Caso Spedalieri: Fioroni incontra gli studenti
Data: Giovedì, 29 marzo 2007 ore 18:37:58 CEST
Argomento: Rassegna stampa


Quattro studenti del liceo classico Spedalieri di Catania (Emanuela La Magna, Francesco Lo Re, Fabio Lo Schiavo e Michele Militello) stamattina alle 11 a Roma si confronteranno con il ministro della Pubblica Istruzione Giuseppe Fioroni. Sono in rappresentanza di quel movimento di coscienza civica che in vario modo e suscitando le più diverse prese di posizione, prendendo le mosse dallo storico liceo catanese ha coinvolto l’interesse dell’opinione pubblica nazionale suscitando un vivacissimo dibattito. Che cosa portano nello zaino questi nipoti di Nicola Spedalieri che nel Settecento, facendo lo stesso cammino (giovinezza estrosa in Sicilia e forte impegno intellettuale e civile) dettò a Roma i lineamenti di una nuova maniera di intendere la cultura? Qualcosa di inatteso nella nostra società dell’apparenza e dello strillo: non un quaderno di lamenti e una risma di accuse, ma la conferma di valori e l’impegno, in prima persona, a sostenerli. I ragazzi non vogliono essere sacchi amorfi da riempire di dottrine, ma persone pensanti che intendono socraticamente confrontarsi con gli altri nella ricerca appassionata di un significato per la loro vita civile (uomini siamo, non pupi pirandelliani...); non mirano a rivoluzionarie riforme, stravolgimenti dei metodi didattici, progetti utopici, ma semplicemente a fare cultura nel più tradizionale e genuino dei modi che un dissennato riformismo tecnocratico da decenni ha trasformato in una selva di norme, di procedure burocratiche che hanno infittito la scuola di corsi (di recupero, di sostegno, di potenziamento, di eccellenza) e corsette (dall’una all’altra attività) perdendo di vista il protagonista (l’alunno) che non si può insaccare di tante disparate nozioni senza perdere il senso della propria individuale scelta di vita. Un recupero -aggiunge qualcuno ironicamente dell’unità platonica del sapere, di contro allo sminuzzamento dei saperi che possono preparare gli automi di una società parcellizata, ma non le coscienze di una politica etimologicamente partecipata. Proposte? Dialogare, studiare i grandi temi della vita di oggi (e di quella presumibile di domani) che impongono vigile attenzione e non supino apprendistato di norme. Spesso si sente dire in giro che i genitori di questi ragazzi, (quelli che nel ’68, scesero nella vasta piazza antistante lo storico liceo) pur nei loro scomposti fremiti, avevano una cultura solida, leggevano Marcuse, discutevano della Nouvelle Vague: i successivi movimenti protestatari, di pantere e gruppuscoli autogestiti, a parte la foga manesca, non studiano e non hanno autori di riferimento. Non è vero: per come parlano e per quel che dicono, questi ragazzi hanno conoscenze e curiosità intellettuali sicure. Vorrebbero che potessero coltivarle tutti i loro coetanei. Nel luogo che da sempre è stato destinato a ciò, la scuola, che dovrebbe essere un pensatoio e non il laboratorio rigorosamente esecutivo che sta diventando.

SERGIO SCIACCA (da www.lasicilia.it)







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