardo, l'alta velocità coprirà il
territorio italiano, ma fino a Napoli. E da Milano a Roma si andrà in tre ore,
un'ora e mezzo meno dell'Eurostar, il che significa che al Centro-Nord l'aereo
non servirà più. Noi siciliani ci dovremo arrangiare con i traghetti dello
Stretto e con i voli, grazie all'estrema sinistra al governo. A meno che la
paura di una figuraccia non induca il governo ad accettare finalmente l'idea
della necessità del Ponte per legare la più grande isola del Mediterraneo allo
sviluppo dell'Europa.
Lombardo: «Ora il governo capisca»
«Come volevasi dimostrare - dice l'on. Raffaele Lombardo -. Questo significa che
avevamo ragione e che lo Stato ci rimetterà più di quello che ha risparmiato
sulla nostra pelle e alle nostre spalle. Mi auguro che, alla luce
dell'iniziativa dell'Impregilo, nel governo prevalga la ragionevolezza e si
consenta alla Sicilia di avere quest'opera che sarà la madre di tutte le
infrastrutture. Mi auguro quindi che possano ricredersi. Tra l'altro questa
maggioranza è in fase di rielaborazione. Sono fiducioso che dopo il voto
dell'altro giorno la sinistra radicale, gli avversari del Ponte sullo Stretto,
che pure non muovono un dito e non dicono una parola contro i disastri
ambientali di Gela, Priolo e Milazzo, vogliano consentirci di realizzare il
Ponte che per la Sicilia è di importanza vitale».
La rassegna stampa sulla questione
"La Gazzetta del Sud"
7 dicembre 2004
PERCHE' IO NON MARCIO CONTRO
IL PONTE
Un paio di settimane fa una
brava e coraggiosa combattente per la salvezza di animali in pericolo, Anna
Giordano, che una quindicina di anni fa vinse con me il "Gabbiano D'Oro",
massima onorificenza per i "paladini della natura", mi inviò di rimbalzo un
messaggio di tale Calabrò Tiziana.
Non lo avrei letto,
immaginandone il contenuto, se non me lo avesse inviato proprio Anna Giordano,
che stimo molto, per quanto si oppose - era ancora una ragazza - alla strage dei
rapaci che volavano sullo Stretto di Messina. Una battaglia coraggiosa contro
una tradizionale superstizione ("se non uccido almeno un falco, sarai cornuto)
che alla fine, Anna Giordano è riuscita a vincere.
Ho quindi letto il lungo
papiro elettronico inviatomi, si trattava di un invito a partecipare a una
marcia contro la costruzione del ponte sullo Stretto di Messina. Niente di
nuovo, in quel testo. E io mi sarei limitato a non rispondere se l'invito non mi
fosse giunto, appunto, da Anna.
E così Le ho scritto una
decina di righe per informarla di non aver alcuna intenzione ad unirmi "a chi si
oppone al sempre maggiore, indispensabile progresso delle comunicazioni; e non
si pone certo lo scopo di creare catastrofi ecologiche. Sarebbe bene che chi è
in buona fede, ma miope, osservasse cosa e come si è costruito in gran parte del
mondo (anche in paesi molto sensibili ai problemi dell'ambiente quali gli
scandinavi e i giapponesi)".
Credevo d'essere stato
chiaro, ma Anna - che è una ragazza di carattere, e anche questa è una dote -ha
insistito raggiungendomi con una e-mail interminabile. Nella cui premessa, mi
confessava di aver "giocoforza iniziato a dedicare energie e tempo per
scongiurare lo scempio dello Stretto".
Seguivano alcune pagine (!)
di riflessioni, misto di banalità e di buone motivazioni, di elementi reali, di
altri immaginari.
Ho voluto risponderle, nel
rispetto delle sue idee. Precisandole quanto sia stato necessario, nel cammino
della civiltà, prendere decisioni che hanno comportato a volte problemi non
indifferenti, ma di certo non tali da bloccare passi in avanti del progresso
umano.
Anna mi aveva, tra l'altro,
scritto d'opporsi al ponte "Perché non muoiano migliaia di uccelli impattando
con il ponte quando il vento, la nebbia, la pioggia, la stanchezza impediscono
loro di evitare un ostacolo". La qual cosa credo che valga per tutti i mille
ponti del mondo, eppure di uccelli in cielo ne volano ancora molti. E se ne
muoiono troppi, le cause sono altre.
Che dire, poi, delle balene
che "sarebbero spaventate dall'ombra del ponte"? A parte la facile battuta che
di notte e con tempo brutto non si creano ombre, l'obiezione è un'altra: sotto i
grandi ponti sul mare del nord Europa, America e Asia, nessun ambientalista ha
mai comunicato dati allarmanti su moria di cetacei a causa di un ponte (di
cetacei ne muoiono molti, purtroppo; ma anche in questo caso, i motivi sono di
tutt'altro genere).
Così, ho riacceso il
computer e ho spedito una seconda risposta. E qui la trascrivo quasi per intero:
"Cara Anna, non metto in dubbio la tua buona fede, ma non posso che ripeterti
quanto ho già risposto. Sarebbe bello vivere nell'eden della preistoria? Non lo
so.
Ti ricordo che i romani
chiamavano Pontifex, il "costruttore di ponti", autorità massima dell'Impero.
Anche i primitivi hanno
sentito la necessità di costruire ponti; ancor oggi ne costruiscono con liane e
pali i pigmei della foresta equatoriale africana, per collegarsi con altri
uomini, per conoscersi, per sopravvivere.
E' identica vicenda per
tutti i popoli di tutte le culture, di tutte le età, il "costruire ponti",
perché questo significa collegarsi, conoscersi, unirsi, progredire. Di
conseguenza chi è contro un ponte, è contro l'idea più nobile del progresso:
quella di creare un mondo nel quale si sia tutti "vicini".
Ti ricordo, per concludere,
che nel Medio Evo gli oscurantisti tentavano di proibire la costruzione dei
ponti, considerandoli "creature del diavolo". E minacciavano il taglio della
testa e la perdita dell'anima, al primo che si fosse azzardato a violare quel
tabù.
Nel pregarti di tentar di
ragionare su tutto questo, mi auguro che tu non voglia, come gli stregoni del
medio evo, condannandomi al taglio della testa, anche se io grido "Viva il Ponte
di Messina"."
A quest'ultimo messaggio
Anna non mi ha risposto. Forse è troppo impegnata a scrivere slogan da
sbandierare domani. Le auguro una giornata di sole.
Folco Quilici
Folco Quilici è nato a
Ferrara nel 1930 da Nello Quilici, storico e giornalista e Mimì Buzzacchi,
pittrice.
Il nome di Folco Quilici
si associa da tempo alla conoscenza del rapporto tra uomo e mare. Con film:
"Sesto Continente" (Premio Speciale alla Mostra del Cinema di Venezia del 1954),
"Ultimo Paradiso" (scritto con Ennio Flaiano, Orso d'Argento al Festival di
Berlino del 1956), "Tikoyo e il suo pescecane" (scritto con Italo Calvino,
Premio Unesco per la Cultura del 1961), "Oceano" (Premio Speciale Festival di
Taormina del 1971) e "Fratello Mare". E' del 1991 il suo film di fiction a
grande schermo tratto dal suo romanzo "Cacciatori di Navi" (presentato e
premiato a Umbria Fiction nel 1992)
Nel campo dei medio e
corto metraggi sono oltre trecento i film a carattere culturale da lui
realizzati. Da ricordare due opere presentate fuori concorso alla Mostra del
Cinema di Venezia: Gauguin (1957), L'angelo e la Sirena (1980) e la nomination
all'Oscar nel 1971, per Toscana uno dei sedici film della serie Italia dal Cielo
alla quale hanno collaborato - dal '64 al '79 - nomi di massimo prestigio della
letteratura italiana come Calvino, Sciascia, Silone, Praz, Piovene, Comisso.
Questi film sono stati trasferiti su DVD con un programma di perfetto restauro
iniziato nel 2002 che si concluderà entro il 2005.
L'attività di Folco
Quilici ha trovato vasto spazio nei programmi culturali della Televisione in
Italia e all'estero: dal reportage Tre volti del deserto ('57) alle Serie in
cooproduzioni europee come Alla scoperta dell'Africa ('64/'65), Malimba ('66),
India ('66/'67), Islam ('68/'69), Alba dell'uomo ('70/'75), Mediterraneo
('71/'76), I mari dell'Uomo ('71/'74), L'Uomo Europeo ('76/'80) e molti altri
titoli sino a Il rischio e l'obbedienza ('90/'92), Archivi del tempo ('88/'93),
L'Avventura e la Scoperta ('90/'93), Viaggi nella Storia ('92/'93), Arcipelaghi
('93/'95).
Per i tredici film della
Serie Mediterraneo e gli otto di Uomo Europeo Quilici ha avuto a fianco, uno dei
maggiori storici del nostro tempo, Fernand Braudel. Hanno anche prestato la loro
consulenza l'antropologo Levi Strauss, il paletnologo Leroy-Gouran. L'archeologo
Sabatino Moscati ha guidato Quilici nelle Serie dedicate all'archeologia
subacquea ("Mare Museo" - 1988-'92), sui Fenici ("Sulle rotte di porpora"
1987-'88). Con l'archeologo George Vallet ha realizzato "I Greci
d'Occidente".
Dal 1992 al 1999 ha
realizzato per l'Istituto Luce e la RAI, come regista "L'Italia del XX secolo",
65 film su testi degli storici De Felice, Castronovo e Scoppola
Dal 1997, ha iniziato per
RAI 3, la Serie "Alpi", in collaborazione con il CAI (Club Alpino Italiano).
Otto film dedicati alla natura e alle genti dell'arco montano. In vendita come
video-libri VHS.
Nel 2000, per la rete
franco tedesca Arté ha realizzato "Kolossal", lungometraggio culturale e nel
2002, con la stessa coproduzione, "Viaggio nel Mondo di Pinocchio".
Dal 1996 al 2002 ha
realizzato la Serie "Italia Infinita", 5 film prodotti per RAI 3, RAI
International e reti televisive internazionali. In vendita come video-libri VHS.
Nel 2002/2003 ha curato la
realizzazione di sei film dedicati ai suoi viaggi nelle isole del mondo (Di
Isola in Isola), di cui è prevista la messa in onda televisiva e la successiva
vendita come video-libri nei primi mesi del 2004.
Nel 2004 ha realizzato il
lungometraggio a grande schermo "L'Impero di Marmo" per Cinecittà
Holding/Istituto Luce.
Premi internazionali
hanno riconosciuto il suo impegno per la TV culturale in questo campo. Dal
Premio della Critica Francese per la regia della Serie "Mediterranéé", al Premio
della Critica italiana per "India" (1966), di nuovo attribuito a "Alba
dell'Uomo" (1975) e a "Festa Barocca" (1983). Il più recente riconoscimento
(1995) è la "Targa d'Oro Europea" per il suo impegno nel cinema
storico-culturale.
Dal 1950 in poi ha
pubblicato numerose opere di saggistica, spesso illustrate. Tra gli altri Mille
Fuochi, Magia, Gli ultimi primitivi, Il Riflesso dell'Islam, India, L'Uomo
Europeo, I Mari del Sud, La mia Africa, Il Mio Mediterraneo, Le Americhe.
Nel 2004 un'impegnativa
opera di ricerca storica e biografica: Tobruk 1940, dedicato al Diario storico
di guerra scritto dal padre, Nello Quilici, caduto sul fronte libico con Italo
Balbo.
Premiato come scrittore,
nel '55 con il Premio Marzotto per Sesto Continente (rieditato nel 2000), con il
Premio Malta nel'81 per Mediterraneo, il Premio Fregene nell'85 per Cacciatori
di Navi e il Premio Estense nel '93 per Africa.
Tra il 1976 e il 1979 ha
diretto La Grande Enciclopedia del Mare. Nel '74/'75 è stato coautore dei due
volumi La Mediterranee editi in Francia con la Direzione di Fernand Braudel. Nel
1997 gli è stato assegnato il "Premio Internazionale Cultura del Mare" per le
sue opere sui mari d'Italia. E nel luglio 2000, gli è stato assegnato il
"Tridente d'Oro alla Carriera", dall'Accademia delle Arti della Scienza
Subacquea.
Nel febbraio del 2002,
Folco Quilici ha ricevuto il Premio NEOS dall'Associazione Giornalisti di
Viaggio, per il suo impegno di scrittore.
Per la narrativa
italiana, dopo il premiato "Cacciatori di Navi" (1985) tradotto negli Stati
Uniti con il titolo "Danger Adrift", la Mondadori ha pubblicato nel 1997 il suo
"Cielo Verde", romanzo entrato nella classifica dei libri più venduti in Italia.
Nel giugno '98 il romanzo "Naufraghi". Nel 1999 con il suo romanzo "Alta
Profondità", anch'esso entrato nella classifica dei libri più venduti. Il sequel
narrativo iniziato nel 2001 con "L'Abisso di Hatutu", continuato nel 2002 con
"Mare Rosso" (che ha vinto nel 2003 il Premio Scanno di Letteratura), ha
incontrato un vasto favore di pubblico ed è continuato nel 2003 con il quarto
romanzo "I Serpenti di Melqart".
In collaborazione con la
moglie Anna, ha pubblicato due "biografie avventurose": "Amundsen" (1998) e
"Jack London" (2000), Edizioni Piemme; quest'ultimo nel 2001 ha vinto il "Premio
Chianciano" e il "Premio Castiglioncello".
Quilici collabora alla
stampa italiana e internazionale. Dal '54 su Life, Epoca, Panorama, Europeo, e
altri periodici nazionali e internazionali; e con vari quotidiani tra i quali La
Stampa e Il Corriere della Sera e Il Giornale. Ha vinto il "Premio Italia" di
giornalismo nel 1969; e nel 1990 il "Premio Giornalistico Europeo".
Nel 1983 gli è stata
conferita dal Presidente Pertini la "Medaglia d'Oro" per meriti culturali.
Nel '94 la "Penna d'oro"
per i suoi servizi sull'Africa. Nel '97 gli è stato conferito il "Premio
Marforio-Campidoglio per la Carriera, per il giornalismo culturale". E nel '99
il "Premio San Giorgio" per l'insieme dei suoi scritti.
Ha tenuto corsi
all'Università di Bologna (1966-67) di Berlino (1991), al Centro Sperimentale di
Cinematografia (1995), all'Università Cattolica di Milano (1998). Dal 1985 al
1989 è stato il responsabile di ORAO, il Centro di Formazione dell'Immagine
Culturale. I cui corsi sono ripresi nel 1997 e proseguiti nel 1998.
Dal febbraio del 2003 ha
la responsabilità di dirigere l'Istituto Centrale per la Ricerca Scientifica e
Tecnologica Applicata al Mare, ICRAM, di cui è Presidente dal 2004. Per
l'Istituto dirige dal 2005 "I Quaderni dell'ICRAM". Precedentemente, dal '95 al
'96, era stato Direttore del mensile "Mondo Sommerso", esperienza editoriale
maturata con i cinque anni (1978-1982) dedicati come responsabile alla
pubblicazione degli otto volumi dell'Enciclopedia del Mare.
Dal 2002 collabora a una
serie di volumi illustrati di Luca Tamagnini dedicati alle aree protette dei
mari italiani: "Asinara", "Arcipelago Toscano", "Isole Tremiti", "Isole Egadi",
"Portofino", "Penisola del Sinis, Isola di Mal di Ventre", "Isole Pelagie",
"Isole di Ventotene e Santo Stefano". In preparazione altri volumi dedicati alle
altre aree marine protette.
E' tra i soci fondatori
dell'H.D.S. (Historical Diving Society) e dell'Associazione Ambientalistica
Marevivo. E' membro dal 2001 della SOCIETA' GEOGRAFICA ITALIANA.
Come fotografo che opera
dal 1949, accumulando un archivio d'oltre un milione d'immagini a colori e in
bianco e nero, Folco Quilici è stato dichiarato "Great Master for creative
excellence" dall'International Photo Contest 1998 .
Il collegamento sullo Stretto rilancerebbe la Sicilia, il no la conferma
«colonia»
Lo sviluppo buttato giù
dal Ponte
Prodi dice: nessun'opera se non ci sono i soldi. Ma in
questo caso lo Stato non spenderebbe nulla
il caso. Dopo il no di Bianchi ieri Fassino, in Sicilia, ha
affermato che il Ponte sullo Stretto non è tra le priorità. Ma quest'opera
rilancerebbe turismo e impresa, e bloccarla è confermare la Sicilia «colonia».
Prodi ha detto che non si realizzerà nulla se non ci sono i soldi, ma il Ponte
non costerebbe nulla allo Stato.
il
caso. Dopo il no di Bianchi ieri Fassino, in Sicilia, ha affermato che il Ponte
sullo Stretto non è tra le priorità. Ma quest'opera rilancerebbe turismo e
impresa, e bloccarla è confermare la Sicilia «colonia». Prodi ha detto che non
si realizzerà nulla se non ci sono i soldi, ma il Ponte non costerebbe nulla
allo Stato.
infrastrutture
Quella Sicilia che
schiaffeggia se stessa
Contro il Ponte la parte ricca del Paese ma anche, da noi,
l'incapacità di alcuni di difendere i propri interessi
Tony Zermo
Catania 21.5.2006. Ci sforziamo di comprendere le ragioni
di chi non vuole il Ponte sullo Stretto, ma onestamente non ci riusciamo. Sarà
colpa nostra? Dicono: è un'opera faraonica, inutile e costosa. Invece è stato
dimostrato e varie volte ripetuto che allo Stato non costa nulla e che non
toglie risorse a nessuna opera pubblica per il semplice fatto che la società
«Stretto di Messina» sull'importo d'asta di 3,9 miliardi ha in cassa di suo 2,5
miliardi e il resto lo troverà sul mercato finanziario in cambio dei pedaggi.
Abbiamo aggiunto che alla fine lo Stato ci guadagnerà perché la «vita» del Ponte
è prevista in due secoli e siccome dopo 30 o 50 anni l'opera tornerà allo Stato
si potrà riaffittare. Prodi dice: non inizieremo opere per le quali non ci sono
i soldi. Ma nessuno chiede soldi per il Ponte. Purtroppo la società «Stretto di
Messina» non è riuscita a comunicare il concetto all'opinione pubblica, magari
facendo pubblicità sui grandi mezzi di comunicazione.
Dicono ancora: il Ponte non è prioritario perché è come
mettersi una giacca di cachemire senza avere sotto nemmeno la camicia. La
risposta è facile: mettendoci la giacca sarà necessario anche cucire la camicia.
Il governo Berlusconi aveva previsto nel suo programma che il Ponte e il
riassetto del sistema ferroviario siculo-calabro marciassero di pari passo,
«contestualmente», per cui fra 7-8 anni sarebbe stato possibile che i treni
dell'alta velocità arrivassero in Sicilia, realizzando anche la parte finale del
«corridoio 1 Berlino-Palermo». Qualcuno sostiene che Berlusconi è stato
scorretto per il fatto che l'appalto è stato assegnato in campagna elettorale.
Ma l'iter dura da 35 anni e se fosse stato veramente scorretto avrebbe messo la
prima pietra una settimana prima del voto, anche a costo di far pagare allo
Stato i danni alla Impregilo.
Ora non si capisce perché il governo Prodi rovesci le
priorità e dica: prima le ferrovie, quando potremo farle. E l'Unione cosa
risponderà all'Unione europea, che il Ponte è rimandato a non si sa quando? E
cosa dirà alla società «Stretto di Messina» che per legge del 1971 ha il compito
di realizzare il Ponte? E cosa dirà alla Impregilo e alle imprese della stessa
cordata che hanno vinto l'appalto e che hanno già subito pesanti perdite in
Borsa per la posizione del nuovo governo?
Per fortuna una cosa positiva: nessuno afferma più che il
Ponte è irrealizzabile e che sfascia le coste perché sarebbe una eresia davanti
ai tanti ponti costruiti nel mondo. L'obiezione è solo: lo faremo «dopo» perché
non ci sono i soldi. Ma essendo dimostrato che soldi non ne servono è una
obiezione che non regge.
Abbiamo
visto troppe volte la vergogna dell'imbarcadero di Villa San Giovanni, visto
troppe volte le colonne di Tir per il centro di Messina, atteso in auto delle
ore per traghettare nelle giornate di punta, da parte loro i treni impiegano
un'ora e 45' con i traghetti che perdono 100 milioni di euro l'anno, mentre
quelli privati si arricchiscono. E allora c'è da chiedersi: quelli che sono
contro il Ponte hanno mai preso un treno che passi lo Stretto, hanno mai preso a
Parigi o a Berlino oppure a Strasburgo i treni ad alta velocità da 300 all'ora
che potrebbero portare comodamente i passeggeri in tre ore da Catania alla
stazione Termini? Nessuno riuscirà a convincerci che questo giornale stia
combattendo da anni una battaglia sbagliata.
