Abbiamo la sensazione che nel nostro
Paese, in ogni settore, stia prevalendo
pericolosamente un clima
da «cupio dissolvi». Perciò le interviste
al direttore dell’Ufficio scolastico
regionale e al filosofo Manlio Sgalambro, pubblicate su «La Sicilia
» venerdì 16 marzo 2007, ci sollecitano
qualche riflessione sul
modo distratto in cui ci confrontiamo
talvolta con questioni molto
serie.
La lettera del dirigente e dei 28 docenti
del liceo «Spedalieri», a nostro
avviso pedagogicamente e metodologicamente
apprezzabile, è diventata
prova provata di diffusa
«malascuola» grazie agli astratti furori
pedagogici di chi giudica un
testo forse senza averlo letto o meditato.
Così facendo si è dato torto
anche a Primo Levi - opportunamente
citato nella lettera - che, almeno
per dolorosa esperienza personale,
sapeva a cosa possono portare
le «verità rivelate». Ha ragione
il direttore scolastico regionale
quando asserisce che il compito
del docente «non è solo istruire,
ma anche educare»: ma è esattamente
quello che sostengono i docenti
dello Spedalieri quando si rifiutano
di allevare «"soldatini di
piombo" in una società assolutista
e intollerante, consumistica e omologante». In queste parole, come
suggerito dal direttore, è evidente
anche una chiara presa di posizione:
la condanna di una realtà contro
cui quotidianamente si deve
lottare. Con quali mezzi? Esattamente
con quelli indicati dal dirigente
e dai 28 docenti: fornire ai
ragazzi gli strumenti critici per sapersi
districare tra le tante opzioni
che il mondo offre. Solo così si possono
fare scelte responsabili. Chi
conosce strumenti migliori, per favore
non ce li nasconda.
Ma chi sta con i giovani tutti i giorni
ha già appreso che la trasmissione
di valori non può essere affidata
a giudizi perentori su questo o
quell’altro, ad opinioni espresse
più o meno apertamente. I ragazzi
di oggi non si accontentano di sapere
come la pensi, vogliono conoscere
il perché. Vogliono sapere di
più perché sono increduli e dubbiosi,
come dimostra il documento
degli studenti dello Spedalieri.
Questi ragazzi sono figli della confusione,
perché confusa è la realtà
in cui noi adulti li costringiamo a
vivere. In questo condividiamo l’analisi
di Sgalambro, al quale tuttavia
rimproveriamo, con garbo, lo
snobismo intellettuale con cui condanna
una scuola che nella realtà
non è quella che lui immagina. Del
resto, riflettiamo su questo: se gli
allievi dello Spedalieri chiedono
aiuto ai loro docenti è perché hanno
fiducia che da lì quell’aiuto possa
arrivare.
E’ sempre dannoso alimentare nei
giovani disaffezione verso la scuola.
E’ un pessimo servizio reso agli
stessi ragazzi. Troveremmo molto
più apprezzabile sviluppare assieme
una sana, serrata riflessione su
come debba confrontarsi la scuola
con la società dei nostri giorni; sugli
strumenti, anche legislativi, di
cui può avere bisogno; su cosa è
pedagogicamente corretto e cosa
no; su cosa significa regola e cosa
comporta la violazione; su quanto
salutare equilibrio interiore può
procurare un «no», monosillabo al
quale i nostri figli sono disavvezzi,
ecc.
Ricordiamoci che la scuola non è
un corpo estraneo al mondo. Ogni
mattina, dentro ogni istituto scolastico
si riversa una porzione di società
con tutte le sue virtù e i suoi
vizi, e sono soprattutto i vizi ad insistere
per prevalere. Riflettiamo
sulle difficoltà del medico quando
il paziente rifiuta le medicine. Quegli
stessi ragazzi che ci chiedono
aiuto, spesso non sono abituati a rinunciare,
nemmeno per un attimo,
a quella quota di effimeri privilegi
di cui godono a casa: indipendenza
da ogni regola, abitudini
inutili e fuorvianti che la televisione
e il mercato, grandi maestri, alimentano
e le famiglie sostengono
pervicacemente. A questo punto la
scuola dovrebbe trasformarsi anche
in «riformatorio» per i genitori!?
In una scuola del Nord, il dirigente
ha chiesto alle famiglie di autorizzarlo
al sequestro dei telefonini
qualora i ragazzi ne facessero uso
durante le lezioni: la metà dei genitori
gli ha risposto di no, e qualcuno
lo ha anche minacciato di denunciarlo
per abuso di potere ed
appropriazione indebita. Non
fraintendeteci, non vogliamo una
scuola simile ad un lager. La scuola
l’abbiamo sempre interpretata
come luogo di serena convivenza,
di rispetto e di fiducia reciproca, di
crescita. Ma dev’essere anche chiaro
a tutti, a noi per primi, che quando
entriamo nel nostro istituto ci
troviamo in un contesto diverso
dal solito, con regole diverse, con
minori flessibilità; un luogo in cui
ci viene chiesto di cambiare i nostri
comportamenti, di rinunciare a ciò
che qui non ci serve, a ciò che qui
non possiamo e non dobbiamo fare.
Così si inizia a costruire la personalità,
nel rispetto delle regole
del luogo in cui siamo ospiti. Finché
tutti i luoghi ci sembreranno
uguali, difficilmente impareremo a
capire ciò che è giusto e ciò che è
sbagliato. Sappiamo tutti che la vita
non è solo incontro, la vita è
spesso scontro, è privazione, è lotta,
anche dura: partecipare alla lotta,
privarsi di qualcosa può aiutare
a stare bene con se stessi, può aiutare
a sentirsi migliori e soddisfatti,
se non felici.
Una malaugurata pubblicità, associata
ad un’altrettanto malaugurata
riforma dell’esame di Stato, diceva
così: «un esame tranquillo, un
esame con i tuoi professori!». E
perché non con i tuoi genitori?
Correggiamo noi.
Ma i riti di iniziazione, grazie ai
quali ci si rafforza dentro, in quale
pattumiera li abbiamo buttati?
Si sente dire sempre più spesso che
i ragazzi sono scontenti ed inquieti
perché hanno tutto. Noi crediamo
il contrario: sono scontenti ed
inquieti perché non gli abbiamo
dato nulla, tranne l’effimero.
FRANCESCO PELUSO, GAETANO BRANCATO,
CATELLO LANDOLFI, CATERINA DIMAURO,
CLAUDIA BONOMO, GRAZIAMARINO,
CAROLA COLONNA, IGNAZIA LO FARO,
GIOVANNI SORBELLO, MILVA MILITELLO,
GIUSEPPE MESSINA, ROSSANA INDELICATO,
SANTO TOSCANO, GIUSEPPINA PICCOLO,
SANTA D’URSO, FELICIA LO PRESTI,
FRANCESCA BONANNO, ANNA VIOLA,
ANTONINO PISTARÀ, GRAZIA FICHERA,
M. ADELAIDE DURANTE,
GIUSEPPA MARCHESE, MARIA LEONARDI,
KATIA FILOGAMA
docenti del liceo scientifico
«Archimede» di Acireale
(da www.lasicilia.it)