I prof in trincea. Curaba, il preside che educa i bulli:«Ma la famiglia non è più con noi»
Data: Giovedì, 29 marzo 2007 ore 00:29:55 CEST
Argomento: Rassegna stampa


Storie di violenza: casi di ordinaria amministrazione. Ragazzi in rivolta contro l’istituzione scolastica e docenti costretti a subire, a temere lo scontro. Ribellioni che entrano nell’ufficio di Presidenza, che vengono smorzate con provvedimenti disciplinari suscitando le reazioni dei genitori, pronti a schierarsi contro la scuola e a favore dei figli. L’istituto professionale Nicolò Gallo, fino allo scorso anno, rientrava nell’elenco delle scuole considerate a rischio. "Quest’anno - afferma Francesco Curaba, dirigente dell’istituto - siamo stati esclusi dall’elenco. E dire che da noi, i casi di violenza e di bullismo sono, per così dire, all’ordine del giorno". E Curaba non è di certo il primo arrivato, occupa il posto di dirigente dal 1994 (dapprima a Bivona, poi a Licata all’Ipia Fermi e all’istituto per geometri Curella e dall’anno scolastico 1999-2000 dirige un dei più popolosi istituti di scuola superiore di Agrigento) e ancor prima insegnava Francese all’istituto tecnico commerciale Michele Foderà. "Non ricordo, nell’arco della mia esperienza professionale, casi di bullismo e violenza come in questi ultimi anni. I ragazzi nutrivano rispetto verso la classe docente e verso il preside. Da qualche anno, invece, ogni giorno è una lotta continua e non soltanto con i ragazzi ma anche con i genitori che chiedono sia anticipata l’uscita del loro ragazzo (guarda caso quando in classe sono in pochi), che giustificano i ritardi, che minacciano denuncia quando mi rivolgo alle forze dell’ordine. Pronti a schierarsi a favore dei figli, contro la scuola, in qualsiasi circostanza". Si riferisce a qualche caso in particolare? «Racconto un episodio (uno dei tanti) che recentemente è accaduto nell’istituto che dirigo e che ha coinvolto gli studenti di una seconda classe della quale fa parte anche un ragazzo disabile. In quei giorni la stampa e la televisione raccontavano la triste storia di un ragazzo diversamente abile maltrattato dai compagni e ripreso con le telecamere dei telefonini. Ebbene, gli studenti di questo istituto hanno inteso emulare quel caso e si sono schierati contro il loro compagno disabile. Davanti alle telecamere dei telefonini vi era chi lo beffeggiava, chi gli dava calci nel sedere, chi gli impediva di uscire dalla classe. Il tutto durante l’ora di lezione con l’insegnante di sostegno che, appena si è resa conto di quanto stava accadendo, ha sequestrato i telefoni cellulari portandoli direttamente nel mio ufficio. Ho detto ai ragazzi che avrebbero riavuto i telefoni soltanto al termine delle lezioni. E così, al suono della campana, i ragazzi si sono presentati nell’ufficio di Presidenza per riprendere i telefoni. Ho chiesto loro in quale cellulare avessero registrato il filmato ma non hanno voluto rispondere. Insistevano, volevano i telefonini a tutti i costi. A un certo punto mi hanno accerchiato, hanno preso a girarmi intorno. Immediatamente ho chiamato i carabinieri, che hanno redatto il verbale e interrogato i ragazzi, e ho convocato i genitori. Ebbene un padre, mentre gli altri genitori hanno rimproverato i loro figlioli, mi ha detto che mi avrebbe denunciato perché, avendo chiamato i carabinieri, avevo scioccato il figliolo. Ho sorriso. Gli ho detto che a preoccuparsi avrebbe dovuto essere il padre del ragazzo disabile. La vicenda si è chiusa e adesso il ragazzo, invece che con il ciclomotore, viene a scuola con l’autovettura». Com’è il mondo della scuola oggi, rispetto agli anni trascorsi? «Oggi occorre avere i nervi saldi. Vi è il rischio che appena li rimproveri, i ragazzi ti si rivoltino contro. Riscontriamo maggiori difficoltà con i ragazzi di primo e secondo anno che, talvolta, arrivano già dalle scuole medie con lo spinello in mano. E’ ovvio che i messaggi che dalla società arrivano ai ragazzi non sono corretti: sono meno rispettosi, la famiglia non interviene per rimproverarli o per negare loro qualcosa. Si rivoltano contro chi non li asseconda e la classe docente vive momenti di ansia e di timore. E’ uno scontro continuo. Nei giorni scorsi sono stato chiamato in classe da una docente perché i ragazzi le tiravano palline di carta. Così ho rimproverato i ragazzi, li ho invitati a fare il nome del colpevole e mi hanno risposto che l’insegnante si era inventata tutto. Ho detto ai ragazzi che sarebbero dovuti tornare a scuola accompagnati dai genitori. Ebbene, alla fine delle lezioni stavano per aggredire la docente, è intervenuto il collaboratore scolastico e i ragazzi lo hanno minacciato». Cosa deve fare un insegnante per non arrivare allo scontro? «Deve sapersela cavare, avere capacità relazionali. E sono proprio quei docenti che non hanno grandi capacità relazionali ad avere scontri continui e, purtroppo,vi sono docenti incapaci di gestire la classe. La situazione peggiora quando si tratta di ragazzi irrequieti». I docenti sono anche educatori o devono limitarsi a inculcare ai ragazzi le nozioni scolastiche seguendo il principio "io vado avanti, chi vuole mi segua?". «I docenti sono innanzitutto educatori. E impensabile che la loro attività sia riduca alle spiegazioni e alle interrogazioni. E se poi i ragazzi non ascoltano le spiegazioni? Ed ecco che il docente deve essere un educatore, ma tutto ciò, ripeto, dipende soprattutto dalla capacità relazionali».

RITA BAIO (da www.lasicilia.it)







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