La verità è un'altra: il Ponte cambierebbe il volto della
Sicilia e rilancerebbe alla grande turismo e impresa, ma al nuovo governo di
Roma sembra non interessi proprio nulla della Sicilia, non c'è nulla nel suo
programma, siamo solo una colonia di 5 milioni di abitanti che ha avuto perdipiù
il torto di votare a destra. E fin quando Rifondazione, Pdci e Verdi saranno al
governo con diritto di veto per la Sicilia «politicamente scorretta» non ci sarà
alcuna speranza. Questa verità amarissima trova come alibi le istanze degli
ambientalisti che in nome della perenne intoccabilità del territorio e della
romantica sicilitudine non sanno di fare il danno loro e dei loro figli che un
giorno chiederanno: perché nel resto d'Europa si viaggia ad alta velocità e in
Sicilia dobbiamo stare due ore sopra un traghetto e impiegare quasi un'intera
giornata per arrivare a Roma?
Bonanni:” Vogliamo il
Ponte. Il ministro Bianchi ha sbagliato”
E sulla Biagi la conferma che va corretta per dare risposte
ai precari
Prima visita in Sicilia del nuovo segretario generale della
CISL. Dall’isola parte per il governo Prodi “ un segnale forte per il Sud” . “
Detassazione possibile per le imprese in cambio di una maggiore contribuzione
per le tutele dei lavoratori “.
Se si realizza il Ponte si fanno poi, gioco forza, anche le
altre opere; qualcuno, invece, sostiene il contrario.
Qualcuno sostiene che l’uovo (le opere) forse viene prima
della gallina (il Ponte). Certo è che senza uovo e senza gallina mi sembra
eccessivo.
Palermo 20.5.2006. Quello di ieri, è stato il suo primo
intervento nell'Isola da capo della Cisl italiana. Ad accoglierlo, tra gli
altri, oltre 200 componenti del parlamentino regionale del sindacato. Ma, per
Raffaele Bonanni, che nel passato proprio in Sicilia ha guidato per anni i
cislini, è stata soprattutto l'occasione per lanciare al governo Prodi "un
segnale forte per il Sud. In primo luogo col fisco di vantaggio". Una questione
sottolineata pure da Paolo Mezzio, numero uno del sindacato siciliano:
"Chiediamo la ripresa della politica degli incentivi mirati, dal fisco
compensativo al credito d'imposta alla programmazione negoziata a una nuova
politica dei collegamenti e della programmazione dei fondi strutturali".
Poi, il life-motiv del Ponte, trasformato dallo stesso
Bonanni che s'è detto "favorevole" a realizzarlo, in un vecchio adagio tra
l'uovo (il ponte) o la gallina (strade, ferrovie, autostrade).
Segretario Bonanni, il neo ministro dei Trasporti Bianchi
non ha dubbi: no al Ponte sullo Stretto di Messina.
"Noi siamo favorevoli alla realizzazione del Ponte. E'
stata una gaffe, invece, l'affermazione del ministro Bianchi senza capire, tra
l'altro, i danni che fa tant'è che le azioni della società Impregilo sono
crollate. Un fatto molto pesante. Ma al di là di questo e della cautela che
farebbe bene ad avere, spererei che il ministro dicesse, allo stesso tempo, no
al Ponte e impegnarsi a realizzare il raddoppio delle linee ferrate, più
autostrade, più porti, interporti e autostrade del mare, in modo da potenziare
la malconcia rete dei trasporti nel meridione d'Italia. Tuttavia, sono convinto
che se si realizza il Ponte si fanno, gioco forza, le altre opere; qualcuno,
invece, sostiene che l'uovo forse viene prima della gallina. Certo è che senza
uovo e senza gallina mi sembra eccessivo".
La Uil ha posto in secondo piano l'unità sindacale,
rispetto alla non abrogazione della legge Biagi.
"Mi pare una tempesta in un bicchier d'acqua, anche perché
il nuovo governo dice di non abrogarla. Anzi il governo dice che le cose buone
vanno conservate e le non buone dimesse. La stessa posizione è della Cisl.
Tuttavia, vedremo nel confronto. Per evitare la tempesta in un bicchier d'acqua,
invece, il vero problema è affrontare la precarietà nel lavoro che ha poca
attinenza con la 'Biagi' e con la 'Treu'. In altre parole, la precarietà nasce
da una mancanza di tutele in quanto non tutti i lavoratori hanno la stessa
previdenza, formazione, indennità di malattia e di maternità, in sostanza gli
stessi diritti. Solo un terzo. li hanno. Quindi, il problema oggi è dire agli
artigiani, commercianti, imprenditori di pagare più contributi per allestire le
tutele che toglieranno dalla precarietà quei lavoratori flessibili e atipici.
Questo è il punto. Poi, quando il governo Prodi promette la riduzione di cinque
punti del cuneo fiscale. che vuol dire trovare 10 miliardi di euro si può, in
questo caso, fare uno scambio: si aiuta a sostenere l'alzamento dei contributi
ai fini delle tutele e le aziende ottengono un defalco forte di tassazioni".
Cosa porterete sul tavolo del governo Prodi?
"Le priorità che la Cisl porterà al nuovo governo
riguardano lo sviluppo e i provvedimenti forti che possono favorirlo. Uno
sviluppo che passa attraverso il sostegno all'innovazione e alla ricerca, ma
soprattutto attraverso il sostegno al meridione dove c'è un patrimonio umano
altamente scolarizzato e zone sgombre che possono essere utilizzate per lo
sviluppo nazionale. Ma per tutto ciò, servono risorse".
Si parla anche di tagli allo stato sociale.
"Ribadiamo la nostra contrarietà ai tagli allo stato
sociale. Siamo invece favorevoli, anzi lo chiediamo, a tassare le rendite
finanziarie. Ciò serve per recuperare le risorse necessarie a sostenere quelle
che per noi sono le priorità per lo sviluppo. Tutto questo va fatto,
naturalmente, attraverso la concertazione".
Gaetano Mineo
prime tensioni nel
governo
Roma. Il Ponte sullo Stretto alimenta la prima polemica
sulle competenze tra le Infrastrutture e i Trasporti, con il ministro
dell'Ambiente che non si tira indietro e dice la sua sul destino della grande
opera. Così, dopo tre giorni di polemiche, il nuovo ministro delle
Infrastrutture non esita a bacchettare il collega ai Trasporti: su questi temi,
dice, «non si decide alla buvette». Di Pietro mantiene la posizione e continua a
ripetere: «il riparto delle competenze ad oggi non può dirsi ancora attuato nei
dettagli». «Spiegheremo al ministro dei Trasporti - aggiunge - che è bene che
tutti i ministri si confrontino. C'è un governo e ci sono le commissioni.
Insieme valuteremo, previa una disamina dei fondi in cassa, delle priorità del
Paese e dell'impatto ambientale delle varie opere, le infrastrutture da
realizzare».
Bianchi, invece, non lesina anticipazioni su ognuno dei
temi che sarà oggetto delle diverse deleghe: non solo sul Ponte sullo Stretto,
su cui ha reso nota la sua posizione un minuto dopo il suo insediamento, ma
anche sulla Tav: «Pur salvaguardando la compatibilità sociale e ambientale
dell'opera - ha detto - l'Italia non può rinunciare a essere parte della rete
infrastrutturale europea». Bianchi ha anche annunciato che nei primi giorni di
giugno aprirà un dossier sull'operazione Autostrade-Abertis. Il neoministro ha
aggiunto che la competenza sulle concessioni autostradali è relativa al suo
dicastero. «Se si tratta di costruire un pezzo di autostrada - ha precisato - la
competenza è delle Infrastrutture, ma se si tratta di gestire la rete, spetta a
me».
«Il Ponte sullo Stretto non si farà. Non è una priorità per
il governo» assicura a sua volta il ministro dell'Ambiente, Pecoraro Scanio, che
ha dalla sua anche il giudizio di Fassino secondo il quale «ci sono altre
priorità che premono. Penso all' ammodernamento di tutta la rete ferroviaria;
penso ad un forte investimento sulla portualità; penso ad una politica che
sfrutti la navigazione del mare. Queste sono le esigenze prioritarie».
Spiega infine Aurelio Misiti, deputato di Italia dei Valori
con una lunga esperienza nel settore: «il Ministro Bianchi e il capo del partito
Diliberto hanno riportato in maniera distorta il contenuto del programma dell'
Unione sul Ponte. Il programma afferma semplicemente la non priorità dell' opera
e non la sua negazione».
E lunedì, al ministero delle Infrastrutture guidato da
Antonio Di Pietro, è previsto infatti un summit con all'ordine del giorno il
Ponte. Proprio la prospettiva che l'opera non sia realizzata ha spinto alcune
delle banche finanziatrici a lanciare segnali precisi per chiedere risarcimenti
adeguati.
Per l'opera da 3,9 miliardi è stata indetta una gara
internazionale, vinta da un consorzio capitanato dal gruppo Impregilo. E proprio
il contratto con la cordata vincente sarà all'esame del summit del dicastero. Le
eventuali penali previste e i costi sostenuti dal consorzio devono essere
valutati e quantificati. L'esame delle oltre 50 mila pagine del contratto si
presenta impegnativo e ricco di questioni controverse.
Il Ponte sullo Stretto è
«l'opera più inutile e dannosa che sia stata progetta in Italia negli ultimi
cento anni, e dunque non si farà».
È stata questa, mercoledì
scorso, la prima dichiarazione alla stampa del neoministro dei Trasporti
Alessandro Bianchi, interpellato al Quirinale al termine della cerimonia per il
giuramento del nuovo governo Prodi.
Ed è stata appunto questa dichiarazione, ad un tempo, a
stroncare le attese sull'opera e ad innescare una polemica, con la Cdl ad
accusare il nuovo esecutivo di «voler bloccare lo sviluppo del Sud» negando
«un'iniziativa epocale» foriera di «grandi vantaggi in particolare per calabresi
e siciliani». Ma non solo: pure nel governo, da subìto, non tutti sono sembrati
dello stesso avviso di Bianchi. In particolare il nuovo ministro delle
Infrastrutture, Antonio di Pietro, ha «bacchettato» immediatamente il collega
affermando che «l'eventuale decisione di abbandonare il progetto deve essere
presa a livello collegiale, quindi in Consiglio dei ministri e in Parlamento». E
il neo ministro per lo Sviluppo economico, Bersani, ha detto: «Se varrà la pena
farlo, il Ponte si farà». Di Pietro ha poi più volte ribadito: «Sarà il governo,
collegialmente, a valutare». Ma l'orientamento, si sa, è che prioritari, per il
Sud, sono altri lavori, «secondo una logica di sistema - ha detto Prodi - e non
privilegiando le grandi opere».
Quando la sinistra voleva
fare il Ponte sullo Stretto
Nell'ottobre '97 il sì del
Consiglio superiore dei Lavori pubblici
La società “ Stretto di Messina “ha una struttura
finanziaria autosufficiente. Non Ha alcun senso parlare di “ priorità”
Catania 22.5.2006. Per favore, almeno non prendeteci in
giro, non dateci collanine di vetro come i conquistadores facevano con gli
indigeni. Perché quando Fassino e gli altri vengono a dirci che il Ponte non è
una priorità, o non sanno quel che dicono o fanno i furbi. Che vuol dire in
questo caso «priorità»? Vuol dire che se lo Stato deve spendere soldi per
realizzare opere pubbliche deve cominciare con quelle più indispensabili delle
altre. Solo che si trascura un piccolo particolare. Il Ponte ha una struttura
finanziaria autosufficiente perché la società «Stretto di Messina» sui 3,9
miliardi del costo dell'opera ne ha la metà in cassa e il resto lo trova sui
mercati finanziari in cambio dei pedaggi. Allora che senso ha parlare di
priorità quando il Ponte non sottrae risorse ad alcuna opera? Siamo stanchi di
ripetere questa semplice verità, ma non c'è peggior sordo di chi non vuol
sentire. Anche chi è favorevole al Ponte e protesta per questo contro il governo
Prodi, invece di ricordare che la Sicilia sarebbe tagliata fuori dal «corridoio
1 Berlino-Palermo», che l'alta velocità si fermerà a Napoli e che senza il Ponte
non arriverà mai in Sicilia - tutte cose verissime -, farebbe bene a dire solo:
lo Stato non deve spendere un euro! Deve dire solo sì. E' così difficile da
capire? Ed è così difficile per la società «Stretto di Messina» confermare
ufficialmente che ha due miliardi in cassa?
Il
segretario ds Fassino, peraltro politico intelligente, non può dire: «Abbiamo un
grande piano di investimenti sulla portualità del Mezzogiorno e in Sicilia, un
progetto molto più ambizioso che fare un ponte». Ma per piacere. La portualità
va benissimo, ma che c'entra con il Ponte? E poi «non si tratta di fare un
ponte», perché non è un ponte qualunque, ma il Ponte a una sola luce più lungo
del mondo. Queste cose le deve sapere, e allora perché gioca a nascondino con i
siciliani? Perchè non dice che i Bertinotti, i Pecoraro Scanio e i Diliberto, se
solo si dicesse un mezzo sì al Ponte, sono capaci di far cadere il governo
Prodi? E allora non ci vengano a gettare polvere negli occhi con la portualità e
con le «autostrade del mare» quando ad esempio Catania e tutta la Sicilia
orientale è collegata via nave solo con Napoli sul Tirreno e con Ravenna
sull'Adriatico.
Il Ponte è un diritto sacrosanto della Sicilia, è una
immensa opera tecnica che non è né di destra e né di sinistra. Anzi l'hanno
promesso anche i governi di centrosinistra che ora fanno finta di dimenticarlo.
Hanno chiesto di farlo i giapponesi (quelli che a Istanbul hanno realizzato il
ponte sul Bosforo) e gli hanno detto di no, hanno chiesto di farlo gli
americani, stessa risposta negativa. Ha ragione l'on. Raffaele Lombardo,
fondatore del movimento per l'autonomia, quando dice che «affossando il Ponte,
simbolo e volano di sviluppo, il teatrino romano ha messo in scena il programma
che attende la Sicilia e il Sud, da mantenere come mercati di consumo passivo».
«Repubblica» ha pubblicato con obiettività quel che fece il
governo di centrosinistra per il Ponte: ottobre '97: il Consiglio superiore dei
lavori pubblici considera il progetto del Ponte idoneo a diventare definitivo;
luglio '98: il progetto è trasmesso al Cipe per il parere definitivo; aprile
2001: il governo avvia le audizioni con diversi istituti finanziari e operatori
specializzati. Poi, siccome lo voleva fare Berlusconi e Berlusconi ha perso,
allora niente Ponte. Ma non è una posizione politicamente intelligente. Sarebbe
stato più giusto dire: approfondiremo e poi decideremo. Anche perché, alla
vigilia delle regionali, Rita Borsellino non meritava di essere colpita da
«fuoco amico».
Tony Zermo
Oggi vertice Di Pietro-BianchiNessuna polemica. Di Pietro
(Idv) e Bianchi (Pdci) hanno deciso di lavorare di comune accordo. Di Pietro ha
convocato pe
Oggi vertice Di Pietro-BianchiNessuna polemica. Di Pietro
(Idv) e Bianchi (Pdci) hanno deciso di lavorare di comune accordo. Di Pietro ha
convocato per oggi un vertice al ministero delle Infrastrutture per fare il
punto della situazione e vedere come costruire un percorso comune tra il
ministero che a lui fa capo, e quello dei Trasporti, guidato da Bianchi: «Ho
convocato questa riunione per fare un elenco delle priorità e studiare insieme
le soluzioni migliori».
Due miliardi di euro
scippati al Meridione
Tony Zermo
Catania 23.5.2006 Stanno per evaporare i 2 miliardi di euro
del Ponte sullo Stretto. E per spiegare perché dobbiamo fare brevemente la
storia di quest'opera epocale ancora sulla carta, che non è di Berlusconi, ma di
questo Paese immemore.
Fu nel 1971 che il Parlamento varò una legge che istituiva
la società «Stretto di Messina» con il compito di realizzare l'attraversamento
stabile dello Stretto. Nella società entrarono Fintecna, le Regioni Sicilia e
Calabria, l'Anas e le Ferrovie e nel 1997 il Consiglio superiore dei lavori
pubblici decretò che il Ponte era «tecnicamente fattibile».
Allo scioglimento dell'Iri la Fintecna aveva tre miliardi:
uno venne congelato per eventuali debiti, per gli altri due la Comunità europea
disse all'Italia che sarebbe stato opportuno destinare quella somma ad alleviare
il deficit statale. Soltanto allora Berlusconi prese in mano la situazione e
convinse Bruxelles a destinare quella somma ad una grande opera a favore del
Sud, e quest'opera venne individuata nel Ponte per un semplice motivo: la vita
del Ponte è prevista in due secoli, il 60 per cento della somma la metterebbero
i privati in cambio dei pedaggi. E siccome il Ponte dopo 30 o 50 anni tornerà
allo Stato, che potrà riaffittarlo per altri 150 anni, ecco che l'Italia non
solo rientrerà dei due miliardi di euro, ma ce ne guadagnerà tanti altri. La
Comunità europea se ne convinse e dette lo sta bene per vincolare quei due
miliardi alla realizzazione del Ponte, un'opera in cui ci si guadagna e non si
perde nulla.
Quindi questa è un'opera pubblica, una delle più importanti
e certamente la più prestigiosa, la cui preparazione dura da 35 anni, siamo ai
tempi di Moro, non certo dal governo di centrodestra. Berlusconi ha solo avuto
il merito, da imprenditore geniale, di avere visto l'utilità del Ponte non solo
a favore dello sviluppo della più grande isola del Mediterraneo, ma della rete
europea dei trasporti, che invece di fermarsi a Napoli scenderebbe sino in
Sicilia attraverso il Ponte chiudendo il «corridoio 1 Berlino-Palermo».
Detto questo, ne consegue che se il governo Prodi non vuole
fare il Ponte - che pure era nel programma elettorale del centrosinistra nel
2001 - i due miliardi di euro della società «Stretto di Messina» prenderanno il
volo, magari a favore della Tav in Val di Susa che la sinistra vuol fare
tentando di convincere i contrarissimi valligiani che è necessario collegarsi
con la Francia e il «corridoio 5» Lisbona-Kiev. Mentre invece che il Ponte
colleghi la Sicilia e i suoi 5 milioni di abitanti con l'Europa non gliene frega
niente a nessuno, perché «deserto strutturale » è, e che resti tale. Perché è
chiaro che se non c'è il Ponte in Sicilia non arriveranno i treni veloci, in
Sicilia non arriveranno i grandi flussi turistici, la Sicilia importerà ed
esporterà con tempi anteguerra e resterà cristallizzata nella sua «isolitudine».
Aggiungiamo solo che una ricerca del Cnr affidata
all'Università di Napoli stabilì che il solo indotto turistico del Ponte avrebbe
creato 15 mila posti di lavoro anche per l'apertura del fronte mare di Messina.
E ricordiamo che Fassino tre anni fa alla Fiera di Bari, davanti al plastico del
Ponte, disse di essere «favorevole perché sono industrialista». Lo stesso Prodi
nel 1996 dichiarò che il tempo che un treno ci mette a traghettare dalla Sicilia
alla Calabria si può coprire in auto la Napoli-Roma. Ora il centrosinistra ha
dimenticato tutto per non scontentare Bertinotti, Pecoraro Scanio e Diliberto,
che già dicono di destinare quei soldi del Ponte alla Salerno-Reggio Calabria.
Ma non era stata già finanziata?
Ci dispiace insistere sull'argomento in periodo di campagna
elettorale, ma ripetiamo che il Ponte non appartiene a nessun partito, è solo
una grande opera dell'ingegno dell'uomo che porta progresso. Se Roma ignora la
Sicilia, è il momento in cui la Sicilia deve fare valere il proprio diritto al
futuro, perché finora nel programma Prodi per noi c'è solo il fumo negli occhi
delle «autostrade del mare».
Nell'85 Prodi disse:
«Farò il Ponte»
La Regione siciliana si affidi all'Unione europea per
premere su Roma, o lanci una gara internazionale
Raffaele Lombardo
«Un comitato per sostenerne la costruzione»
Catania 24.5.2006 «Costituire un comitato popolare formato
da cittadini, imprenditori, intellettuali, giovani, associazioni di volontariato
e di categoria per attuare varie forme di mobilitazione per sostenere politiche
di sviluppo infrastrutturale ed economico-sociale in Sicilia. È necessario che
la Sicilia abbia il Ponte sullo Stretto - afferma il fondatore del Mpa - che,
peraltro, non avrebbe bisogno di finanziamenti aggiuntivi statali, madre di
tutte le altre infrastrutture, stradali, ferroviarie e portuali ad esso
collegate. Occorre che venga applicata la fiscalità compensativa o di vantaggio
per il Sud, che nei mesi scorsi ha ricevuto il via libera dal Parlamento
Europeo, indispensabile per attrarre investimenti e occupazione; che venga
differita l'attivazione dell'area di libero scambio euro-mediterranea prevista
per il 2010; che si definisca con date certe un piano di smobilizzo delle
raffinerie di petrolio con relativa creazione di corrispondenti posti di
lavoro». Le adesioni alle iniziative possono darsi anche su Internet ai siti
mpa-sicilia.it oppure mpa-italia.it
L'annuncio del 1985
Tony Zermo
Catania 24.5.2006 Forse venerdì prossimo il Consiglio dei
ministri deciderà il destino del Ponte sullo Stretto. Ad andare bene, vista
l'opposizione di Verdi, Rifondazione e partito dei comunisti italiani, Prodi
probabilmente dirà di «approfondire la questione finanziaria relativa
all'opera», rimandando il problema ad altra data. Ma ha poco margine perché
metterebbe a rischio la tenuta del governo che poggia anche sulla gamba sinistra
e perché è vincolato dal concordato programma di 281 pagine dove il Ponte non
appare, così come non c'è la Tav in Val di Susa. Ma può questo governo congelare
le grandi opere che sono il presupposto per lo sviluppo del Paese?
