Emergenza educazione
Data: Venerdì, 23 marzo 2007 ore 20:44:13 CET
Argomento: Rassegna stampa


Prof in Trincea

Dopo Bari, Siracusa. Per i professori non è proprio un periodo favorevole. Bistrattati da uno Stato che non riconosce il valore del loro lavoro, ora si vedono attaccati persino dalle famiglie degli alunni. Quelle stesse famiglie che un tempo guardavano ai prof come ad autorità indiscusse, a maestri di vita per i propri figli, oggi sono dall’altra parte della barricata: hanno smesso di esercitare la difficile arte dell’educazione, si accontentano di essere gli avvocati o i sindacalisti dei propri ragazzi. Stretti fra due fuochi, i prof sono in affanno. Molti hanno gettato la spugna, e si sono ritirati in pensione prima del tempo. Chi continua a fare il proprio lavoro, fra difficoltà burocratiche e pedagogiche, si ritrova in trincea a combattere con molti nemici, reali e virtuali: il telefonino che squilla in classe, il bullo che non manca mai, la droga che circola fra i banchi. E poi le circolari, le riunioni infinite, i progetti da presentare, le famiglie insoddisfatte... Sembra una battaglia impossibile. Perché anche quando tutto è in regola (la giornata dell’accoglienza, il piano dell’offerta formativa, l’équipe di pedagogisti e psicologi) basta un brutto voto in pagella per scatenare la furia di una ragazza e della sua mamma contro l’insegnante. Ma è anche vero che quando tutto sembra perduto, basta una sincera domanda di aiuto che sgorghi dal cuore di un alunno per ridestare in molti prof la voglia di continuare. In fondo, insegnare è fornire strumenti di analisi della realtà. Ma è anche introdurre gli allievi nella complessa realtà del vivere. Per far questo non bastano progetti, né specialisti di pedagogia o psicologia, servono semplicemente educatori.

GIUSEPPE DI FAZIO (da www.lasicilia.it)

 

La docente aggredita nel liceo tutto regole Siracusa. La dirigente scolastica del Principessa di Savoia: «Atto inspiegabile, siamo attenti ai ragazzi»

SIRACUSA. E’ una scuola scossa e sbalordita l’ex Itas di Siracusa, oggi Liceo Tecnico statale Polivalente, "Principessa Giovanna di Savoia", dopo il fatto di cronaca che l’ha sbalzata improvvisamente su tutti i media nazionali. Durante il ricevimento dei genitori per la consegna della pagella del secondo trimestre, un’insegnante di diritto, M.G., è stata aggredita contemporaneamente dalla madre di un’alunna e dall’alunna stessa: "Forse a causa di un brutto voto; non si sa", dicono a scuola. L’episodio è costato cinque giorni di prognosi alla professoressa, che ieri era ancora molto scossa e dolorante, e ha chiamato la scuola solo per avere notizie degli occhiali che le sarebbero volati via durante l’aggressione. La scuola, che ha incassato "il conforto", come lo chiama la dirigente scolastica, Clara Marchese, del ministero della Pubblica Istruzione, attraverso l’Ufficio scolastico regionale, ha "temporaneamente allontanato" l’alunna. La ragazza, protagonista assieme alla madre di quanto accaduto, è una studentessa sedicenne di seconda liceo che lo scorso anno è arrivata al Principessa Giovanna di Savoia da un liceo scientifico cittadino, "accolta con tanto affetto nel nostro Istituto", dice la preside Marchese. Le reazioni della scuola sono due: quella istituzionale parla di convocazione urgente degli organi collegiali, consiglio di classe e collegio docenti; quella emotiva è di stupore e di rammarico per un episodio che non si era mai verificato prima e che nessuno, tra docenti e dirigente scolastica, immaginava potesse capitare. "Ci rattrista molto quanto accaduto - dice la dirigente scolastica, Clara Marchese - perché la nostra è una scuola che segue molto i suoi ragazzi. All’inizio dell’anno celebriamo la giornata dell’accoglienza con le famiglie: i coordinatori di classe consegnano la carta dei servizi per definire diritti e doveri degli studenti; perché vedano nella scuola un luogo di partecipazione ma anche di regole condivise fondanti della comunità scolastica, affinché cresca in loro una mentalità rispettosa di sé e degli altri". Il Principessa Giovanna di Savoia non è più il vecchio tecnico femminile, è un moderno liceo polivalente, in crescita di iscrizioni e attività; ha tre indirizzi di studio: stilismo e moda; liceo linguistico aziendale; liceo per l’ambiente e la salute. Ha costruito tanto in questi anni, in progetti e mezzi. E’ dispiaciuta la dirigente scolastica, per un episodio che è piombato nell’ordinarietà di un ricevimento dei genitori; con la scuola organizzata a recepirne il flusso, con tre collaboratori scolastici a vigilare, con un ufficio di segreteria aperto. E’ delusa perché la sua scuola "cerca sempre di recuperare tutti i ragazzi, anche attraverso uno sportello settimanale curato da un equipe di pedagogisti e psicologi".