Prodi è in grande imbarazzo. Sentite cosa disse in
un'intervista apparsa su «Panorama» il 15 settembre 1985. Il titolo
dell'articolo era questo: «Il Ponte lo faremo, parola di Prodi». E nel testo
l'allora presidente dell'Iri diceva: «Metteremo presto la prima pietra. Del
resto è già in discussione alla commissione congiunta Lavori Pubblici e
Trasporti il decreto legge n. 1216, promosso dal ministro Signorile, che prevede
l'erogazione in tre anni di 220 miliardi per passare alla progettazione entro il
1987 e l'apertura dei cantieri entro il 1989. Non sarà certo l'Iri a porre
ostacoli alla progettazione di un'opera definita all'unanimità dal nostro
Parlamento di "prevalente interesse nazionale"».
E l'intervista di Prodi così continuava: «L'Italstat sarà
il general contractor. Sia nel campo degli acciai che dei lavori edili, l'Iri
intende ricorrere all'intervento privato e possibilmente a imprese meridionali.
Ma non è detto che per aspetti molto specifici non ci si debba rivolgere al di
fuori dei confini italiani». E sull'utilità del Ponte precisava: «Oggi la
produttività del settore agricolo e delle industrie di trasformazione e
manufatturiera della Sicilia è fortemente ostacolata da questa barriera
naturale. Secondo stime attendibili, con un collegamento stabile i costi di
trasporto calerebbero del 13%, senza parlare della maggiore rapidità negli
spostamenti. Oggi , per esempio, se l'uva Italia di Caltanissetta arriva ad
Amburgo in tre giorni riesce a spuntare un prezzo soddisfacente; se arriva dopo
sette giorni il prezzo cala del 30%; se ci mette più di una settimana non viene
ritirata. Anche per l'economia calabrese i vantaggi sarebbero naturalmente
molti, e importantissimi».
E Prodi dichiarava queste cose nell'85 quando in Italia non
si parlava nemmeno di alta velocità ferroviaria che aumenta per dieci volta
l'utilità del Ponte e che ha avuto proprio per questo il co-finanziamento
dell'Unione europea e la sua inclusione nel «corridoio 1 Berlino-Sicilia» nel
quadro della rete di comunicazioni della Grande Europa.
Prodi è una persona seria e non può certo dimenticare che
anche da presidente della Commissione europea aveva dato il via libera al Ponte,
che del resto era stato anche nei programmi del centrosinistra. Il problema è
che si trova prigioniero della sinistra massimalista che non vuole il Ponte
anche a costo di sfasciare tutto. Dubitiamo che con questi chiari di luna riesca
a fare ragionare i Pecoraro Scanio e i Diliberto, così come sarà difficile
convincere i valsusini dell'utilità della Tav che libererebbe la valle dalle
colonne dei Tir.
E allora, in questa situazione di stallo, bisogna trovare
altre strade. Una può essere quella dell'Unione europea che su sollecitazione
della nostra Regione può prendere un'iniziativa autonoma per intervenire sul
governo di Roma. Mentre il nostro centrosinistra non considera «prioritario» il
Ponte, per l'Europa questa è un'opera prioritaria e fondamentale per collegare
con i treni ad alta velocità anche la Sicilia e completare il «corridoio 1». Se
la Sicilia è Regione svantaggiata per la sua perifericità geografica e per il
suo sviluppo ritardato rispetto alle Regioni del centro-nord, il Ponte è l'unica
super-struttura in grado di svincolare l'Isola dalla sua subalternità economica.
Quindi potrebbe essere l'Unione a far capire a Roma che non può fare
disinvoltalmente marcia indietro dopo tutto il lungo iter approvativo.
La seconda strada è una «provocazione». Non si vogliono
dare i due miliardi di euro destinati al Ponte perché il governo ritiene di
avere altre necessità più impellenti? Ebbene, che lo lasci fare alla Regione
siciliana - e per essa la società «Stretto di Mesina» - che può lanciare una
sottoscrizione internazionale. Siamo convinti, e non crediamo di sbagliare, che
se si offre il Ponte più lungo del mondo con i suoi pedaggi - che sarà possibile
sfruttare durante la «vita» dell'opera lunga duecento anni - grandi imprese
internazionali, banche, azionato popolare possono mettere i capitali necessari.
Il progetto di massima c'è, bisogna solo fare quello definitivo per aprire i
cantieri. E' un'impresa affascinante e oggi il mondo degli affari va cercando il
modo migliore per investire i capitali. Già questa «provocazione» l'aveva
raccolta Sergio D'Antoni: «Facciamolo fare con i soldi dei privati». Ma tutto
questo sarebbe possibile solo a patto che il governo Prodi dichiari
ufficialmente e senza mezzi termini che l'opera si può fare a spese dei privati,
altrimenti nessun investitore sarebbe disponibile a correre rischi in un quadro
politico-normativo incerto, se non ostile.
Ricordiamo anche che le Ferrovie dello Stato, che con i
traghetti sullo Stretto perdono ogni anno 100-150 milioni di euro, avevano
sottoscritto una convenzione con la società del Ponte per il passaggio dei treni
pagando un canone annuo di 100 milioni di euro per trent'anni, il che fa tre
miliardi di euro. Finanziariamente sarebbe un'eccellente base di partenza.
Catania 26.5.2006 Che il Ponte sarebbe stato una grana del
nuovo governo era prevedibile. La sinistra ha preteso la sua esclusione dal
programma, ma Prodi cosa potrà dire a Bruxelles che l'aveva incluso nella rete
trasporti della Grande Europa e aveva anche deciso di co-finanziarlo? Il nuovo
ministro dei Trasporti Alessandro Bianchi (Pdci) ieri se n'è uscito con una
delle sue.
«I perdigiorno del Ponte farebbero meglio a guardarsi
intorno e impegnarsi per la statale jonica e per le altre infrastrutture della
Calabria e della Sicilia».
L'uomo dal bianco capello fluente è professore della poco
conosciuta università del Mediterraneo di Reggio Calabria. Sostiene di avere
studiato il Ponte per decenni, ma deve avere la vista corta perché non si è
accorto della vergogna degli imbarcaderi di Villa San Giovanni, delle colonne di
Tir di Messina e dei patetici traghetti dello Stato che perdono un miliardo di
lire ogni 24 ore. Che il perdigiorno sia lui?
T. Z.
«Il Ponte, una cartina al tornasole per il Paese»
Non so se il mio sia uno stato d'animo personale o trattasi
di un sentimento generale d'insoddisfazione, più diffuso, quello che si coglie
verso quest'Italia d'oggi che manifesta molte crepe: dalla politica allo sport,
dall'economia alla sicurezza, dalla scuola al lavoro, dalla giustizia alla
sanità, fino a raggiungere il nostro personale modo di essere. Non basta una
personale dose d'ottimismo, né aprire il cuore alla speranza, perché ogni
rimedio sembra inutile a contrastare questo senso di declino generale che invade
un po' tutti i settori della vita sociale. L'attuale vicenda sul ponte di
Messina è un po' la cartina di tornasole, meglio, il punto di collisione tra
speranza e delusione. Sulla questione ognuno, singolarmente, può alzare o
abbassare il pollice in segno d'adesione o disaccordo, ma allorché approfonditi
studi ne hanno sancito la fattibilità da tutti i punti di vista (economici,
ambientali, di sicurezza), tornare sull'argomento è un metodo tipicamente
italiano, in nome del quale è vero tutto ed il contrario di tutto. Che certezza
può esprimere un futuro, in cui il presente è continuamente messo in
discussione? Che insegnamento si trasmette ai giovani se anche l'ovvietà è un
teorema di dimostrare? Il ponte? Solo un esempio, forse il più insignificante in
questo mare magnum d'incertezze quotidiane che contraddistingue la nostra vita.
Il resto è peggio: sanità, giustizia, lavoro, sicurezza, famiglia, affetti
sembrano zattere alla deriva di cui sconosciamo il punto d'approdo, se approdo
ci sarà mai. L'Italia vista così appare come un seminario di studio permanente,
un cantiere aperto in cui le discussioni, perenni, pedanti, defaticanti,
somigliano alla tela di Penelope, il cui fine era annegarsi nell'infinità di
un'attesa senza tempo. Quando, spesso, penso all'insensata tristezza del
presente immagino il poeta latino Orazio che poggiando la sua mano sulla mia
spalla, mi sussurra:. "carpe diem". Un tipo di filosofia che se va bene per un
uomo canuto, mal si concilia con un giovane proiettato a programmare il suo
futuro. Eppure questa è l'amara realtà dell'oggi.
Saro Pafumi
"Il ponte lo vedrà mio
figlio"
PALERMO - "Il ponte lo vedrà mio figlio: non vedo il ponte
come un demonio ma le priorità sono altre, devono essere compatibili con le
risorse che sono quello che sono". Il presidente del Consiglio Romano Prodi, a
Palermo per una manifestazione elettorale a sostegno della cabdidata dell'Unione
Rita Borsellino, è ritornato su uno degli argomenti più dibattuti da quando il
nuovo governo si è insediato.
"Ho visto - ha aggiunto il premier - che sono state tirate
fuori interviste su questo argomento di quando ero presidente dell'Iri. Non mi
sono pentito, non ho nulla contro il Ponte, ma quando vedo che non c'è
un'autostrada che ci arriva e quando so che a Palermo l'acqua arriva razionata e
le ferrovie sono quello che sono mi chiedo quali siano le priorità".
Per Prodi "la Sicilia tutta è appoggiata da tutto il
governo. Sono qui - ha sottolineato - per testimoniare l'appoggio, la stima e
l'affetto per Rita Borsellino, ma anche per testimoniare la presenza dello Stato
in Sicilia". Il premier ha quindi osservato: "Questa è una battaglia di
cambiamento che ha risvolti non solo politici ma anche etici profondi. Così come
nel confronto tra Berlusconi e Prodi non c'era solo uno scontro politico ma un
tipo di sviluppo futuro dell'Italia. Questo fatto è testimoniato dalla presenza
di tante televisioni e giornalisti stranieri".
Prodi ha attaccato esplicitamente "i ministri siciliani del
precedente governo che non hanno lavorato per l'interesse della Sicilia. Abbiamo
una struttura con viceministri e sottosegretari siciliani di grandissimo
rilievo. E' la qualità della politica che determina gli interessi della
Sicilia".
Il premier ha poi affermato che "il governo vuole
organizzare progetti specifici in cui Palermo e Catania siano coinvolte per
mettere in pratica il cambiamento del rapporto culturale nel Mediterraneo".
Prodi ha parlato anche delle necessità di promuovere "università miste per
studenti delle due sponde". E ha aggiunto: "O mescoliamo le due culture o
abbiamo un concetto astratto del Mediterraneo".
Secondo il presidente del Consiglio occorre passare dalla
"teoria della realtà mediterranea" alla pratica: "Da Palermo per andare a Tunisi
- ha ricordato - bisognava passare per Roma, non so se sia ancora così". A
questo punto un immigrato si è alzato dalla platea e ha urlato: "Presidente
pensi a noi". "Non c'è progetto per gli immigrati - ha risposto Prodi - che non
passi per lo sviluppo della Sicilia".
"Penso che la Bossi-Fini vada cambiata - ha aggiunto -, ne
sono convinto, ma finché non si cambia è in vigore. Ma comunque è possibile
produrre innovazioni molto forti: oggi ho dato disposizione di fare un
comunicato in cui mettiamo in fila in agenda alcune proposte per l'attività di
governo, tra queste, le nuove regole di cittadinanza. Che sono l'adeguamento di
un paese alle regole di civiltà. Non c'è bisogno di rivoluzioni per fare
cambiamenti".
A proposito delle dichiarazioni di Silvio Berlusconi sulla
mobilitazione delle piazze, Prodi ha replicato: "Vi sembra che io abbia tirato
troppo la corda? Non ho alzato la voce e non la alzo. Ho la disgrazia di avere
vinto le elezioni... E' inutile che lui cerchi di alzare la voce come se le
avesse vinte lui e fosse stato spodestato dal governo. Le elezioni sono state
controllate interamente dal ministero dell'Interno. A volte bisogna anche
perdere e Berlusconi è la secoda volta che perde da me. Come si dice in Emilia,
dovrebbe farsene una ragione".
Infine il premier ha detto che "le amministrative non sono
un test per il governo", rispondendo alla domanda di un giornalista. "Non
abbiamo ancora cominciato a governare", ha spiegato il premier, che tuttavia ha
aggiunto di "considerare le regionali e le amministrative un passaggio
importantissimo per la Sicilia e le altre amministrazioni".
La manifestazione elettorale si è conclusa con un applauso
lunghissimo e ritmato, che ha costretto più volte Rita Borsellino ad alzarsi per
ringraziare la platea, suggellato da un lungo abbraccio con Romano Prodi. "La
Sicilia - ha detto Borsellino nel suo discorso, davanti a numerosi esponenti di
primo piano del centrosinistra - è stata timida, poco capace di esprimere quello
che voleva. Si è lasciata violentare, comprare, troppi diritti negati".
La candidata dell'Unione, citando il suo slogan elettorale,
ha ringraziato il presidente Prodi "di aver scelto di venire a Palermo in un
momento come questo in cui la Sicilia sta vivendo 'un'altra storia'". "Per la
prima volta - ha concluso - centinaia di giornalisti e troupes televisive di
tutto il mondo sono venute qui non perché hanno ammazzato qualcuno o hanno
arrestato qualcun altro".
26/05/2006
lombardo
«Il ponte va fatto»
«Se Prodi non realizzerà il ponte salteranno tutte le altre
infrastrutture». Il leader del Mpa Raffaele Lombardo lancia l'allarme e annuncia
una manifestazione popolare.
Andrea Lodato4
Tony Zermo
Prodi ha detto: «Il Ponte lo vedrà mio figlio». Scusi,
presidente, non sappiamo quanti anni abbia suo figlio, ma non possiamo
anticipare, in modo da vederlo pure noi? Oppure voleva dire che lo vedranno i
suoi nipoti, che forse è più vero? Perché, se prima si debbono fare le ferrovie
e le autostrade, solo i nostri nipotini potranno passare un giorno su quel
Ponte. Non comprendiamo però perché non si possano fare «contemporaneamente» la
Salerno-Reggio Calabria e le ferrovie assieme al Ponte, diciamo entro il 2014,
che è comunque un bel lasso di tempo.
Ci fa piacere che non abbia detto le stesse cose di Vendola
(«Il Ponte unisce da cosca a cosca») o di Cofferati («Unirebbe due deserti
infrastrutturali») perché lei è un economista serio e sa che il Ponte più lungo
del mondo darebbe una spinta fortissima al turismo e ai trasporti. Ma lei non
può mettere a repentaglio la tenuta del governo per il Ponte perché sa che la
sinistra talebana gliela farebbe pagare. Perciò è costretto a dire che non è una
priorità e che non ci sono i soldi. A parte che i soldi ci sarebbero, le
facciamo una proposta non indecente: offra il progetto ai gruppi internazionali
in cambio dei pedaggi e vedrà che l'opera si farà senza un euro dello Stato.
Così magari su quel Ponte ci passiamo pure noi.
miccichè
«Sicilia punita col no al Ponte»
il premier, a
palermo con la borsellino, congela l'opera sullo stretto
Prodi: il Ponte lo vedrà mio figlio
Le priorità: cuneo fiscale, lavoro al Sud, ritiro dall'Iraq, quote
rosa, alt a riforme scuola e giustizia
in sicilia. Ieri a Palermo per la chiusura della campagna
elettorale della Borsellino, Prodi ha «congelato» il Ponte: «Lo vedrà mio figlio
- ha detto -. Le priorità per la Sicilia sono altre».
priorità. Quanto alle priorità generali, il governo ha
messo a punto l'agenda dei primi provvedimenti. Fra questi, il taglio del cuneo
fiscale, agevolazioni per le assunzioni, le quote rosa, la revisione delle
riforme della scuola secondaria e della ex Cirielli, il ritiro dall'Iraq.
ritiro militare pieno. D'Alema ha precisato che il governo
punta a un «ritiro militare pieno»: in Iraq quindi non dovrebbero rimanere
militari italiani.
bellucci, caputo, miceli3, 4, 7
Lillo Miceli
Palermo. Chissà perché, quando si chiede a un esponente del
nuovo governo il motivo per cui non si debba realizzare il ponte sullo Stretto
di Messina, cambia di umore. Accade persino al tranquillo presidente del
Consiglio, Prodi, che ha alterato il suo tono monocorde anche in un'altra
occasione: quando gli è stato chiesto il motivo dell'assenza di ministri
siciliani nel suo Gabinetto: «Addirittura, sono state tirate fuori mie
interviste sul ponte di quand'ero presidente dell'Iri. Non mi sono pentito, non
ho nulla contro il ponte, ma quando vedo che non c'è un'autostrada che ci arriva
e, quando so che l'acqua a Palermo è razionata e le ferrovie sono quelle che
sono, mi chiedo quali siano le priorità. Il Ponte lo vedrà mio figlio: non vedo
il ponte come un demonio, ma le priorità sono altre e devono essere compatibili
con le risorse che sono quelle che sono».
Nel capoluogo siciliano, grazie ai due acquedotti
realizzati nel '03, l'acqua non manca mai. «Era razionata - ha ricordato l'on.
Germanà - quando era sindaco Orlando». E sulla mancata nomina di ministri
siciliani: «Abbiamo una struttura con viceministri e sottosegretari siciliani di
grandissimo rilievo. E' la qualità della politica che determina gli interessi
della Sicilia. I ministri siciliani del precedente governo, non hanno lavorato
per l'interesse della Sicilia». Ma avrebbero potuto esserci, nel governo di
centrosinistra, siciliani in grado di saper fare gli interessi della propria
terra. Si suppone.
Sono stati parecchi i temi affrontati dal presidente del
Consiglio nel corso della manifestazione in sostegno di Rita Borsellino,
candidata dell'Unione alla Presidenza della Regione, che si è svolta nei saloni
di palazzo Butera. Manifestazione a cui hanno partecipato Agnese Borsellino,
vedova del magistrato assassinato dalla mafia e cognata di Rita, così come Maria
Falcone, sorella di Giovanni, e Vincenzo Agostino, padre di Antonino, il giovane
poliziotto assassinato dalla mafia insieme con la giovane moglie quasi quindici
anni fa, che ha chiesto di conoscere la verità sulla morte del figlio, essendo
le indagini coperte dal segreto di Stato.
«La Sicilia tutta - ha aggiunto Prodi - è appoggiata da
tutto il governo. Sono qui per testimoniare l'appoggio, la stima e l'affetto per
Rita Borsellino, ma anche per testimoniare la presenza dello Stato in Sicilia.
Questa è una battaglia di cambiamento che ha risvolti non solo politici, ma
anche etici profondi. Così come nel confronto fra Prodi e Berlusconi non c'era
solo uno scontro politico, ma un tipo di sviluppo futuro dell'Italia».
Per Prodi, che ha annunciato una missione in Cina, non
bisogna perdere il treno del decollo economico dei Paesi asiatici le cui merci
verso l'Occidente transiteranno sempre più sulle rotte del Mediterraneo. «Dopo
avere perso il treno degli investimenti Usa e di quelli europei - ha
sottolineato - non possiamo perdere quelli asiatici». E la Sicilia, grazie alla
sua posizione geografica, può giocare un ruolo determinante sia per il proprio
sviluppo sia per quello dell'Italia: «La Sicilia non è una piccola parte, ma è
il 10% del Paese. Senza il contributo e senza il suo cambiamento, l'Italia non
ce la fa».
Per questo motivo, fra i provvedimenti che saranno presi
presto in esame vi è il cosiddetto «pacchetto Sicilia» elaborato dai
parlamentari isolani che contiene soprattutto provvedimenti per l'innovazione e
la ricerca. «La riduzione del cuneo fiscale - ha affermato Prodi - anche per la
ricerca e lo sviluppo può essere un'importante leva».
Si deve rinnovare l'economia, sviluppare la ricerca, dare
nuove possibili ai giovani. Ma anche la politica, secondo Prodi, deve
rinnovarsi, utilizzando lo strumento delle primarie: «Il passaggio delle
primarie è stato utilissimo per la Sicilia. Credo che dobbiamo continuare a
puntare fortemente sull'innovazione e la concorrenza anche nel mondo politico».
Quindi, chi ha già svolto importanti ruoli istituzionali, anche a livello
amministrativo, si faccia da parte. Chi ha orecchie per intendere, intenda.
Question time.
«La Tav fino a Reggio non è programmata, forse
arriverà nel 2015-2020»
Rutelli: «Ma quale Ponte?»
1.6.2006 Il vicepremier Rutelli al question time ha
liquidato la domanda sul Ponte senza nemmeno parlarne: «Per l'alta velocità al
Sud non c'è alcuna programmazione, si stima che arriverà fino a Reggio tra il
2015 e il 2020. Il precedente governo per le ferrovie in Sicilia ha previsto
solo le linee ordinarie Catania-Palermo e Castelbuono-Patti». Sul problema delle
risorse il ministro Di Pietro in un dibattito ha detto che l'autostrada
Salerno-Reggio Calabria, diventata impercorribile, e la Catania-Siracusa sono
prioritarie e che «bene ha fatto il governo Berlusconi a programmare le grandi
opere che abbiamo il dovere di portare a buon fine». Ma anche lui di Ponte non
parla.
tony Zermo5
Le bugie hanno le gambe corte. Guardate cosa disse Rutelli
a Messina durante la campagna elettorale del 2001 (precisamente il 26 maggio)
quando era il candidato premier del centrosinistra: «Il Ponte pronto nel 2012.
Vi dò appuntamento il 2 giugno». Tanto che quello bello spirito del nostro
vignettista Totò gli chiese: «Scusi, a che ora?». Adesso fa finta di non
ricordarselo più. Peggio: non ne parla neppure, nonostante che al question time
gli sia stata fatta una domanda precisa. Ma quale Ponte? Ha svicolato sulle
«ferrovie ad alta velocità che arriveranno a Reggio Calabria nel 2015-2020»,
lasciando intendere che il Ponte, essendo parte finale del corridoio
Berlino-Sicilia, se non c'è la Tav non c'è di conseguenza neppure il Ponte.
Almeno sino al 2030.
Strano modo di fare politica e promesse. Ma non era uno di
quelli che accusava Berlusconi di essere un «piazzista di sogni»? Almeno il
Cavaliere sul Ponte si era scommesso e lo voleva fare davvero perché sapeva che
con 200 anni di pedaggi (tanto sarebbe la «vita» del Ponte), sarebbe stato un
buon affare. *
La lettera
Tony Zermo
Il Ponte è stato liquidato (senza nemmeno nominarlo) dal
vicepremier Rutelli in sei minuti al primo question time della nuova
legislatura: un minuto per la domanda di Giuseppe Reina dell'Mpa che chiedeva
del Ponte, tre minuti per la risposta, due per la replica. «Allo stato attuale
non c'è alcun documento di programmazione che preveda linee ad alta velocità
ferroviaria nel territorio della regione siciliana. Il programma delle opere
strategiche ereditato dal precedente governo ha determinato esclusivamente
l'introduzione dell'alta velocità nella linea Battipaglia-Reggio Calabria e nel
territorio siciliano due interventi su linee ordinarie tra Palermo e Catania e
tra Castelbuono e Patti. La prosecuzione della Tav sino a Reggio tuttora si
trova nelle primissime fasi di studio e gli stessi strumenti di programmazione
stimano la sua realizzazione oltre il 2015-2020». Dopo questa mazzata Rutelli,
che ha ignorato la domanda sul Ponte, conclude con queste parole fumose:
«L'ammodernamento delle strutture in Sicilia e nel Mezzogiorno rappresenta uno
dei punti più importanti di sviluppo per il ritorno alla crescita non soltanto
del Sud e delle Isole e rappresenta una delle priorità del governo». Scusi,
come?
Così in via ufficiale e in 360 secondi la decima parte
della popolazione italiana, cioè i siciliani, ha appreso che dovrà passare
sostanzialmente un'altra generazione prima di parlare concretamente di Ponte e
della connessa alta velocità ferroviaria, mentre già dall'inizio di quest'anno
la tratta Roma-Napoli è percorsa dai treni veloci in un'ora. Nel frattempo
l'autostrada Salerno-Reggio è impercorribile e pericolosissima a causa dei
numerosi cantieri che vanno a passo di lumaca, e inoltre alle imboccature dei
traghetti di Messina e Villa San Giovanni le società private, che praticamente
sono le «padrone dello Stretto», applicano le tariffe in modo incontrollato
(leggere a parte la protesta di un autotrasportatore) e dimezzano le «corse»
triplicando i tempi di attraversamento. Siamo in mano a un governo che parla di
«vie del mare», di porti e interporti quando in Sicilia siamo ancora all'anno
zero e non si accorge che un'isola di cinque milioni di abitanti è prigioniera
di un'autostrada infernale e dei signori dei traghetti.
Il Ponte risolverebbe tutto, anche perché l'ha chiesto
l'Unione europea, che non è l'ultima congrega di imbecilli. Ma il Ponte non si
fa in ossequio a Pecoraro Scanio, Diliberto e Rifondazione comunista. Questa è
la verità vera.
Il Ponte non è né di destra e né di sinistra, ma è
inevitabile ricordare che il governo Berlusconi aveva dato assoluta priorità
all'opera nella convinzione che contestualmente anche ferrovie e autostrade
avrebbero accelerato programmazione e lavori, per cui nel 2014 i primi treni
veloci avrebbero potuto transitare sul Ponte. Ora Rutelli ci dice che il governo
verso il 2020 dovrebbe fare arrivare l'alta velocità a Reggio. E poi si immagina
che si parlerà di Ponte. Quando, nel 2030? E nel frattempo i due miliardi di
euro destinati all'opera - e che dovrebbero essere nella disponibilità della
società «Stretto di Messina» - che fine faranno?
Con le sorti della Sicilia sono in molti a giocarci.
Secondo l'agenzia di stampa «Il velino», nel 1999, sotto il governo D'Alema, il
Cipe incaricò l'advisor «PriceWaterHouseCoopers» di esaminare la fattibilità
tecnica ed economica del Ponte. L'advisor si servì della consulenza del
Consorzio Istituto superiore dei trasporti (Cisut) costituito dall'Università
Mediterranea di cui era rettore il prof. Bianchi, attuale ministro dei
Trasporti, e dalla società di traghettamento «Caronte». Non è quindi così
irreale pensare - conclude «Il velino» - che «i dati forniti dal Cisut abbiano
potuto subire influenza per la semplice esistenza di soggetti in evidente
conflitto di interessi». In pratica i dati sulla convenienza del Ponte sono
stati forniti da un consorzio dove c'era la Caronte, evidentemente interessata a
mantenere il proficuo servizio traghetti sullo Stretto. La conclusione
dell'advisor offrì del resto diverse valutazioni senza esprimere un parere
sull'utilità del Ponte e suggerendo «soluzioni alternative» come le «vie del
mare».
La domanda ora è questa: cosa fare? La risposta è cocente:
purtroppo «niente», perché a livello romano la Sicilia non pesa e il governo
Cuffaro sull'argomento non ha possibilità di interlocuzione. Il fondatore di
Mpa, Raffaele Lombardo, è deciso a dare battaglia per il Ponte, ma su quali leve
politiche può agire? Che tipo di pressione si può fare su Prodi? La risposta
ancora non la conosciamo.
Attraversare lo Stretto dalla Sicilia costa di più
Riceviamo e pubblichiamo:
Sono un commerciante costretto a viaggiare dalla Sicilia
verso il resto dell'Italia per questioni prettamente lavorative. Vorrei
denunciare il fatto che si verifica da circa due mesi relativo al passaggio
dello Stretto di Messina e che mi lascia senza spiegazioni.
Precedentemente potevo acquistare il biglietto del
traghetto, utile a trasportarmi con il mio mezzo commerciale da una sponda
all'altra dell'Italia, per un costo pari a 62 euro, per un mezzo di metri 6,
valido per un viaggio di andata e ritorno. La situazione è improvvisamente
cambiata a scapito esclusivo dei residenti in Sicilia. Dalla Sicilia possiamo
acquistare un biglietto di sola andata, e non più di andata e ritorno, al costo
di 33 euro. Una volta arrivati in Calabria (Italia!) se vogliamo ritornare a
casa il costo del biglietto arriva a 52 euro.
L'opzione che può abbassare la spesa consiste nel fare il
biglietto di andata e ritorno esclusivamente nei punti vendita della Calabria,
al costo di 62 euro o 70 euro (il presso varia in base al punto vendita in cui
si fa il biglietto).
La realtà è la seguente: un siciliano, o comunque chi parte
dalla Sicilia, può acquistare la corsa di sola andata, e quando vuole rientrare
acquista il biglietto con un aumento pari al 40%, oppure lo fa dalla Calabria
andata e ritorno, e mantiene un credito pari a una corsa da effettuare entro un
mese dalla data di emissione. Se non si intende utilizzare il credito la società
garantirebbe un rimborso in misura sconosciuta, chiedendo di avere indietro la
copia originale del biglietto a mezzo posta (no raccomandata).
Inoltre è praticamente impossibile utilizzare il
call-center della società: una volta presa la linea, si interrompe
misteriosamente la comunicazione.
Comunque, una spiegazione di questa disparità che sono
riuscito a reperire è che in Calabria la biglietteria è unificata con le
Ferrovie dello Stato, in Sicilia no!
Spero che questa mia denuncia possa sollecitare chi di
dovere a risolvere tale ingiustizia nei confronti di noi siciliani.
Giuseppe Caruso
Misterbianco (Ct)
Bianchi tra incarichi e conflitto d'interesse
Tony Zermo
Catania 11.6.06 La manifestazione di lunedì pro-Ponte con
diecimila persone e 50 sindaci, oltre al presidente della Regione, è stata
sostanzialmente ignorata dai giornali e dalle Tv nazionali ai quali i problemi
della Sicilia non interessano per nulla, a meno che non si tratti di fatti di
mafia. Da Bruxelles il vicepresidente della Banca europea degli investimenti,
Gerlando Genuardi, fa sapere che «il nuovo governo italiano pare abbia
accantonato il progetto del Ponte, visto che nessuna richiesta riguardo a
finanziamenti ci è stata avanzata nonostante sia inserito nel corridoio
Berlino-Palermo»: e quindi per il governo Prodi il discorso Ponte non esiste
proprio. In questa stessa pagina pubblichiamo un articolo che spiega come i
ponti nel mondo abbiano portato forti fattori di crescita, ma non ci pare che i
nuovi governanti abbiano voglia di saperne qualcosa.
E mentre discutiamo di Ponte o non Ponte, non ci accorgiamo
che l'economia siciliana è prigioniera dei Signori dei traghetti privati.
Lasciamo stare il fatto che il sindaco di Messina Francantonio Genovese sia
comproprietario della società di traghetti e quindi si trova in pieno conflitto
di interessi (dovrebbe dimettersi o stare zitto, altro che indignarsi per la
manifestazione indetta lunedì dal Movimento per l'autonomia). Lasciamo stare che
il nuovo ministro dei Trasporti Alessandro Bianchi, essendo stato consulente
(pagato) per fornire dati sul rapporto costi/ricavi e sull'attività dei
traghetti privati, si trova in posizione di sospetto interesse privato. Ma qui
c'è il fatto gravissimo della strozzatura agli imbarchi. Come sapete, per
evitare che i Tir scendessero da Boccette e incasinassero il centro di Messina,
causando purtroppo anche incidenti, si è realizzato a sud della città, a
Tremestieri, un secondo approdo per i veicoli commerciali. Ma se prima si
impiegava un'ora e mezzo, adesso ci vogliono tre ore, e senza ripari sotto il
sole.
«Gli autotrasportatori vengono trattati come bestie - dice
Giuseppe Bulla, presidente regionale della Fai (Federazione autotrasportatori
italiani) -, non ci sono aree di stoccaggio, non ci sono servizi elementari, non
ci sono pensiline, non c'è nulla di nulla. Hanno aperto questo terminal di
Tremestieri e solo adesso si sono resi conto che non ci sono zone di stoccaggio
e che quindi i mezzi si debbono formare sull'autostrada. Si scopre che gli
scivoli sono soltanto due e che di conseguenza possono approdare solo due navi.
In sostanza si sono raddoppiati i tempi. Poi quando ci sono le mareggiate le
correnti forti vanno a sbattere sugli scivoli per cui non si può accedere alle
navi e quindi gli automezzi scortati dalla polizia stradale attraversano tutta
Messina lungo via La Farina per imbarcarsi dove si è sempre imbarcato. Ora hanno
promesso di fare l'area di stoccaggio, ma nell'attesa per evitare intasamenti a
Tremestieri abbiamo chiesto di poterci imbarcare via Gazzi, evitando la discesa
a Boccetta che tante proteste, anche giuste, ha suscitato. Tenga presente che lì
arrivano con i camion tutte le produzioni della Sicilia centro-orientale e che
utilizzare i traghetti delle ferrovie è un'ipotesi impraticabile».
Bulla sulla questione ha presentato un ricorso al Tar. Ma
non è solo questo, c'è anche una questione di tariffe: «Hanno abolito lo sconto
che c'era prima perché vogliono farci pagare il fatto che il percorso da
Tremestieri a Villa San Giovanni è più lungo di mezzo miglio. Prima un camion
andata e ritorno pagava sui 65 euro, ora si paga 160 euro. In sostanza si sono
raddoppiati tempi e tariffe. In queste condizioni come possiamo esportare i
prodotti siciliani, quando poi, attraversato a fatica lo Stretto, ci troviamo di
fronte un'autostrada Salerno-Reggio Calabria disseminata di cantieri aperti e di
deviazioni?».
Qualcuno dirà: ma ci sono le «autostrade del mare», perché
non si utilizzano quelle per superare la strozzatura dello Stretto e i disagi
dell'autostrada dai lavori infiniti? Bella domanda. La risposta è questa: le
«autostrade del mare», almeno per il momento, sono suggestioni per gli allocchi,
in realtà non esistono, almeno per quanto riguarda la Sicilia orientale, mentre
per la parte occidentale funzionano bene, essendo Palermo ben collegata con
Napoli, Livorno, Genova. Il problema mai portato alla luce è che Catania
rispetto a Palermo è geograficamente «dietro» di cento miglia.
Questo comporta l'estrema difficoltà di collegamenti via
mare con i porti del Tirreno, per cui l'unica linea che funziona veramente è la
Catania-Napoli della T.T.Lines (22 nodi orari): in dodici ore, ti imbarchi la
sera e arrivi la mattina. Il servizio inaugurato di recente dalla Grimaldi di
Napoli riguarda Catania-Civitavecchia-Genova, ma vanno a 16 nodi l'ora e
impiegano 20 ore per Civitavecchia e 36 per Genova. E' utile per i prodotti
industriali, ma non per merci deperibili. Resta la Tirrenia per la linea
adriatica Catania-Ravenna (pure 36 ore). Troppo poco per accontentarsi di queste
«autostrade del mare». Ci vorrebbero più navi e più veloci per evitare la
dannazione dello Stretto.
L'economia siciliana è prigioniera dei Signori dei
traghetti privati.
E ci sono gravi conflitti d'interesse
La Sicilia strangolata dallo Stretto
Non funziona il nuovo approdo a sud mentre le «autostrade
del mare» restano una presa in giro
La manifestazione di lunedì a favore del Ponte mi ha fatto
ricordare un importante convegno organizzato a Messina nel lontano 1974 su
«Sicilia Porta d'Europa». cui intervennero costruttori dirigenti dei tre più
grandi Ponti del mondo: l'Ingegner Gorge Shoepfer, per il Verrazzano di New
York; l'Ingegner Edgard Cardoso, per il ponte sul Tago a Lisbona; l'Ingegner
Sile Safetin, per il ponte sul Bosforo a Istanbul che unisce l'Asia all'Europa.
Shoepfer riferì che nel primo anno di esercizio 18 milioni
di veicoli utilizzarono il Ponte di Verrazzano, ma aggiunse che negli anni
seguenti il traffico continuò a superare tutte le stime preventive e che nel
1972 il traffico stesso superò i 40 milioni di veicoli, qualche cosa come 110
mila veicoli al giorno.
Delle due testate del Ponte, una poggiava su una zona non
suscettibile di ulteriori sviluppi, l'altra sull'isola di Staten Island, che
proprio il distacco dall'aria della metropoli aveva pesantemente penalizzato.
L'Isola subì un improvviso sviluppo. L'incremento della popolazione, che era di
3.000 unità all'anno, saltò a 16.000 unità; le attività commerciali si
incrementarono del 50%, le vendite al minuto del 128%, il numero dei lavoratori
addetti al commercio aumentò del 42%.
Il pedaggio che all'epoca era di un quarto di dollaro per
le autovetture e di due dollari e mezzo per un camion a tre assi rendeva più di
30.000 dollari al giorno.
Lo stesso andamento di grande divaricazione tra previsioni
e realtà conseguente alla realizzazione dei Ponti fu riferito dagli altri
relatori a proposito delle Regioni interessate dai Ponti sul Tago a Lisbona e
sul Bosforo a Istanbul.
Le documentazioni offerte dai dirigenti dei tre Ponti
ebbero un forte effetto positivo a favore del Ponte Sullo Stretto Di Messina,
sia nel mondo della politica che in quello tecnico scientifico; inoltre i
risultati economici della gestione delle tre opere unitamente a quelle
dell'impatto sulle Regioni toccate dai Ponti raffreddarono le riserve di molte
cassandre dell'economia.
I fatti dimostravano che i Ponti erano, entità, capaci di
auto-finanziarsi e la loro realizzazione non pesava negativamente sui bilanci
delle Nazioni.
Anche l'attuale presidente del consiglio Prodi, venti anni
fa, da presidente dell'Iri, aveva espresso un' opinione favorevole al Ponte
sullo Stretto, definendolo una scommessa attraverso cui l'Italia avrebbe potuto
accorciarsi di 240 chilometri. La Sicilia, commentava Prodi nell'85, è
fortemente ostacolata da questa barriera naturale, ossia dallo Stretto. Con un
collegamento stabile - aggiungeva - i costi di trasporto calerebbero del 13%
senza parlare della maggiore rapidità degli spostamenti. E a sostegno della Sua
tesi, il Professore, portava una valanga di cifre.
Inoltre in una intervista televisiva Prodi, descriveva il
Ponte e il connesso potenziamento delle reti autostradali come «una grande opera
di interesse collettivo indispensabile perché il nostro sistema economico possa
concorrere con le altre Nazioni».
Bisognerebbe concludere dicendo : «favorevoli e contrari,
unitevi!»
Sarebbe importantissimo non soltanto per il Sud ma per
l'intera Italia e per l'Europa.
on. Dino Madaudo
In attesa del Ponte
In attesa del Ponte
traghetti più veloci e meno costosi
Due parole in merito agli articoli sul Ponte. Non sto qui a
discutere i perché del Ponte sì, Ponte no… non usciremmo mai vivi da una tale
discussione. Mi preme soltanto tentare di far capire che forse qualche soluzione
alternativa c'è. Attualmente si arriva al casello di Messina; si imbocca la
tangenziale; si compie un giro turistico della città per raggiungere uno dei due
imbarcaderi (non meno di mezz'ora in mezzo al traffico cittadino!); si abbandona
l'auto alla biglietteria e si corre, anche sotto la pioggia, verso la stessa,
dribblando i questuanti; si affronta la maleducazione dei bigliettai, oltre alle
angherie di chi impone prezzi e condizioni assurde al traghettamento (ma questa
è un'altra storia) ; si torna all'auto e si attende il traghetto (anche una
quarantina minuti, vista la situazione attuale). L'avventura si replica
all'imbarco a Villa san Giovanni. Penso che in una transumanza di bovari della
steppa ci sia più ordine. Si potrebbe dunque, visto che per il momento il Ponte
è in discussione, decentrare gli imbarchi, realizzando nuovi ed efficienti
approdi, ovviamente non nel centro città, e con accessi direttamente dalla
tangenziale e dall'autostada, impiegare traghetti moderni, più veloci e meno
inquinanti, creare un servizio continuo di corse ("shuttle" lo chiamano
oltreoceano), stabilire prezzi popolari: perché c'è chi traghetta più volte alla
settimana per lavoro. E lasciare mezzo stipendio a "Caron dimonio" non è bello.
Alberto Fichera
Una struttura da cui la Sicilia
potrà avere soltanto benefici
Penso che il ponte sullo stretto possa portare solo
benefici alla Sicilia e non vedo perchè tutte le altre infrastrutture non
possano camminare di pari passo in modo da portare la Sicilia al pari di altre
regioni che hanno alta velocità, autostrade a 6 corsie, acqua, ospedali,
eccetera. Per la Sicilia si dice che, prima del ponte, bisogna risolvere il
problema dell'acqua e via via gli altri problemi cosicchè i nostri pronipoti
forse arriverebbero a vedere il raddoppio della ferrovia. Concordo pienamente
con il Presidente Raffaele Lombardo e gli sono vicina in tutte le iniziative che
andrà a intraprendere a tale scopo nell'interesse della Sicilia e dei Siciliani
Melina Litrico
L'apertura di Di Pietro
è soltanto una furbata
Di Pietro apre uno spiraglio sul ponte e dichiara che
sarebbe opportuno mandare la pratica-ponte al Cipe per un riesame. Ma non era
stata appaltata l'opera, avendo la stessa superato tutti gli esami sulla sua
fattibilità? Ritengo che la dichiarazione di Di Pietro sia una furbata dal
sapore tutto meridionale. All'estero molti osservatori dicono di non capire la
politica italiana. Incomincio a pensare che anche per noi italiani esiste lo
stesso problema, con la differenza che lo abbiamo in casa.