MASSIMILIANO TORNEO (da www.lasicilia.it)

 

LA DENUNCIA IN UNA SCUOLA MEDIA Palermo, a dodici anni in classe con diverse dosi di hashish

PALERMO. Storie di droga e di bullismo. Storie di disagio giovanile e di una società che è alle prese con forti disgregazioni in ambito familiare e che cerca di tamponare le falle che, oramai, si sono aperte in più fronti nel rapporto tra figli e genitori, tra studenti e insegnanti, tra giovani e mondo esterno. Un episodio allarmante, ma purtroppo non raro, arriva da Palermo dove uno studente di seconda media, un dodicenne, l’altro giorno si è presentato in classe con alcuni pezzetti di hashish suddivisi in dosi ed alcune sigarette. Il ’fumo’ lo aveva in tasca e le sigarette nello zaino. Non ne faceva mistero con i suo compagni, ma all’insegnante che lo ha scoperto ha detto: «Non ti permettere di avvertire mia madre, e neanche gli sbirri, perchè lo dico agli spacciatori e ti faccio ammazzare di botte». L’episodio si è verificato nell’istituto comprensivo «Giovanni Falcone» di via Ernesto Basile, nel quartiere periferico del Villaggio Santa Rosalia. L’alunno in questione, avrebbe mostrato alla professoressa quattro involucri di carta stagnola contenenti la sostanza stupefacente. L’insegnante di educazione artistica si è immediatamente rivolta alla preside e sono stati avvisati sia gli agenti della questura che i genitori del ragazzino ’difficile’. Davanti agli agenti, il dodicenne ha negato tutta la vicenda e ha accusato addirittura l’insegnante di mentire. L’hashish non è stato trovato. E la madre dello studente ’difficile’, anch’ella precipitatasi a scuola, ha allargato le braccia: «Non ho mai sospettato che mio figlio fumasse spinelli». Poco prima dell’arrivo della polizia il ragazzino aveva tirato fuori dallo zaino alcune sigarette e le aveva sistemate sul banco. Quando la docente di lingua italiana gli ha chiesto cosa volesse fare, ha risposto: «Non sono mie, non so chi le abbia messe dentro lo zaino». Poi ha preso le sigarette, le ha spezzate e le ha gettate nel cestino. Alla professoressa di Educazione artistica, invece, ha detto: «Ci sono anche spinelli». E ha fatto vedere a tutta la classe i quattro involucri contenenti una sostanza scura dicendo all’insegnante, in segno di sfida: «Annusali è hashish». Infine ha fatto sparire la droga prima dell’arrivo della polizia. Gli agenti l’hanno cercata nei cestini della scuola ma senza riuscire a trovarla.

LEONE ZINGALES (da www.lasicilia.it)

 