Saro Pafumi
Perché costretti a scegliere
tra il Ponte e le strade?
I siciliani dovrebbero accontentarsi delle briciole a
sentire quanto affermato da Rita Borsellino e dal ministro Alessandro Bianchi.
Infatti, l'una ha detto che la Sicilia ha bisogno d'infrastrutture propedeutiche
e prioritarie rispetto al Ponte sullo stretto, l'altro sostiene l'inutilità
dell'opera. Nessuno ha evidenziato che la Sicilia deve avere un sistema di
trasporti intermodali competitivo e all'avanguardia e che non essendo figli di
un Dio minore non dobbiamo necessariamente scegliere se avere le strade o il
ponte. Il Mezzogiorno non può essere la camera di compensazione delle
contraddizioni del nuovo governo. Non c'è sviluppo senza legalità. Ma nemmeno
senza infrastrutture e sistemi intermodali nei quali l'alta velocità, il ponte
di Messina, le autostrade di terra e di mare, ferrovie, aeroporti, porti sono
elementi paritari nell'agenda delle priorità. È fondamentale e non più
rinviabile il coinvolgimento delle popolazioni interessate alle grandi opere
senza dare più alcun appiglio a professoroni, professorini e girotondini. Le
opere costituiscono il patrimonio della nostra terra e della gente che vi abita.
Sergio Mazzaglia
C'erano tante altre cose per cui manifestare
Trovo semplicemente indecoroso, vergognoso e aberrante, il
fatto che una certa classe politica siciliana trovi opportuno manifestare in
piazza a favore del ponte sullo Stretto e, per converso, non abbia manifestato
ugualmente per altre importantissime realizzazioni come il raddoppio della
ferrovia Palermo-Messina; il miglioramento del tessuto viario, autostradale e
non; la cronica carenza idrica, che affligge diverse città dell'Isola. Altri
motivi per manifestare avrebbero potuto trovarsi nelle speculazioni edilizie;
negli sprechi dell'Amministrazione Pubblica, quella sanitaria in primis, dove
vengono dati premi incentivanti ai manager, anche in presenza di bilanci
consuntivi in palese dissesto. Ci sarebbe stata soltanto l'imbarazzo della
scelta se proprio si voleva trovare qualcosa per manifestare. Ma questi signori,
proprio non provano alcuna vergogna?
Raffaele Raggio
Catania
11.6.2006 Reggio Calabria. C'è una serie di coincidenze, attorno al progetto
del Ponte sullo Stretto di Messina, che potrebbero aiutare a comprendere le
posizioni di quanti, come il ministro dei Trasporti Alessandro Bianchi, sono
contrari alla realizzazione dell'opera.
Nel 2001, quando il neoministro del Pdci, allora ancora
rettore dell'università Mediterranea, fu incaricato di redigere il nuovo Prg di
Villa San Giovanni. In quello stesso periodo il Cisut - Consorzio istituto
superiore dei trasporti - realizzò il Piano urbano del traffico per la città di
Messina, mentre quasi tutti i componenti del suo "comitato scientifico"
parteciparono alla redazione del Piano urbano del traffico per Villa. Conviene
ricordare che Villa e Messina hanno gravi problemi ambientali a causa del
traffico automobilistico che attraversa lo Stretto. A Villa, secondo l'Istat,
nell'ultimo decennio si sarebbe registrato un aumento della mortalità per tumore
pari al 70 per cento rispetto al decennio precedente. Nel 2001 per Messina e nel
2002 per Villa il governo dichiarò lo "stato di emergenza ambientale". La
successiva ordinanza di Protezione civile recepì per intero la delibera del
Consiglio comunale di Villa che stabiliva sia il tipo di opere da realizzare,
sia le priorità. Con la stessa ordinanza, oltre a nominare il prefetto della
provincia di Reggio Calabria (all'epoca D'Onofrio) commissario delegato per
l'attuazione delle opere urgenti e indifferibili da realizzarsi a Villa, venne
nominato coordinatore tecnico proprio Alessandro Bianchi.
Dalle progettazioni sviluppate nell'ambito del comitato
tecnico coordinato da Bianchi emerge che la delibera del consiglio comunale
venne completamente disattesa, specie nella parte in cui chiedeva di restituire
alla città significative aree attualmente utilizzate dalle compagnie di
navigazione Caronte, Tourist e Rfi, che avrebbero dovuto essere spostate fuori
dal centro urbano. Ma il comitato tecnico privilegiò un "disegno progettuale"
che favoriva la velocizzazione delle operazioni di imbarco/sbarco.
A questo punto la vicenda del ponte si intreccia con
Calciopoli.
Dalle intercettazioni, emerge infatti che il presidente del
Messina calcio, Pietro Franza, la cui famiglia è proprietaria della Tourist
Ferry Boat, si sarebbe rivolto a Luciano Moggi per ottenere un incontro con il
prefetto di Reggio Calabria (allora D'Onofrio) attraverso un personaggio
autorevole che gli consentisse non solo di essere "ascoltato" ma anche "sentito"
dal prefetto.
Moggi, attraverso il capo segreteria del ministro
dell'Interno, Vincenzo Corrias, avrebbe fissato l'incontro a Franza,
rassicurandolo sul fatto che D'Onofrio "si sarebbe messo a disposizione".
Sentito dai magistrati, Franza avrebbe detto di aver voluto incontrare il
prefetto D'Onofrio per questioni di lavoro connesse con la catena alberghiera
del proprio gruppo (Framon), e non già per fatti legati al calcio. Tuttavia i
magistrati su tale giustificazione hanno mantenuto alcune riserve. In realtà,
proprio all'epoca cui si riferiscono le intercettazioni, il prefetto di Reggio
Calabria era a capo del Comitato che avrebbe dovuto realizzare importanti opere
infrastrutturali per eliminare l'inquinamento acustico e atmosferico a Villa con
una spesa di cinquanta miliardi di lire. Comitato, il cui coordinatore tecnico
risultava e risulta essere Alessandro Bianchi, neoministro dei Trasporti, e alla
cui redazione progettuale, a vario titolo, parteciparono elementi del comitato
scientifico del Consorzio istituto superiore trasporti, i cui soci sono
l'Università della Calabria, l'Università di Reggio retta fino a pochi giorni fa
da Bianchi, e la società di traghetti Caronte Spa.
Per questo il leader dell'Mpa Raffaele Lombardo ha
recentemente accusato Bianchi di "conflitto d'interesse" nella vicenda del
ponte.
Tony Zermo
La manifestazione di lunedì 5.6.2006 pro-Ponte con
diecimila persone e 50 sindaci, oltre al presidente della Regione, è stata
sostanzialmente ignorata dai giornali e dalle Tv nazionali ai quali i problemi
della Sicilia non interessano per nulla, a meno che non si tratti di fatti di
mafia. Da Bruxelles il vicepresidente della Banca europea degli investimenti,
Gerlando Genuardi, fa sapere che «il nuovo governo italiano pare abbia
accantonato il progetto del Ponte, visto che nessuna richiesta riguardo a
finanziamenti ci è stata avanzata nonostante sia inserito nel corridoio
Berlino-Palermo»: e quindi per il governo Prodi il discorso Ponte non esiste
proprio. In questa stessa pagina pubblichiamo un articolo che spiega come i
ponti nel mondo abbiano portato forti fattori di crescita, ma non ci pare che i
nuovi governanti abbiano voglia di saperne qualcosa.
E mentre discutiamo di Ponte o non Ponte, non ci accorgiamo
che l'economia siciliana è prigioniera dei Signori dei traghetti privati.
Lasciamo stare il fatto che il sindaco di Messina Francantonio Genovese sia
comproprietario della società di traghetti e quindi si trova in pieno conflitto
di interessi (dovrebbe dimettersi o stare zitto, altro che indignarsi per la
manifestazione indetta lunedì dal Movimento per l'autonomia). Lasciamo stare che
il nuovo ministro dei Trasporti Alessandro Bianchi, essendo stato consulente
(pagato) per fornire dati sul rapporto costi/ricavi e sull'attività dei
traghetti privati, si trova in posizione di sospetto interesse privato. Ma qui
c'è il fatto gravissimo della strozzatura agli imbarchi. Come sapete, per
evitare che i Tir scendessero da Boccette e incasinassero il centro di Messina,
causando purtroppo anche incidenti, si è realizzato a sud della città, a
Tremestieri, un secondo approdo per i veicoli commerciali. Ma se prima si
impiegava un'ora e mezzo, adesso ci vogliono tre ore, e senza ripari sotto il
sole.
«Gli autotrasportatori vengono trattati come bestie - dice
Giuseppe Bulla, presidente regionale della Fai (Federazione autotrasportatori
italiani) -, non ci sono aree di stoccaggio, non ci sono servizi elementari, non
ci sono pensiline, non c'è nulla di nulla. Hanno aperto questo terminal di
Tremestieri e solo adesso si sono resi conto che non ci sono zone di stoccaggio
e che quindi i mezzi si debbono formare sull'autostrada. Si scopre che gli
scivoli sono soltanto due e che di conseguenza possono approdare solo due navi.
In sostanza si sono raddoppiati i tempi. Poi quando ci sono le mareggiate le
correnti forti vanno a sbattere sugli scivoli per cui non si può accedere alle
navi e quindi gli automezzi scortati dalla polizia stradale attraversano tutta
Messina lungo via La Farina per imbarcarsi dove si è sempre imbarcato. Ora hanno
promesso di fare l'area di stoccaggio, ma nell'attesa per evitare intasamenti a
Tremestieri abbiamo chiesto di poterci imbarcare via Gazzi, evitando la discesa
a Boccetta che tante proteste, anche giuste, ha suscitato. Tenga presente che lì
arrivano con i camion tutte le produzioni della Sicilia centro-orientale e che
utilizzare i traghetti delle ferrovie è un'ipotesi impraticabile».
Bulla sulla questione ha presentato un ricorso al Tar. Ma
non è solo questo, c'è anche una questione di tariffe: «Hanno abolito lo sconto
che c'era prima perché vogliono farci pagare il fatto che il percorso da
Tremestieri a Villa San Giovanni è più lungo di mezzo miglio. Prima un camion
andata e ritorno pagava sui 65 euro, ora si paga 160 euro. In sostanza si sono
raddoppiati tempi e tariffe. In queste condizioni come possiamo esportare i
prodotti siciliani, quando poi, attraversato a fatica lo Stretto, ci troviamo di
fronte un'autostrada Salerno-Reggio Calabria disseminata di cantieri aperti e di
deviazioni?».
Qualcuno dirà: ma ci sono le «autostrade del mare», perché
non si utilizzano quelle per superare la strozzatura dello Stretto e i disagi
dell'autostrada dai lavori infiniti? Bella domanda. La risposta è questa: le
«autostrade del mare», almeno per il momento, sono suggestioni per gli allocchi,
in realtà non esistono, almeno per quanto riguarda la Sicilia orientale, mentre
per la parte occidentale funzionano bene, essendo Palermo ben collegata con
Napoli, Livorno, Genova. Il problema mai portato alla luce è che Catania
rispetto a Palermo è geograficamente «dietro» di cento miglia.
Questo comporta l'estrema difficoltà di collegamenti via
mare con i porti del Tirreno, per cui l'unica linea che funziona veramente è la
Catania-Napoli della T.T.Lines (22 nodi orari): in dodici ore, ti imbarchi la
sera e arrivi la mattina. Il servizio inaugurato di recente dalla Grimaldi di
Napoli riguarda Catania-Civitavecchia-Genova, ma vanno a 16 nodi l'ora e
impiegano 20 ore per Civitavecchia e 36 per Genova. E' utile per i prodotti
industriali, ma non per merci deperibili. Resta la Tirrenia per la linea
adriatica Catania-Ravenna (pure 36 ore). Troppo poco per accontentarsi di queste
«autostrade del mare». Ci vorrebbero più navi e più veloci per evitare la
dannazione dello Stretto.
Un treno veloce tra Palermo
Un treno veloce tra Palermo
e Catania taglierebbe il traffico sulla A19 evitando decine
di incidenti mortali
Non tagliate l'alta velocità interna
Timori per la sorte della linea Tav
Palermo-Catania-Messina, che dovrebbe costare tre miliardi e mezzo
Michele Russotto
Palermo. Si chiama raddoppio del passante ferroviario. Ma
si legge anche metropolitana ferroviaria di Palermo. Che è cosa diversa della
metropolitana leggera sotterranea automatica, il cui progetto di fattibilità del
primo tratto di circa 8 chilometri (Oreto-Notarbartolo) dovrebbe essere
consegnato al Comune entro questa estate. Passante ferroviario, ovvero raddoppio
della linea ferrata Palermo-Aeroporto Punta Raisi, che attraverserà la città da
una periferia all'altra per ricongiungersi al tratto Carini-Punta Raisi già in
funzione. Forse la più grande opera progettata per Palermo per un maxi appalto
di 623 milioni di euro, che diventano 978 milioni, considerati tutti gli altri
interventi.
Un progetto antico che ha avuto una gestazione laboriosa e
uno sbocco ancora più difficile per i vari comitati cittadini di protesta,
preoccupati dei disagi che l'opera, sicuramente invasiva, creerà. Tutti
protestano per i tratti dove i lavori verranno effettuati a cielo aperto e a
capeggiare alcuni di questi comitati, col solito populismo, è l'ex sindaco
Leoluca Orlando che, tempo fa, si è rivolto anche al presidente della Repubblica
per chiedere l'intervento della protezione civile. Sostiene che per Palermo si
tratta di «un disastro annunciato».
Fatto sta che l'inizio dei lavori è stato rinviato di mese
in mese e adesso di anno in anno. Perché il mega appalto è stato aggiudicato
dalla Italferr spa, per conto de Rfi, addirittura nel novembre del 2004, per un
importo contrattuale di 493 milioni. Se lo è aggiudicato un'associazione
temporanea di imprese composta dal "Consorzio stabile Sis", "Sintagma" di
Perugia e "Geodata" di Torino. Una delle tre ditte riunite nella sigla "Sis",
capofila dell'associazione di imprese, è il colosso spagnolo "Sacyr" che, tra
l'altro, è partner della "Impregilio", guarda caso, nella gara per il punte
sullo Stretto. L'appalto è stato aggiudicato - ed è la prima volta che avviene
nell'Italia meridionale - ricorrendo alla figura del "general contractor".
L'ultima scadenza per l'inizio dei lavori adesso è stata
fissata dal Comune, genericamente entro l'estate. E da quella data le opere
dovranno essere realizzate in 1.670 giorni. Il finanziamento proviene in parte
da fondi statali e in parte dai contratti di programma stipulati dal Comune di
Palermo con la Provincia, la Regione, Rfi e gli altri comuni dell'hinterland.
Oltre alla costruzione del secondo binario che, come si può capire, avrà effetti
positivi sulla mobilità urbana ed extraurbana (se oggi il treno dalla stazione
centrale a Punta Raisi impiega un'ora, col doppio binario il tempo potrà essere
dimezzato), verranno effettuati lavori di adeguamento nelle nove fermate
esistenti, e ne verranno realizzate altre nove. L'opera fa parte di quel piano
integrato per il trasporto pubblico di massa che sta portando avanti la giunta
Cammarata e che prevede anche la chiusura dell'anello ferroviario, la cui gara è
stata bandita nei giorni scorsi, le tre linee tranviarie (anche qui i lavori
dovrebbero partire entro l'estate) e la metropolitana leggera, per la quale,
come dicevamo, il Comune aspetta la consegna dello studio di fattibilità per il
primo tratto.
Gaetano Mineo
Palermo. Negli ultimi anni la rete ferroviaria italiana -
finalmente - ha deciso di scommettere sulla Sicilia. E così Rfi e Regione
siciliana programmano nell'Isola investimenti per un totale di 16 miliardi di
euro. Via libera, quindi a una serie di cantieri e progetti indispensabili al
miglioramento e a una maggiore efficienza dei binari siciliani. Un passo
obbligato dal libero mercato. Forse anche dovuto a un'Isola che, tra le altre
cose, ancora possiede strade ferrate tracciate dai Borboni.
In ogni caso, adesso c'è un piano concreto di investimenti
e che interessa gran parte della rete ferroviaria siciliana.
Tra i cantieri principali, il completamento del raddoppio
della tratta Palermo-Messina. In dettaglio, dei 225 chilometri dell'intera linea
Tirrenica isolana, 98 sono già a doppio binario. Di questi - ricordiamo - gli
ultimi 20 chilometri sono stati attivati lo scorso gennaio e collegano Patti a
Terme Vigliatore. In programma, invece, il tratto Fiumetorto-Castelbuono. Il
raddoppio di questa parte di strada ferrata interesserà anche i lavori della
nuova fermata di Cefalù (progettata interamente in sotterraneo). In soldoni, il
costo del raddoppio della tratta Fiumetorto-Cefalù-Castelbuono ammonta a 990
milioni mentre per il 2012 è in programma l'intera attivazione della linea.
Sempre in merito alla "Tirrenica", è in agenda il cantiere per il raddoppio
Patti-Castelbuono (investimento di circa 3,9 miliardi). Con questo intervento,
nei collegamenti tra Messina e Palermo, aumenterà, tra l'altro, la capacità di
traffico (a regime sarà di circa 220 treni/giorno). Inoltre, saranno ridotti di
circa un'ora anche i tempi di percorrenza tra i due capoluoghi. A completare
l'intera linea, i lavori sulla porzione di binari Patti-Messina. Qui è in corso
la realizzazione delle opere civili della tratta Rometta Messinese-Villafranca
Tirrena (attivazione entro fine mese). Nel dicembre 2004 è stato attivato il
raddoppio San Filippo del Mela-Pace del Mela, mentre l'entrata in esercizio del
tratto di linea Pace del Mela-Rometta è prevista per il 2008.
Altro importante cantiere è quello della Messina-Catania.
L'intervento prevede, tra l'altro, il raddoppio del tratto di circa 42
chilometri tra Fiumefreddo e Giampilieri, oltre al riassetto della stazione di
Letojanni e l'interconnessione con la stessa stazione e i treni metropolitani a
servizio del futuro collegamento Aeroporto di Catania Fontanarossa.
Costo dei lavori, 1,9 miliardi. Mentre si stima di attivare
il raddoppio Fiumefreddo-Giampilieri entro il 2015.
E ancora: lavori per la velocizzazione della linea
Palermo-Agrigento. In merito, sono stati ultimati, nella prima metà del 2004, le
opere sul tratto di linea Montemaggiore-Roccapalumba. Mentre il completamento
dei lavori è previsto per la fine del 2008 a fronte di un investimento di 163
milioni.
Cantieri di lavoro in programma anche sui binari della
Palermo-Trapani e per i quali già il Cipe ha finanziato con 1,7 milioni la
progettazione preliminare. Oltre ai tempi necessari per l'affidamento e
l'esecuzione dei lavori, il tempo stimato per la realizzazione degli interventi
(432 milioni) è di 6/8 anni, dicono da Rfi.
Lungo, come detto, l'elenco delle opere che si stanno
realizzando in Sicilia. Ma in aggiunta, vogliamo ricordare anche i binari della
Gela-Catania e della Siracusa-Gela. Nel dicembre 2004 è stato approvato dal Cipe
lo studio di fattibilità per il potenziamento della linea Siracusa-Gela. Anche
in questo caso, il tempo stimato per la realizzazione degli interventi è di 6/8
anni, per un costo complessivo dell'intervento di 183 milioni. Attualmente, è in
corso di redazione il relativo progetto preliminare.
Andrea Lodato
Catania 18.6.2006. Il ritmo impossibile di una tornata
elettorale ogni sei mesi. I conti che non tornano per il lascito pesante del
governo di centrodestra. Le prospettive che stentano ad intravedersi per il Sud,
e la Sicilia in particolare, anche dopo quasi sessanta giorni di governo
dell'Unione. Enzo Bianco avrà pure una proverbiale pazienza politica, un'innata
moderazione ed un temperamento che gli ha consentito per anni di fare il sindaco
di Catania, il presidente dei sindaci italiani, il ministro dell'Interno e il
presidente della Commissione per i Servizi segreti raccogliendo, spesso, anche
apprezzamenti bipartisan. Ma, oggi, proprio pazienza, moderazione e temperamento
suggeriscono a Bianco una prima, precisa ed inequivocabile presa di posizione.
«Perché la Sicilia - dice subito chiaro e tondo - non può continuare a pagare
errori del passato, e tanto meno tentennamenti e balbettii del presente». Sconti
a nessuno, disse Bianco all'indomani delle elezioni e dopo il varo del governo
Prodi. E comincia a presentare qualche conto. Ripartendo dall'ingolfamento
elettorale.
«A Catania - spiega - siamo in pratica in campagna
elettorale dalla primavera dello scorso anno. Uno stress, che ha anche fatto
crollare l'interesse e la partecipazione dei cittadini».
Ma votare, comunque, si deve. E qui Bianco parte dal
referendum sulla devolution.
«Avete visto chi sta alzando i toni sino a parlare di
battere strade non democratiche se il referendum dovesse bocciare la devolution?
Ovviamente Bossi. Il quale punta sul voto del Nord per salvare questa legge.
Basterebbe questo per far capire ai siciliani, e a tutti i meridionali, che lo
stravolgimento della Costituzione è una minaccia per il Mezzogiorno, per le sue
speranze di sviluppo, per la sanità, per l'istruzione. Bisogna andare a votare,
chiediamo un supplemento di buona volontà, ma è per la causa delle nostre
regioni che ci vuole il No alla devolution».
No, dice Bianco, perché questa devolution si aggiungerebbe
ad una situazione che bisogna definire drammatica, per non nascondere nulla.
Tanto più preoccupante, aggiungiamo, per le politiche viste e per quelle che
stiamo vedendo. Capace in passato di strappare consensi tanto nel centrodestra
quanto nel centrosinistra, oggi tocca a Bianco alzare la voce. Riprendendo
anche, se vogliamo, anche una parte di quella battaglia per la Sicilia che il
nostro giornale sta conducendo da settimane.
«Siamo usciti da cinque anni di governo di centrodestra,
cui la Sicilia concesse il famoso 61 a 0 di deputati e con tre, quattro ministri
e tanti sottosegretari dentro. I risultati sono sotto gli occhi di tutti. Tante
cose scritte nel libro dei sogni, ma realizzazioni poche. Siamo partiti da
questi dati oggettivi, deludenti. Dovevamo, però, ripartire con grande
determinazione, con progetti. Romano Prodi ha voluto che la campagna elettorale
cominciasse da Catania, proprio per confermare quell'impegno. A che punto siamo?
Ad un punto che mi fa sentire oggi un po' deluso, debbo confessarlo con
sincerità. Perché non ci sono ministri siciliani nel governo. Non era un aspetto
decisivo, ho detto, anche se la cosa aveva lasciato un po' di insoddisfazione.
Ma dopo questa scelta è arrivata quella di vice ministri, due, che aspettano
ancora deleghe forti. Sennò cosa sono stati, contentini dati ai partiti o agli
uomini? Non è di questo che abbiamo bisogno in Sicilia. Insomma in questo
momento sono perplesso, sinceramente perplesso».
Perplesso, ma fiducioso. Lasciamo riemergere per un attimo
quell'ottimismo costruttivo di Bianco, che è indispensabile per spiegare se
esiste un itinerario alternativo che presenti per la Sicilia prospettive
incoraggianti. Magari con un impegno allargato davvero a tutte le forze
politiche.
«Allora dico che oltre ad essere certo che Prodi rispetterà
tutti gli impegni, c'è già il lavoro serio e rigoroso che sta facendo il
ministro Padoa Schioppa che è una garanzia per la ripresa del paese». Nella
ripresa del paese e nelle promesse di Prodi il taglio del costo del lavoro. Ma
il cuneo deve essere uguale per tutto il paese o ci può essere qualcosa che
somigli ad un federalismo fiscale già qui?
«Io dico che ci deve essere, perché se il taglio può
arrivare ad una media del 4% è giusto che sia del 3 al nord e del 5/6 in
Sicilia. Per questo credo debba battersi anche Confindustria, perché sarebbe
fondamentale per dare ossigeno alle nostre imprese».
Parliamo di Ponte: c'è chi si alza una mattina e annuncia
il no, il Ponte mai. Bianco che dice oggi? «Quello che dicevo ieri, non cambio
opinione. Cioè dico che è assurdo che ci sia una posizione contro il Ponte
frutto solo di una visione ideologica. E che c'entra, scusate? Qui bisogna
valutare l'importanza e l'utilità dell'opera. Poi chiediamo con un referendum ai
siciliani se vogliono o no quest'opera. Se il Ponte serve, come è servito in
Danimarca o a Istanbul, bisogna battersi per farlo. Io chiederò ad
intellettuali, uomini di cultura, ma anche all'intera classe politica siciliana
di portare avanti un dibattito laico sul tema, senza pregiudizi. Per decidere
noi se il Ponte si deve fare oppure no».
Bianco apre. Senza lasciarsi sfiorare dall'idea di
inciucio, e nemmeno di terzo polo. Ma è il momento di allargare il gioco, perché
divisa la Sicilia 'sta partita rischia di perderla tutta. Altro che Ponte.
«Certo, non c'è solo il Ponte. E il Ponte da solo non
serve. Ci sono strade e autostrade da fare o finire, ferrovie da velocizzare,
porti ed interporti. C'è l'acqua da far arrivare nelle case di tanti siciliani.
Bisogna che queste battaglie diventino le battaglie della Sicilia e spero che
collabori costruttivamente anche il centrodestra, ovviamente a condizione che
nessuno pensi di usare strumentalmente questa sponda per attaccare il governo
Prodi. Qui è per la Sicilia che dobbiamo lavorare, non contro qualcuno». Torna
l'anima dell'amministratore e del presidente dell'Anci, quella struttura
trasversale di sindaci che fece valere in passato spesso le ragioni delle città
su quelle del governo nazionale. E Bianco guarda anche all'azione che può
avviare il nuovo governo Cuffaro.
«Anche il coinvolgimento di questa rete di sindaci di ogni
colore politico ritengo sia importante, per lanciare un'azione che aiuti la
Sicilia. Tutta la Sicilia. Possiamo lavorare anche valutando le scelte che farà
il governo regionale: noi chiediamo che siano scelte trasparenti che favoriscano
lo sviluppo, il lavoro, la crescita anche della vivibilità della Sicilia e delle
nostre città. Anzi io spero proprio che dalla Sicilia nasca una spinta di
cambiamento, una profonda trasformazione anche del centrosinistra, un Partito
Democratico che non sia solo la somma di Margherita e DS, che parli di valori
come merito, qualità, sviluppo. Insomma ci vuole coraggio e fantasia, oggi più
che mai. La Sicilia deve riprendere a correre. Noi siciliani per primi. Senza le
arrendevolezze da ascari di questi 5 anni di centrodestra, ma con tutta la forza
necessaria per rompere questa cappa di distrazione che sembra scesa sull'isola.
Io sono pronto a far sentire la mia voce».
«Ponte, perché
sì»
Nostra intervista al sottosegretario Gentile
G. Lazzaro Danzuso
19
Il governo Prodi pare proprio avercela con la Sicilia ed i
siciliani. Che dire altrimenti del fatto che non vi è nemmeno un ministro di
questo governo che proviene dall'isola? E sarà forse anche per questo che non ci
si preoccupa delle emergenze? O perché il colore politico del governatore è
opposto a quello del governo? I collegamenti per una isola, sono essenziali,
come peraltro dimostra la richiesta inoltrata da tempo da Cuffaro di ottenere un
potenziamento dei trasporti per fare fronte al periodo estivo. Cosa accade
invece? Che Roma taglia i fondi, penalizzando solo la Sicilia. In questo modo
saltano 4 corse su 6 per Pantelleria. Va bene che questo è il governo anti-Ponte
sullo Stretto, ma, francamente, arrivare pure a tagliare i collegamenti
marittimi pare proprio una esagerazione. Questo governo evidentemente ha messo
la Sicilia nel mirino.
il ministro si
ricrede e riapre le speranze
Di Pietro: «Ripensiamo al Ponte»
giuseppe testa
Catania 14.7.06. Non era difficile prevedere che la politica estera sarebbe
stata il vero banco di prova per il governo Prodi. Il voto sulla missione in
Afghanistan, previsto per lunedì prossimo, rappresenta uno snodo: non altrimenti
deve intendersi il richiamo del presidente Napolitano secondo cui, se la
maggioranza non si mostrasse compatta, potrebbe sorgere un problema per la
sopravvivenza dell'esecutivo. In altri termini, Prodi deve dimostrare che il suo
non è un «governicchio», sorretto nell'occasione dal pronto soccorso
dell'opposizione.
Non è per caso che il capo dello Stato, denunciata la gravità del problema, sia
sia limitato ad aggiungere: «A me tocca solo di aspettare e stare a vedere». In
sostanza: se, dopo aver «aspettato» l'esito del voto, Napolitano «vedesse» che
la maggioranza non è più tale, non potrebbe che trarne le conseguenze. Perché un
governo che, per far approvare un decreto fondamentale di politica estera, ha
bisogno di far ricorso all'opposizione, di fatto è già un governo di minoranza.
D'Alema l'ha capito prima di tutti. Fin dal primo istante ha chiesto con
insistenza un voto compatto del centrosinistra, al punto di mettere a
disposizione il suo stesso mandato agli Esteri. Diverso, invece, il
comportamento di Prodi. Non ha drammatizzato le divisioni all'interno della
coalizione - ancora ieri nettissime di fronte all'avvertimento del Quirinale -
lasciando intendere di poter sempre sciogliere la questione ponendo la fiducia.
Soluzione estrema, non brillante: tagliando il nodo gordiano, non eliminerebbe
il viluppo tra le istanze moderate dei Ds e quelle oltranziste della sinistra
radicale. Ed è, al contrario, proprio questa la madre di tutte le questioni.
Se Napolitano impone al premier di rinunciare ai suoi sorrisi per affrontarla,
non meno impellente è per D'Alema di sottrarsi al malmostoso gioco del dialogo a
tutti i costi con certi ex compagni del Pci verso i quali i suoi rapporti non
sono puramente politici, ma anche sentimentali, forse viscerali. Al punto in cui
stanno le cose, non pare ci sia altra via di scelta: si discuta anche con
asprezza, si sostengano le proprie convinzioni, ma poi in Parlamento, piaccia o
no, tutti si adeguino al punto di vista della maggioranza.
Nessun governo può permettersi di rincorrere alleati che, rappresentando
posizioni del tutto minoritarie, fanno valere comunque una sorta di diritto di
veto. Prodi e D'Alema hanno il dovere di capire una volta per tutte fino a che
punto si vuol condurre il gioco. Se la maggioranza, di fatto, non esiste, allora
non resta che prenderne atto.
In caso contrario, anche ammesso che si riuscisse con qualche trucco (i nostri
politici sono sempre molto abili a trovarne) a superare il blocco attuale,
magari per andare avanti sino al prossimo inciampo, l'esecutivo Prodi rimarrebbe
pur sempre in balia di un'alea che, nelle attuali condizioni interne ed
internazionali, non potrebbe gioverare al Paese, ma solamente danneggiarlo.
Parla per la prima volta il
«general contractor»
Impregilo: «Pronti per il Ponte»
«Attendiamo rispettosamente le decisioni del governo». La Uil trasporti
scrive a Prodi
Il «general contractor» non molla
Impregilo, «general contractor» del Ponte: «L'opera è importante per il Paese -
ha detto l'ad Albert Lina -. Abbiamo un contratto valido e c'è attesa rispettosa
delle decisioni del governo».
Pecoraro Scanio: «Meglio le maree»
«Destinare i soldi a ricavare energia dalle maree», ha detto il ministro
dell'Ambiente Pecoraro Scanio. Replica dell'on. Musumeci: «Cambiare invece il
ministro».
Uil: ecco perché il Ponte si deve fare
«E' un'opera indispensabile per il Sud e porta lavoro».
Capodicasa e le opere propedeutiche
«Sono parte del progetto del Ponte, non sono lavori diversi»
Tony Zermo3
Tony Zermo
Per la prima volta in assoluto fa sentire la sua voce l'Impregilo, il «general
contractor» che ha vinto l'appalto di 3,9 miliardi per la realizzazione del
Ponte. «Il Gruppo Impregilo crede ancora alla possibilità di realizzare il Ponte
sullo Stretto, forte del contratto siglato, anche se si rimette alle decisioni
del governo per eventualmente discutere circa i tempi della realizzazione - ha
detto l'amministratore delegato di Impregilo Alberto Lina, durante la conferenza
stampa di presentazione dei conti semestrali -. Un contratto è un contratto, se
il governo vuole rivedere le priorità se ne può parlare. Nel nostro portafoglio
ordini è contemplato il Ponte di Messina, siamo una società di ingegneri, a noi
piace costruire, parlare di penali non spetta noi. E' il governo che gestisce il
contratto. Se parte, ci muoviamo, altrimenti si vede cosa fare. Noi speriamo che
il Ponte si costruisca, è importante per il Paese. Pertanto c'è attesa
rispettosa verso il governo. Debbono decidere loro come procedere, noi riteniamo
di non voler affrettare alcuna decisione e di non voler creare un clima
conflittuale. Pensiamo di avere un contratto valido, abbiamo fatto ingenti
investimenti, altri sono previsti da fondi europei e sarebbe veramente negativo
perderli: discutiamo quindi su priorità e tempi. C'è materia per trovare
un'intesa per sviluppare le infrastrutture del Paese ed evitare una diatriba con
avvocati sulle penali. Si può arrivare anche a questo, ma speriamo di no».
La posizione della Impregilo, che nel frattempo si sta impegnando nella stesura
del progetto definitivo e cantierabile, è di buonsenso. Si delinea questa via
praticabile: intanto la Impregilo ultima il progetto, diciamo entro sei mesi,
poi il progetto passa all'esame del Cipe, e possono trascorrere altri sei mesi.
Nel frattempo è sperabile che si trovi un accordo per realizzare la grande
infrastruttura.
Mentre oggi il presidente della Regione Cuffaro va a Bruxelles per incontrare il
vicepresidente della Commissione europea Franco Frattini e il «tutor» del
«Corridoio 1 Berlino-Palermo», si prepara per martedì 19 la manifestazione di
Roma promossa dall'Mpa di Raffaele Lombardo (i «mille» - ma saranno molti di più
- partiranno anche con una nave). Da Messina, organizzati da Cateno De Luca
(Mpa) partiranno dieci pullman. «A qualcuno - ha detto De Luca - il Ponte dà
fastidio perché provocherebbe l'inversione di rotta dei capitali dal Nord verso
Sud, con il Ponte più lungo del mondo che anche gli esquimesi verrebbero a
vedere».
C'è dunque un pressing sul governo Prodi che trova anche l'appoggio del
segretario generale dell'Uiltrasporti, Giuseppe Caronia (come sapete, sia Uil
che Cisl nazionali e regionali sono d'accordo sulla realizzazione dell'opera).
«Non è possibile pensare ad un'Europa unita - ha scritto Caronia al presidente
Prodi e ai ministri Di Pietro, Bianchi e Padoa Schioppa - senza realizzare una
seria politica di integrazione complessiva a livello comunitario che ponga al
centro del dibattito anche il problema del Ponte sullo Stretto di Messina, la
sua utilità per lo sviluppo del Mezzogiorno e per la centralità strategica della
Sicilia nel bacino del Mediterraneo. Il Ponte, oltre a permettere il
completamento del Corridoio 1 Berlino-Palermo, avrebbe anche un elevato effetto
indotto determinato da un forte rilancio delle infrastrutture, in assenza delle
quali, questo sì, si produrrebbe il risultato di un'ennesima cattedrale nel
deserto. Appare quindi pretestuosa e strumentale quella corrente di pensiero che
pretenderebbe di trasferire le risorse finanziarie stanziate per il Ponte alla
realizzazione di infrastrutture che, a loro volta, senza il Ponte,
risulterebbero pressoché inutili».
«La realizzazione del Ponte - ha aggiunto Caronia - prevede per i sei anni
occorrenti 40 mila posti di lavoro in aggiunta a quelli necessari per
l'inevitabile sviluppo delle infrastrutture. Progresso, sviluppo e benessere
sarebbero dunque il prodotto di quest'opera. Non può pertanto un Paese civile
rinunciarvi a causa di quello che sembra essere un vero e proprio conflitto
ideologico. Ci auguriamo che a sostegno del Ponte si realizzi un'ampia
convergenza di tutti i parlamentari del Mezzogiorno, sia della coalizione di
governo e sia dell'opposizione».
Il ministro dell'Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio che si trova in Sicilia ha
fatto una dichiarazione di tutt'altro tenore: «La proposta che hanno fatto
alcune forze politiche, tra cui la mia, è quella di cambiare la ragione sociale
della società Stretto di Messina Spa in modo da utilizzare i soldi per altre
infrastrutture per il Sud, magari rilanciando alcune iniziative come quella di
produrre energia dalle maree. Comunque il Ponte non è nel programma della
coalizione che ha vinto le elezioni e che governa. La manifestazione che
terranno a Roma non ha senso». La replica di Nello Musumeci, leader di Alleanza
siciliana, è stata secca: «Non bisogna cambiare la ragione sociale della società
Stretto di Messina, bisogna cambiare il ministro dell'Ambiente».
Capodicasa «Ecco i
lavori propedeutici»
Il viceministro alle Infrastrutture Angelo Capodicasa, da noi richiesto di un
chiarimento sulle «opere propedeutiche» al Ponte sullo Stretto di cui ha parlato
l'altro giorno, ha precisato: «Sono opere che fanno parte del progetto
complessivo del Ponte, non sono lavori estranei al progetto, né dei diversivi
alternativi. Ponte o non Ponte, in ogni caso si dovevano fare perché sono utili
al territorio. Se poi il Ponte si farà, allora troverà già alcune di queste
opere realizzate in base al progetto, se non si farà resteranno al servizio
dell'area dello Stretto. Parlo di vie d'accesso al Ponte, di rete ferroviaria
che deve transitare sul Ponte, di sopraelevate. L'utilizzazione di due miliardi
già previsti per questi lavori non danneggiano dunque il progetto complessivo
del Ponte sullo Stretto di Messina, semmai sarebbero di concreto notevole
ausilio».
T. Z.
LA UIL TRASPORTI
LA UIL TRASPORTI
Ecco le ragioni
per realizzare l'opera
In una lettera aperta al premier Prodi e ai ministri Bianchi, Di Pietro e Padoa
Schioppa, la Uil Trasporti esprime le sue ragioni a favore del Ponte. Eccone i
punti principali:
Non è possibile pensare ad una Europa unita a tutti i livelli, senza realizzare
una seria politica di integrazione complessiva a livello comunitario, che ponga
al centro del dibattito anche il problema del Ponte sullo Stretto, la sua
utilità per lo sviluppo del Mezzogiorno e per la centralità strategica della
Sicilia nel bacino del Mediterraneo. In tale contesto, il Ponte assume un ruolo
strategico: per la Sicilia e per il superamento della sua condizione di
isolamento, geografico e sociale, attraverso l'integrazione delle due province
Messina e Reggio Calabria, con la realizzazione di un collegamento stabile che
decongestioni il traffico marittimo e che velocizzi ed ottimizzi oltre che i
collegamenti, la conoscenza, la comunicazione, lo scambio sociale, il progresso;
per la realizzazione dell'allacciamento al Corridoio 1 internazionale
ferroviario Berlino-Palermo.
Il Ponte quindi va visto positivamente come nodo nevralgico dell'intero sistema
anche per l'effetto indotto e determinato di un forte rilancio delle
infrastrutture in assenza delle quali si produrrebbe il risultato di una
ennesima cattedrale nel deserto:
1) sul versante continentale, con il potenziamento ed ammodernamento della
statale 106 Ionica con una nuova autostrada che colleghi, attraverso il Ponte,
la Sicilia alla Puglia; la elettrificazione della tratta ferroviaria ionica; la
ottimizzazione dei sistemi di collegamento al porto di Gioia Tauro; la
valorizzazione dell'aeroporto di Reggio Calabria.
2) sul versante isolano, con la Messina-Palermo, autostradale e ferroviaria;
l'impulso all'ampliamento e potenziamento dell'aeroporto di Palermo (Punta
Raisi), ampliamento e potenziamento dell'aeroporto di Trapani (Birgi); la
realizzazione dell'interporto di Catania; il raddoppio ferroviario sulla
Messina-Catania.
Vanno inoltre posti nel giusto risalto gli effetti positivi che la realizzazione
del Ponte produrrebbero nell'intero comparto dell'attività turistica per tutto
il Mezzogiorno.
Gli aspetti economici, sociali e di sviluppo finora elencati non possono essere
quindi trascurati, o addirittura ignorati, a causa di una contrarietà ideologica
alla realizzazione del Ponte. Basti pensare che nei preventivati sei anni
occorrenti per la sola realizzazione del Ponte, si prevedono 40.000 nuovi posti
di lavoro, in aggiunta a quelli necessari per la realizzazione delle
infrastrutture.
A nostro avviso l'opera, nel suo insieme, trova quindi concreta giustificazione
non solo per effetto di una analisi meramente ragioneristica basata sul rapporto
costi-benefici, ma soprattutto per effetto di una analisi di tipo prettamente
sociale.
Riteniamo pertanto sbagliata e priva di ogni logica la scelta di trasferire alla
realizzazione delle sole infrastrutture quelle risorse finanziarie già stanziate
per la costruzione del Ponte senza il quale le infrastrutture medesime
risulterebbero assolutamente inutili. E' sulla base delle motivazioni riportate
che l'opera, per la Uiltrasporti, è da considerarsi essenziale ed
irrinunciabile.
Giuseppe Caronia
Segretario generale Uil Trasporti
Zago (Ds): «Lottare
insieme per il Ponte»
«Facciamo un comitato di quanti a sinistra credono nell'opera. Non
abbandoniamo la Sicilia per opportunismo»
Un appello coraggioso per la
Sicilia del futuro
Tony Zermo
Il fronte del No al Ponte sta scricchiolando. L'intervento
del deputato regionale ds Salvo Zago che pubblichiamo qui accanto è importante
perché manifesta un'opinione in forte controtendenza rispetto alla linea
ufficiale del partito; poi perché afferma: «Il Ponte è di sinistra» e infine per
l'invito ai parlamentari siciliani della maggioranza di mettersi insieme per
sostenere il progetto del Ponte. Se si pongono a raffronto le dichiarazioni del
viceministro siciliano Capodicasa nettamente contrario al Ponte e le
affermazioni di Zago si vedrà quanto sia stridente il contrasto. Un fatto è
ormai chiaro: il No al Ponte è un ricatto politico dell'ala sinistra
(Rifondazione, Verdi e partito dei comunisti italiani) al governo Prodi. Se vi
arrischiate a fare il Ponte facciamo cadere il governo. Una pregiudiziale
ideologica che ha costretto la maggioranza a scippare la dotazione finanziaria
della società «Stretto di Messina» e a rinviare sine die la realizzazione del
progetto. Quando si dice che il Ponte «non è una priorità» significa che questo
governo non vuole farlo. O meglio: non può farlo perché rischia la crisi. La
stessa cosa che ci fece capire il presidente calabrese Loiero: «Il Ponte? Ma lei
vuole che io mi dimetta?».
Ora un ds raziocinante come Zago attacca la linea del
governo e le arroganze dei partitini che impediscono la realizzazione del Ponte.
Ci auguriamo che anche gli altri esponenti siciliani della maggioranza abbiano
lo stesso coraggio di schierarsi a favore di una infrastruttura fondamentale per
lo sviluppo della Sicilia. Il Ponte non ha partito, anzi ne ha uno soltanto:
quello degli uomini di buona volontà.
Dunque il Ponte di Messina sarebbe una storia chiusa? E per
quali profonde ragioni dal momento che, ad oggi, non sono state addotte
motivazioni serie e convincenti? La favola della "non urgenza" non incanta più
di tanto e, paradossalmente, non costituisce una rimozione definitiva
dell'opera, anche se si fa strada il timore che, per adesso, non se ne farà
nulla.
Allora io mi domando: possiamo da uomini della sinistra e
da siciliani accettare senza battere ciglio questa decisione surrettizia che
maschera, dietro criteri di opportunità finanziarie, una scelta antimeridionale
e antisiciliana? Adopero termini così forti perché, mentre si gigioneggia sul
Ponte, nulla si dice sulle dimensioni finanziarie di trafori alpini dai costi
stratosferici, di varianti di valico, del Mose di Venezia, dell'alta velocità
che viene deviata su Bari anziché proseguita su Palermo - il famoso corridoio
uno Berlino-Palermo.
Si argomenta che sono infrastrutture necessarie allo
sviluppo del Paese per collegare l'Italia all'Europa. Giusto. Nessuno di noi fa
osservazioni, ma noi, la Sicilia, che siamo? Non dobbiamo essere collegati con
le altre regioni d'Italia e d'Europa? Perché solo il Ponte diventa "non
prioritario" per lo sviluppo del Paese?
C'è in questa vicenda il segno di un logoramento profondo
dell'identità nazionale e di una intera classe dirigente che non riesce ancora a
parlare al Paese di un progetto comune e condiviso. Per chi come me milita nella
sinistra questo è fuori da ogni logica e merita una battaglia politica a cui
chiamare quanti più sostenitori possibile facendo uscire dal torpore o dal
silenzio opportunistico quanti, per ruolo e per funzione, dovrebbero invece fare
sentire alta la voce della Sicilia del lavoro e della produzione.
Non ritengo ammissibile che il Ponte diventi bandiera di un
movimento, il MPA di Lombardo, che è sempre stato parte integrante e importante
della classe dirigente regionale e nazionale e proprio per questo non ha meno
responsabilità di altri, e i cui collegamenti con la Lega di Bossi sono quanto
di più contraddittorio ci sia stato dato di vedere, - come il recente voto al
Senato, proprio sul Ponte, evidenzia, ammesso che ce ne fosse stato bisogno -
proprio perché la Lega è stata l'attore principale di quella politica
antimeridionale che, durante il governo Berlusconi-Tremonti ha drenato risorse
incredibili a vantaggio esclusivo del nord, squilibrando in tutti i sensi lo
sviluppo del Paese.
E allora bisogna farla questa battaglia per il Ponte. Fare
il Ponte è una scelta per dare una delle tante risposte che necessitano per lo
sviluppo e la crescita della Sicilia e del Mezzogiorno. E per questo è una
scelta di sinistra. E se no, perché il governo Amato la compì, quella scelta e
ce ne vantammo a livello nazionale e regionale, da Prodi a Rutelli, da Anna
Finocchiaro a Enzo Bianco e altri, come è facile riscontrare andando a guardare
la rassegna stampa della primavera del 2001? Fare la battaglia per il Ponte,
tuttavia, non significa chiudere gli occhi su aspetti che dovessero risultare
poco chiari o suscitare perplessità. Dobbiamo parlare seriamente ai Siciliani e
altrettanto seriamente al Paese, per non dire della comunità internazionale. E'
possibile, è necessario andare avanti, lavorando con determinazione per rendere
certa e irreversibile la compatibilità tecnica, ambientale, economica. Per fare
questo serve onestà e chiarezza, e serve credere nella utilità del Ponte e,
soprattutto, volerlo.
Non è un problema di quanti minuti si risparmiano per
andare da Messina a Reggio - che comunque non sono pochi, come potrebbero
costatare molti di quelli che lo sostengono solo se lo attraversassero in
macchina o in autotreno anziché sorvolarlo in aereo -, il punto è la fluidità
del percorso, la garanzia di eliminare strozzature e interruzioni nel traffico
ferroviario e nel gommato, dando certezze di percorrenza e di costi per la merce
in partenza dalla Sicilia per il resto del Paese. Non ho difficoltà a
riconoscere che sulle lunghe o lunghissime percorrenze verosimilmente sono più
interessanti le autostrade del mare, ma il tema è rendere possibile collegare il
Mezzogiorno per integrarlo con la Sicilia e farne una macroregione capace di
svolgere un ruolo nel mercato nazionale e in quello mediterraneo. Per la qual
cosa non si può non partire dalla sua infrastrutturazione, come è del tutto
evidente e come stanno cercando di fare le Regioni settentrionali che assieme,
senza l'idiozia degli schieramenti contrapposti, hanno posto il tema della
modernizzazione delle infrastrutture delle Regioni settentrionali!
Oggi aerei e computer accorciano le distanze, ma resta il
problema della logistica regionale necessaria a integrare parti del territorio e
farne sistema. La mia opinione è che lo sviluppo del Paese non decolla se non si
sviluppa il sistema Sicilia-Mezzogiorno. Il ponte dunque è un elemento di questa
sfida politica e culturale, oltre che economica e sociale.
Il Ponte è un opera indispensabile all'Italia e all'Europa,
proiettate, proprio con la Sicilia, nel Mediterraneo, sempre più punto focale
dei futuri commerci mondiali, "ponte", a sua volta, assieme all'oceano Atlantico
tra l'Asia e le Americhe, oltre che snodo centrale dell'area di libero scambio
del 2010.
La dimensione è dunque tale da non consentire che un simile
progetto sia lasciato a eventuali "furbetti del quartierino" di turno, ma non è
neanche possibile che sia affidato a chi, non credendoci scivola d'ala, perde
tempo, rinvia e parla di "non urgenza". Lo dico ai miei compagni, attenti e
prudenti navigatori della politica: non possiamo permetterci, per considerazioni
di "opportunità politica", di rinunciare a difendere un progetto essenziale per
lo sviluppo dell'Isola e del Paese. Non possiamo tradire le attese suscitate e
gli impegni assunti in tanti decenni. E' per questo che chiedo di fare a
sinistra un punto di riflessione serio, criticamente informato e collettivo sul
Ponte e di raccogliere in un comitato quanti a sinistra e nel centro-sinistra
tecnici, operatori economici, sindacalisti, politici amministratori vogliono che
il Ponte si faccia e subito. Per evitare che più in là, come teme Mario Monti,
non aver realizzato il Ponte, possa essere motivo di pentimento.
Salvatore Zago
Deputato regionale Ds
HANNO DETTO
Ecco le posizioni
del centrosinistra
Ministro Bianchi (Pdci)
«Il Ponte non s'ha da fare, è inutile e stupido».
Ministro Pecoraro Scanio (Verdi)
«Un'opera faraonica che distrugge l'ambiente e disturba il volo degli uccelli
migratori».
Ministro Di Pietro (Idv)
«Non è prioritario e quei soldi ci servono per opere più utili».
Vicepremier Rutelli (Margherita)
«Al momento non ci sono le risorse».
Paolo Mezzio (Cisl Sicilia)
«I soldi del Ponte c'erano: perché li hanno presi?».
Aurelio Misiti (Idv)
«Il progetto è stato approvato da comunità scientifiche di livello
internazionale».
Enzo Bianco (Margherita)
«Sono sempre stato favorevole al Ponte».
Sottosegr. Raffaele Gentile (socialista)
«La Sicilia non può fare a meno del Ponte».
Folco Quilici (ambientalista)
«I ponti si fanno in tutto il mondo: sono uno strumento di progresso».
Mario Monti (economista)
«Forse un giorno ci dovremo pentire di non averlo fatto».
Andrea Monorchio (ex Ragioniere dello Stato)
«Non ci sono dubbi che il Ponte sullo Stretto è un'opera utilissima per il
Meridione».
In difesa del
Ponte
L'appassionato appello lanciato ieri dal deputato regionale
ds Salvo Zago sul nostro giornale in cui «chiama a raccolta» i parlamentari
siciliani di centrosinistra affinché appoggino la realizzazione del Ponte sullo
Stretto ha suscitato interesse negli ambienti politici.
«La realizzazione del Ponte sullo stretto rappresenta il
trampolino di lancio della Sicilia e del Mezzogiorno d'Italia verso un futuro
roseo». Lo sostiene il presidente della Regione, Salvatore Cuffaro che aggiunge:
«Ho più volte fatto appello ai politici siciliani di sinistra di mettere da
parte l'appartenenza partitica per gli interessi della Sicilia, che il governo
Prodi sta mortificando. Mi riferisco all'aumento della quota di partecipazione
alla spesa sanitaria, al colpo di spugna operato per il centro di ricerca Ri.Med
di Carini, lo stop ai termovalorizzatori e infine lo scippo dei fondi per la
realizzazione del Ponte».
«Fondi - prosegue il presidente della Regione Cuffaro - che
non si capisce dove siano andati a finire. Ci è dispiaciuto che il voto di
qualche settimana fa alla Camera contro la realizzazione del Ponte sullo Stretto
sia stato determinato in gran parte dal voto dei deputati siciliani della
sinistra, che in quella occasione hanno preferito votare la mozione Franceschini
contraria alla realizzazione del Ponte invece che privilegiare gli interessi
della Sicilia e dei siciliani».
«Prendiamo atto con piacere che altri politici siciliani,
tra i quali l'onorevole Zago - prosegue Cuffaro - con grande onestà mentale e
con profonda convinzione, appoggiano la realizzazione dell'opera e fanno appello
a non abbandonare la Sicilia per opportunismo, e io aggiungo, a non piegarsi a
una logica di appartenenza meramente ideologica, di corte vedute assecondando la
linea di chi ha posto la Sicilia davanti all'alternativa truffaldina: o il Ponte
o le strade e le ferrovie. Una logica che io continuo a rifiutare, perché penso
che la Sicilia abbia diritto di ottenere sia il Ponte che le altre
infrastrutture».
Bisogna avere - spiega Cuffaro - una visione ampia, di
prospettiva: senza il Ponte, come si può sperare che l'alta velocità ferroviaria
possa arrivare mai in Sicilia? E che senso ha parlare ancora di completamento
del Corridoio 1 Palermo-Berlino? Bisogna capire che Ponte e infrastrutture non
sono alternativi ma complementari».
«Mi auguro che l'onorevole Zago e altri parlamentari
favorevoli alla realizzazione del Ponte facciano quadrato e che possa partire
una iniziativa comune per avviare un progetto per far sì che il governo Prodi
riveda le sue posizioni».
Da parte sua il segretario di Rifondazione comunista Franco
Giordano, parlando a Torino ha detto che «c'è un'idea sbagliata di sviluppo del
Paese: quelli del centrodestra erano lì in piazza a Roma a rivendicare con
grande forza di costruire il Ponte sullo Stretto di Messina, come direbbero qui
di essere a favore dell'Alta velocità. Noi siamo contro il Ponte sullo Stretto
così come siamo contro l'Alta velocità».
R. P.
Impregilo farà il
progetto del Ponte
Salvo Raiti (Idv).
«C'è un'intesa con il governo che pagherà 60 milioni a
studi ultimati: il Ponte è irrinunciabile»
Tony Zermo
Catania 10.12.2006. Salvo Raiti è un avvocato
amministrativista di Linguaglossa con studio a Catania. Quando Di Pietro l'ha
chiamato a far parte della sua squadra lui non aveva la minima idea di far
politica militante. Ci ha pensato un po', ha chiesto chi sarebbero stati i
«compagni di viaggio» e poi ha accettato la scommessa.
Non ha nemmeno 42 anni e ha già sulle spalle con Italia dei
valori cinque anni da deputato regionale e adesso è alla Camera. Un uomo
pratico, «cammino con le carte in mano», dice. E una delle cose che ha fatto con
un emendamento già passato nel maxiemendamento è quello di sospendere il
pagamento dei tributi per i 13 Comuni catanesi (Acireale, Santa Venerina,
Belpasso, Zafferana, Ragalna, Milo, Trecastagni, Piedimonte, Linguaglossa,
Castiglione di Sicilia, Acicatena, Aci Sant'Antonio e Nicolosi) colpiti dalla
pioggia di cenere nel 2002.
«Tutti si aspettavano che dopo la proroga dell'emergenza
seguisse come avvenuto in passato anche la proroga della sospensione dei tributi
per cui nessuno aveva cominciato a pagare la rateizzazione dei tributi, ma la
sospensione non arrivò mai. L'Agenzia delle entrate che ha detto? Il tempo è
scaduto, non avete più diritto alla rateizzazione, dovete pagare tutto e subito.
Significava l'iscrizione a ruolo delle cartelle esattoriali. Una patata
bollente, tutti erano in agitazione. Ora con questo emendamento ci si può
mettere in regola cominciando a pagare le rate entro il prossimo 30 giugno e con
l'abbattimento del 50% dei tributi e la conseguente sospensione delle cartelle
esattoriali». Insomma, si potrà pagare a rate la metà del dovuto grazie ad uno
stanziamento del governo di 90 milioni di euro. «Altrimenti sarebbe stato un
disastro per migliaia di persone», commenta.
Raiti ha il pallino delle opere pubbliche «perché senza il
Ponte sullo Stretto, l'alta velocità ferroviaria e i porti, che ci stiamo a fare
al centro del Mediterraneo?», dice. Quasi quasi lo abbracciamo.
Però il governo non vuole il Ponte.
«Un momento: dice che non è una priorità, ma questo non
vuol dire che non si farà. E non vogliamo a tutti i costi pregiudicare il
completamento del progetto. La Impregilo continua a lavorare e a progetto
completato avrà 60 milioni, c'è già un accordo di massima con il governo. Quando
il progetto sarà definitivo si deciderà cosa fare. L'ha detto anche Di Pietro:
noi non ci sentiamo di mettere una pietra sopra al progetto. Ma il Ponte ha un
senso se inserito nel Corridoio 1 Berlino-Palermo che consentirà alla Sicilia di
giocare un ruolo importante nella zona di libero scambio euromediterranea. Se ci
sarà il Corridoio 1 che consentirà di agganciare la Sicilia all'Europa e se
avremo contemporaneamente una portualità efficiente in modo da competere con
Spagna e Grecia, allora la Sicilia potrà svilupparsi. Non per nulla assieme a
Piro, Crisafulli abbiamo fatto passare in Finanziaria la norma che definisce il
grande porto di Augusta come hub del Mediterraneo con uno stanziamento di 105
milioni».
Però il Ponte è soprattutto ferroviario. Se non ci passerà
l'alta velocità potrebbe essere una cattedrale nel deserto.
«Per sistemare la ferrovia da Napoli alla Sicilia occorrono
28 miliardi, ma quando uno fa politica deve pensare al futuro. Se noi ci
tagliamo fuori da questa opportunità di collegarci alla rete trasporti della
grande Europa faremo un errore che poi piangeremo. E poi non è che si debba fare
tutto subito, gli impegni si possono spalmare in un certo numero di anni».
Ma le risorse dove si trovano?
«Abbiamo calcolato che nell'arco di sette anni al
Mezzogiorno toccheranno 170 miliardi. Quando sarà chiusa la Finanziaria e
potremo fare i conti precisi ci si siede a tavolino e si stabiliscono le
priorità. Il Ponte secondo i nostri calcoli costa 8-9 miliardi, comprese le
opere da fare a Messina; l'alta velocità Napoli-Reggio Calabria, che il
precedente governo non aveva messo in programma, e per me è stata un'amara
sorpresa, costa 28 miliardi; 4-5 miliardi ci vorranno per velocizzare la tratta
Palermo-Catania-Messina; altri soldi saranno necessari per completare le opere
incompiute che in Sicilia sono centinaia, tra le priorità c'è anche la
Catania-Ragusa. Capisco che sono tanti soldi, ma l'importante è cominciare a
programmare, a fare i progetti, poi i soldi si troveranno».
Ma l'ala sinistra della maggioranza non vuole né il Ponte e
né l'alta velocità ferroviaria.
«La politica può cambiare. Di certo non l'enorme importanza
del Ponte, e quindi del Corridoio 1 per l'agricoltura, per il turismo, per gli
investimenti. Su questo invito tutti a ragionare e trovo sensato l'appello ai
colleghi di centrosinistra lanciato dal deputato regionale ds Salvo Zago. Se
abbiamo a cuore i veri interessi di questa terra dobbiamo affrontare e risolvere
il problema delle infrastrutture in Sicilia e nel Mezzogiorno. Altrimenti non
c'è futuro».
Sito Regione
Sul Ponte sondaggio on line
Il Ponte sullo Stretto è un'infrastruttura utile per lo
sviluppo della Sicilia? Da oggi chiunque potrà esprimere il proprio parere on
line collegandosi al sito della Regione siciliana all'indirizzo
www.regione.sicilia.it. Sull'home page, un link in cui è raffigurato al computer
il Ponte, consentirà di scegliere tra le diverse opzioni. Il sondaggio, secondo
il presidente della Regione Salvatore Cuffaro «consentirà di stabilire se
davvero i cittadini siciliani, ma non solo, sono favorevoli alla realizzazione
di un'opera della cui necessità restiamo convinti sostenitori». Per garantire la
veridicità dei risultati, non sarà possibile votare più di una volta. Il
sondaggio resterà on line per sei mesi.
«Sono certo - ha aggiunto fiduciosamente Cuffaro - che
l'esito del sondaggio ci darà ragione perché, al di là delle prese di posizione
strumentali di alcuni rappresentanti della maggioranza di governo, nessuno può
oggettivamente negare che il Ponte rappresenti uno strumento di sviluppo e una
grande opportunità per attrarre investimenti e ridurre, in ogni senso, le
distanze con l'Europa».
Cuffaro non perde occasione per tenere viva la questione
del Ponte. E fa bene. Inizialmente aveva pensato a un referendum in Sicilia
commissionato a un istituto specializzato in sondaggi, poi evidentemente ha
dirottato sul referendum on line che non costa nulla.
Il problema è che si tratta soltanto di un sondaggio
indicativo ed è molto probabile che quanti sono contrari si precipiteranno con i
loro computer sul sito della Regione per dire peste e corna dell'opera, mentre
chi è favorevole è facile che si astenga o per pigrizia, o perché non crede alla
utilità dell'iniziativa, o perché non usa il computer.
Comunque tutto serve, anche il referendum on line, per non
far cadere nell'oblio un problema importante per il futuro della Sicilia:
altrimenti, aspettando che il governo Prodi dia una risposta seria e non
evasiva, si rischia il silenzio tombale. A favore del Ponte ci sono stati
interventi di personaggi autorevoli, l'ultimo Andrea Camilleri, ma la
maggioranza ha continuato a far finta di non sentire. Con la coalizione di
governo che traballa e con il costante potere di ricatto della sinistra
oltranzista, volete che Prodi metta a rischio i suoi precari equilibri per dire
sì al Ponte? Impensabile. E allora a noi siciliani non resta altro da fare che
sperare che qualcosa cambi. E intanto facciamo questo volenteroso sondaggio, per
quel che può valere.
T. Z.
Dal sito La Sicilia
Tony Zermo
E tuttavia c'è una parte consistente della maggioranza di governo che dice di no
a priori.
«Anche a me piace passare il tempo libero sulla barchetta, ascoltando il canto
dell'uccellino. Poi però tutti quelli che lo dicono vanno a fine settimana a
sciare, con il Suv, il sigaro in bocca, con i telefonini e fanno ogni giorno il
pieno di benzina. Bella la poesia. Diciamolo: c'è uno scontro ideologico che non
ci dovrebbe essere, ma c'è, e impedisce di prendere delle decisioni coerenti Ci
dev'essere per forza uno scontro ideologico se è vero, come è vero, che il
governo Amato aveva deciso di fare il Ponte e poi ha rinunciato. Ma è uno
scontro che si deve cercare in tutti i modi di superare».
Scusi, ma se prima bisogna fare le ferrovie, poi le strade e quant'altro, il
Ponte lo vedranno i nostri nipoti. O no?
«Non ditemi quando si faranno le cose, intanto cominciamo a fare qualcosa. Sul
Ponte, ripeto, non dobbiamo dividerci, fare battaglie ideologiche, ma lavorare
tutti assieme. Io so bene come ministro che le infrastrutture non hanno colore e
che un giorno da Palermo a Berlino si dovrà arrivarci direttamente. E poi noi
dell'Unione non abbiamo mai detto che il Ponte non si dovrà fare, ma che prima
bisogna intervenire su altre realtà infrastrutturali tra Sicilia e Calabria.
Facciamo le opere propedeutiche, velocizziamo le ferrovie siciliane, la
Palermo-Catania-Messina che coinvolge un milione e mezzo di persone. Queste
opere serviranno comunque per il Ponte, sono cose che necessariamente si debbono
fare anche in vista del Ponte. Se non ci sono le ferrovie, se sul Ponte non
possono transitare i treni, a che serve?».
Però queste opere propedeutiche, come lei le definisce, non hanno copertura
finanziaria, non hanno progetti definitivi.
«Si debbono fare E non mi permetterò mai di bypassare l'autonomia decisionale
della Regione. Sarebbe un grave errore se il governo centrale prendesse i soldi
della Sicilia e decidesse da solo».
Sullo Stretto c'è stato un gravissimo incidente. Non vogliamo speculare su quei
poveri morti, ma certamente c'è un problema di sicurezza. Lo Stretto è troppo
affollato.
«C'è stato un errore umano. E oltre a questo c'è un problema di standard di
sicurezza che il Ponte non risolverebbe (perché, scusi?, ndr). Una delle ragioni
fondamentali della mancanza di sicurezza è che l'Unione ci ha chiesto delle cose
e non le hanno fatte. L'Ue ci ha chiesto lo scorporo tra le funzioni del gestore
e le funzioni di vigilanza che attualmente fanno capo entrambe alle Ferrovie
dello Stato. Non ho mai visto bene un'opera in cui il controllore è anche il
gestore: è come uno studente che si interroga e poi si dà il voto».
Di certo il Ponte non può essere sostituito dalle «vie del mare», di cui parla
il ministro Bianchi. Dove sono questi porti in Sicilia? L'unico potrebbe essere
quello di Augusta, ma non ci si può lavorare perché prima bisogna bonificare la
rada.
«Un momento, i porti sono utili, a prescindere dal Ponte. Cina e India stanno
invadendo con le loro merci il mondo. E quando passano il Canale di Suez, se non
c'è un porto attrezzato in Sicilia, queste navi passano oltre verso il Nord.
Sono bestioni che portano diecimila Tus, container, e hanno bisogno di un
pescaggio di almeno venti metri. Bisogna dragare i fondali, ma mi hanno sempre
detto che il problema è: dove si sposta il materiale dragato? Ci sono amianto,
elementi di inquinamento e altro. Allora ho suggerito: spostiamo questo
materiale accumulatosi negli anni sullo stesso fondale marino e apriamo un
percorso dove possono entrare le navi».
Torniamo al Ponte. Lei lo sa che era stato promesso alla Sicilia sin dagli anni
50 e che dal 1971 c'è una legge istitutiva del Parlamento per la società
«Stretto di Messina».
«Vabbè, ma in cinquant'anni cos'ha fatto la classe politica siciliana? Come si è
battuta per ottenere la realizzazione dell'opera? Come ha fatto sentire il suo
peso? Noi non abbiamo cancellato la società dello "Stretto di Messina", abbiamo
detto alla Impregilo che ha vinto l'appalto di continuare a fare il progetto
definitivo, altrimenti avremmo dovuto pagare una penale di 263 milioni di euro.
Avremmo pagato una penale per non avere niente in cambio. E che siamo scemi?
Abbiamo detto di continuare a lavorare. Quando il progetto sarà ultimato lo
possiamo anche dare alla Regione siciliana in cambio di un solo euro. La Regione
ha un piano finanziario per fare l'opera? Va benissimo, ne parli anche con la
Regione Calabria, da me non ci saranno mai ostacoli».
La questione meridionale sembra però accantonata a vantaggio di una questione
meridionale.
«E' vergognoso che dopo tanti anni non ci sia ancora la Salerno-Reggio Calabria
- ora però tutti i cantieri sono aumentati e finanziati -, ma è anche vergognoso
che da Brescia a Milano migliaia di automobilisti ogni santo giorno impieghino
due ore e mezzo all'andata e altrettanti al ritorno. Quindi c'è anche una
questione settentrionale. E se continuiamo in questa ottica della scontro
territoriale non andiamo da nessuna parte. C'è un altro scontro, quello con gli
ambientalisti. Io sono per tutelare l'ambiente, ma a patto che non dicano
aprioristicamente no a tutto. Invece vedo che ci sono gruppi che si spostano
come una popolazione navigante da una parte e dall'altra per dire "questo non
s'ha da fare e quest'altro non sa da fare". Stamane ho saputo che quelli che
protestano per la Tav in Val di Susa, ora hanno deciso di andare a Vicenza
contro la base Nato. Se togliamo queste barriere preconcette, allora la
soluzione si trova».
Alla fine una domanda sul governo: può cadere sulla base militare di Vicenza e
sulla missione in Afghanistan? «Assolutamente no, sono due cose differenti. Fare
un parallelismo del tipo: "tu non mi hai fatto questo e io non ti faccio quello"
è una logica del ricatto alla quale il governo deve sottrarsi».
gli interventi, le posizioni e le curiosità emerse nel dibattito
La maggioranza dice sì al Ponte. Ma è quella dei Lions siciliani
Andrea Lodato
Catania. Sul Ponte la maggioranza è favorevole. E' una notizia, anche se, per
dirla tutta e subito, la maggioranza di cui si parla non è quella di governo
litigiosa e divisa su quasi tutto, ma quella dei Lions siciliani. Un esercito di
cinquemila professionisti che al Ponte ha detto sì. Lo annuncia, al convegno
organizzato col ministro Di Pietro, Antonio Pogliese, che del club Catania Host
è una delle anime. Serve a qualcosa saperlo? Sì, per esempio a comprendere il
clima del dibattito, a capire il perché di certi mugugni e di lunghi applausi.
Tanti gli invitati politici illustri e, alla fine, tutti bravi a sfiorare appena
le polemiche tra i poli e cercare di parlare di presente e futuro.
Tanto più che il Rettore e padrone di casa, Tony Recca, spiega subito:
«Arriveranno in Sicilia 100 miliardi. Bene, non importa da dove e da chi». E
aggiunge: «Il Ponte è importante, pure le strade lo sono, ma non dimentichiamo
ricerca e formazione». Monito sacrosanto, perché di questo passo oltre lo
Stretto, a nuoto o in traghetto o in volo, non avremo più cervelli made in
Sicily da mandare. Saluto del sindaco Scapagnini: «Importante, ricorda, far
crescere ancora Catania e il suo sistema di vie di comunicazione, considerando
che la sua intermodalità sta tutta racchiusa in 4,5 chilometri, tra asse
attrezzato, tangenziale, porto, aeroporto e quel che ancora nascerà. E su questo
contiamo sul supporto proprio di Di Pietro».
Un confronto politico a distanza, breve, è quello tra il senatore dell'Ulivo
Enzo Bianco e l'eurodeputato di Forza Italia, Giuseppe Castiglione. Bianco
conferma la sua linea per il sì al Ponte dal momento in cui partiranno i lavori
per realizzare le infrastrutture prioritarie e ricorda pure che fu il governo
Amato nel 2001 a votare a favore della grande opera. «Non cambio idea -
ribadisce Bianco - anche se mi sembra ovvio che senza una Tav siciliana e senza
un sistema autostradale moderno e completo il Ponte servirebbe davvero solo a
Natale e a Ferragosto, quando c'è la grande fila di auto. E, invece, sono treni
che devono passare soprattutto da lassù».
Castiglione, tre sedie più in là e dall'altra sponda politica, ricorda che il
governo regionale ha fatto ed è pronto a fare ancora solo interventi mirati per
quanto riguarda il sistema dei trasporti. Dunque niente soldi buttati in
microopere dal governo regionale, mentre, accusa, quello nazionale le Tav non le
ha ancora messe nero su bianco in nessun documento ufficiale e, tra l'altro,
avrebbero costi proibitivi.
Saluta anche il presidente della Provincia Raffaele Lombardo, che del Ponte ha
fatto la madre di tutte le battaglie del Mpa. Saluta e regala al ministro la
copertina della Domenica del Corriere del 21 marzo del 1965 in cui con un
disegno bello e suggestivo dei suoi, Molino, Walter ovviamente, illustrava il
Ponte che da lì a qualche settimana sarebbe cominciato a sorgere tra Sicilia e
Calabria. «Ma qui il Ponte non lo vogliono più fare e anche quell'idea tanto
bella di potenziare i porti di Augusta e Pozzallo, cioé quelli più a Sud
d'Europa, per intercettare il traffico delle merci provenienti da Oriente,
sembra tramontato. Come stiamo da queste parti a infrastrutture? Basta leggere
l'ultimo rapporto Svimez: il rapporto Sud Nord è di 0,7 qui rispetto a 100
dell'altra Italia».
Il deputato di Italia dei Valori Salvo Raiti ammonisce: bisogna approvare subito
una mozione, anche con voto trasversale, che cambi quella stortura voluta e
firmata dall'ex ministro Lunardi che nell'accordo Pon 2000-2006 segnò
Battipaglia come punto d'arrivo del Corridoio 1, tagliando tutto il resto del
Sud e, di fatto, rendendo inutili tutti questi dibattiti in corso, speranze e
scontri. Sul Ponte Raiti è d'accordo ed arriva a dire: «Siamo sempre stati tanti
quelli favorevoli nel centrosinistra, ma nel programma di governo non c'era...».
Parlano anche i deputati di Forza Italia Floresta e Palumbo, il commissario
della Circumetnea Spampinato, poi due donne che provocano qualche mugugno,
Cinzia Dato deputato della Margherita e la responsabile catanese del Wwf, Angela
Guardo. La prima sul Ponte è perplessa e dubbiosa, la seconda, invece, supera il
Ponte e chiede a Prodi, quelle sì, le infrastrutture necessarie. E il Ponte? «Ci
batteremo per farlo noi - assicura l'assessore regionale Mario Torrisi - stiamo
già lavorando, impegneremo risorse regionale e comunitarie e stiamo già
coinvolgendo imprenditori privati e banche nazionali ed internazionali».
Per il ministro non si può impedire il collegamento con l'Europa
«Il Ponte si farà, è nell'ordine naturale delle cose, non si può tagliare fuori
la Sicilia dallo sviluppo», ha detto il ministro Di Pietro alla tavola rotonda
del Lions Host all'Università di Catania. «Intanto velocizziamo le ferrovie e
facciamo le opere che comunque serviranno al Ponte. Non dividiamoci su questo».
Andrea Lodato, tony zermo3
Signor ministro,
ci permetta di rivolgerLe una domanda che spesso facciamo a noi stessi: quale
futuro per la Sicilia?
Lei conoscerà senz'altro lo stato in cui versa l'Isola. Ma non da adesso, da
antico tempo. Immagini che a conti fatti, dall'Unità d'Italia ad oggi, i
benefici che ha ricevuto la nostra terra si possono contare sulle dita di una
mano. Le stesse industrie, scese in Sicilia per portare lavoro in una terra
senza lavoro, più che risolvere i problemi in parte li hanno aggravati
deturpando tra l'altro una ricchezza che avevamo, cioè l'ambiente, col suo mare,
le sue spiagge, i suoi campi. Ma di questo ci facciamo carico noi siciliani: la
fame porta spesso a svendere i gioielli di famiglia.
Ma mettiamo da parte il passato e guardiamo ai problemi di oggi, senza
vittimismi, consapevoli anche delle nostre responsabilità. Siamo convinti che la
Sicilia sia in emergenza e come tale non ha bisogno di micro strategie che
spesso dai politici nostrani vengono sbandierate come grandi conquiste. E'
necessario un progetto di largo respiro, una specie di Piano Marshall, che
riguardi le grandi reti infrastrutturali di comunicazione (dall'assetto viario
alle ferrovie, ai porti), di energia elettrica, di autostrade informatiche, di
una rete idrica che soddisfi le esigenze di tutto il territorio. C'è bisogno
soprattutto di lavoro, che può arrivare realizzando anche le opere sopra citate.
E tutto questo non si può risolvere con pannicelli caldi che servono solo ad
attenuare i dolori. Ci vuole il coraggio di una svolta che metta, come ha
ripetutamente detto il capo dello Stato, in prima linea la «questione
meridionale», che è anche la nostra, quella siciliana. Se abbiamo sostenuto il
Ponte di Messina, non è stato per avere un'opera faraonica solo da ammirare, ma
perché credevamo, e lo crediamo tuttora, che fosse una spinta per realizzare
contestualmente le altre opere di comunicazione. Lei da economista sa benissimo
che, se non si crea un volano, e il Ponte lo sarebbe, tutto il resto camminerà a
fatica. Ed è inutile l'ipocrisia politica delle priorità: tutto è priorità.
Da questo governo aspettavamo una parola nuova, invece, a detta dei nostri
politici del centrosinistra, abbiamo dovuto addirittura difendere con i denti
quel poco che già ci era stato concesso. Gli stessi soldi tolti al Ponte ancora
non si sa che fine faranno. Ma anche se dovessero arrivare, come è stato
promesso, sarebbero sempre poca cosa per quel piano d'emergenza di cui la
Sicilia ha bisogno.
Lei potrebbe rispondere: avete ragione, ma dove prendiamo tutti questi
quattrini? Non dimenticando che nel 2010 si aprirà nel Mediterraneo l'area di
libero scambio, crediamo sia necessario preparare la Sicilia all'evento,
facendola diventare, con seri interventi, come la fiscalità di vantaggio,
un'«isola promessa», capace di convincere imprenditori italiani e stranieri a
investire. Certo oltre ai finanziamenti europei occorre che la Regione la smetta
di far dipendere l'economia dalla politica clientelare, disperdendo in mille
rivoli le sue risorse e occorre che lo Stato intervenga in maniera seria senza
fare il gioco delle tre carte. Attualmente, solo per ricordare un dato, nel Sud
vengono stanziati per infrastrutture 200 euro pro capite in meno rispetto al
Nord. In Sicilia ancora meno.
Nonostante ciò qualcosa di positivo si è riusciti a fare: ci riferiamo al
settore dell'informatica nel Catanese, alle aziende vitivinicole della Sicilia
occidentale, al polo agricolo del Ragusano, al turismo qualificato che è
purtroppo limitato a poche zone nonostante il ricco patrimonio di cui tutto il
territorio è dotato.
Più che una promessa, aspettiamo da Lei, da saggio economista, un'idea, un
progetto, un programma. Chissà, potrebbe cominciare a dire qualcosa di più
preciso nell'incontro che oggi avrà a Catania. L'emergenza non è rinviabile e la
Sicilia vuole guardare al futuro. Il gap tra Nord e Sud è così profondo che se
non si annulla allontanerà sempre più la Sicilia non solo dall'Italia ma
dall'Europa.
Alla Camera mozione di Italia dei valori (Raiti-Misiti)
Il Ponte è una priorità dell'Ue: il governo lo faccia
Tony Zermo
Se c'è una forza politica che si batte con convinzione per il Ponte dello
Stretto è Italia dei valori. Sarà una forza piccola, ma non tanto (19 deputati e
quattro senatori), però combattiva e perdipiù del centrosinistra e perdipiù con
il suo leader e fondatore, Antonio Di Pietro, che è ministro delle
Infrastrutture. Se dipendesse da loro, il Ponte si farebbe subito. Di Pietro a
Catania lo ha detto: «C'è uno scontro ideologico su quest'opera, inutile
negarlo. E c'è un popolo navigante che va dalla Val di Susa (Tav) a Vicenza
(base americana) per dire no a tutto. Per cui è necessario non dividersi sul
Ponte».
Ora dalla pattuglia di Idv è partita una mozione, i cui primi firmatari sono il
catanese Salvo Raiti e il calabrese Aurelio Misiti che quand'era presidente del
Consiglio superiore dei lavori pubblici dichiarò, dopo un lungo esame
scientifico, la fattibilità del progetto.
La mozione fa presente che sia il precedente governo che quello attuale hanno
dirottato delle somme destinate al «Corridoio 1 Berlino-Palermo» al
potenziamento della Caserta-Foggia e in pratica del «Corridoio 8», quello che da
Napoli dovrebbe tagliare verso Bari e da qui nei Balcani (ma dove sono i
progetti? E dove sono le risorse?). Non si tratta di grosse somme,
complessivamente meno di 50 milioni di euro, «ma è un segnale preciso - dice
Raiti - della volontà del governo di ignorare il potenziamento della parte
finale del Corridoio 1 che non andrebbe più giù di Napoli».
La mozione parte anche dal presupposto che «la programmazione comunitaria
relativa alle reti di trasporto transeuropee, "Ten-T", di cui alla decisione del
Parlamento europeo e del Consiglio del 23 luglio 1996, ha individuato come
prioritaria la realizzazione del progetto dell'asse ferroviario di collegamento
Berlino-Milano-Bologna-Napoli-Messina-Palermo (Corridoio 1), considerato quale
segmento unico. L'appartenenza di un progetto di infrastruttura al programma
comunitario Ten-T costituisce criterio generale di priorità per la realizzazione
nell'ambito del Pon Trasporti 2000-2006».
«Poiché le modifiche al piano finanziario - conclude la mozione - rischiano di
danneggiare le Regioni Calabria e Sicilia e il Corridoio 1 ritenuto essenziale
dall'Unione europea, si impegna il governo a procedere in tempi rapidi, alla
revisione delle priorità specifiche dei Grandi Progetti inclusi nel Pon
Trasporti, restituendo alla realizzazione del Corridoio 1, e in particolare al
completamento dell'asse di collegamento fino a Palermo, il ruolo centrale e
primario affermato in sede comunitaria, e destinare di conseguenza al progetto
le risorse finanziarie adeguate alla sua realizzazione e coerenti con gli
obiettivi fissati a livello comunitario». (Anche il sottosegretario ai Trasporti
Raffaele Gentile ha detto ieri a Messina che bisogna completare il Corridoio 1).
In sostanza la mozione svela un inghippo, cioè l'aver distolto 50 milioni dalla
«posta Ponte» per destinarla al Corridoio 8, e soprattutto ricorda nel contempo,
semmai si fosse dimenticato, che il Ponte è considerato dall'Unione europea
un'opera prioritaria che fa parte delle reti trasporto della Grande Europa.
Questa mozione è stata inviata ai parlamentari siciliani e calabresi di tutti
gli schieramenti «e siamo certi che saranno in molti a firmarla e sostenerla»,
ha detto Misiti. Il sì della Cdl è scontato. Ieri Berlusconi ha detto: «Di
Pietro voleva fare il Ponte, poi Pecoraro Scanio ha parlato della strage dei
delfini e in cinque minuti ha distrutto quel che si era fatto in cinque anni».
Nota a margine. Come sapere, il sondaggio on line della Regione
(www.regione.sicilia.it) finora è stato un flop perché i no al Ponte sono la
maggioranza. Alla tavola rotonda del Lions Host con Di Pietro era presente anche
l'avv.Domenico Azzia, presidente dei circoli dei siciliani all'estero. Quando ho
chiesto se le migliaia e migliaia di siciliani all'estero che sono a favore del
Ponte avessero votato, mi ha risposto candidamente: «Non sapevo nemmeno di
questo sondaggio, ora vedrò di avvertire i circoli all'estero». Amici miei, se
non vi mettete al computer e date il vostro voto, poi è inutile fare dibattiti e
convegni per sollecitare la realizzazione del Ponte. A parole non si costruisce
mai niente.