VITTORIA La classe ghetto per immigrati interroga la città

VITTORIA. «Sono fuori sede e mi riservo d’intervenire al mio rientro». Parola del provveditore Castaldo Dinolfo, raggiunto telefonicamente: «Non conosco il caso del V Circolo. Ne prenderò cognizione lunedì prossimo». A Bologna, dove il provveditore si trova per un convegno, il caso del «F. Traina » non è arrivato. Un piccolo accenno alla II A, la classe con una maggioranza di bambini immigrati e alla richiesta di aiuto di genitori e insegnanti, bastano perché il provveditore Dinolfo affermi: «Di primo impatto, e a prescindere dalle motivazioni che l’hanno determinata, mi sembra assolutamente anomala la formazione della classe, che certo viene curata dal dirigente scolastico. Lunedì prossimo sarò in sede e sono certo che riusciremo a risolvere il problema». Ieri il direttore scolastico regionale, Guido Di Stefano, ha disposto l’invio di un ispettore assegnando l’incarico a Giovanna Criscione, ispettrice dell’ufficio scolastico provinciale. Intanto la maestra della II A, Rosalba Busacca, vive sulla propria pelle le reazioni interne: «Non posso che confermare quanto è stato scritto - dice - perché, chiunque l’abbia detto, è la verità. Non voglio però che il risultato sia portarmi via i bambini. Ne soffrirebbero troppo. Ho dovuto faticare, e non poco, per entrare nel loro difficile mondo. Chiedo soltanto di lavorare con strumenti didattici adeguati. Perché non parlarne? Forse, perché la dirigente ci insegna che "i panni sporchi dobbiamo lavarli qui"? Io credo che in una scuola non debbano esserci panni sporchi». Il risultato sembra essere un allargamento della discriminazione. Prima i bambini, adesso la maestra. Così, come spesso accade, le vittime diventano causa del loro stesso problema solo perché denunciano o, più semplicemente, chiedono aiuto. «Non sono d’accordo - afferma il sindaco Giuseppe Nicosia - Chi pone il problema ha il merito di averlo fatto conoscere. E mi fa piacere averne avuto contezza. Mi sorprende e non capisco l’irrigidimento della dirigente scolastica Angela Riolo. A suo tempo ho visitato tutti gli istituti scolastici comunali ma di questa vicenda nessuno mi ha parlato. La scuola non è a compartimenti stagni. Non esiste un motivo valido per giustificare la formazione di una classe ghetto. In un territorio come il nostro, con un’elevata presenza di immigrati, quale strumento migliore della scuola può contribuire a un qualificato processo d’integrazione? E i messaggi devono partire dal mondo degli adulti. Occorre spiegare ai bambini che conoscere e vivere culture straniere non può essere che un arricchimento per gli uni e per gli altri». Ieri pomeriggio la dirigente Angela Riolo ha convocato il Collegio dei docenti in seduta straordinaria. All’ordine del giorno c’è il caso della II A? Sbagliato. All’ordine del giorno c’è la discussione sull’articolo pubblicato giorno 21 da «La Sicilia».

FRANCA ANTOCI (da www.lasicilia.it)

 

Scuola, famiglia, Chiesa: patto per l’educazione Dibattito cittadino sul «caso Spedalieri». Intellettuali, genitori, educatori e studenti a confronto a Catania alla Tenda di Ulisse

"Nessuna epoca ha avuto come l’attuale, nozioni così numerose e svariate sull’uomo. Nessuna epoca è riuscita come la nostra a presentare il suo sapere intorno all’uomo in modo così efficace ed affascinante, né a comunicarlo in modo tanto rapido e facile. È anche vero, però, che nessuna epoca ha saputo meno della nostra che cosa sia l’uomo. Mai l’uomo ha assunto un aspetto così problematico come ai nostri giorni". Così scriveva Heidegger nel 1929. Se questa affermazione è vera per l’uomo, lo è certamente ancora di più per una problematica che lo riguarda molto da vicino, e che oggi in modo particolare per i fatti d cronaca che continuamente riempiono le pagine di tutti i quotidiani interpella tutti: l’educazione. Ecco perché nonostante il primo giorno di primavera sia coinciso con una delle giornate più fredde e ventose di tutto l’inverno appena trascorso, circa un migliaio di persone di ogni età, sesso, cultura ha letteralmente assiepato la tenda di Ulisse, dove si è svolta una tavola rotonda con dibattito cittadino pubblico sul tema dell’educazione. Due le domande provocatorie che hanno fatto da stimolo al dibattito: Chi educa i giovani oggi? E chi educa gli educatori? Mons. Antonio Fallico, che ha guidato il dibattito, ha posto immediatamente l’accento sull’importanza di "non fermarsi solo all’analisi, alla "diagnosi" sui mali che attanagliano la nostra società, ma di iniziare a formulare insieme delle "terapie" per avviare un processo di guarigione". A provocare il dibattito sono stati rappresentanti delle tre principali agenzie educative: la scuola, la famiglia, la comunità ecclesiale. Il prof. Barcellona - a ragione definito da mon. Fallico "un Socrate dei nostri giorni e della nostra città" - ha posto l’accento sull’importanza di recuperare il "senso della memoria, per uscire fuori dalle morse di un cinismo diffuso che è peggio del nichilismo. Recuperare la memoria di due grandi modelli educativi della nostra civiltà: quella greca che generato l’amore per la conoscenza, quella cristiana che fatto scoprire il valore educativo della sofferenza e del dolore". A queste parole hanno fatto eco quelle dei coniugi Amato. In modo particolare il dott. Amato, neuropsichiatria si è appellato ai genitori perché "si riapproprino del loro ruolo di educatori, perché sappiano nuovamente instaurare dentro la famiglia il dialogo con i loro figli, dialogo e confronto senza i quali difficilmente troveranno la possibilità di crescere. Inoltre" ha continuato i dott. Amato "il recupero del giovane che compie atti di violenza può certamente passare attraverso il confronto con la sofferenza altrui". Infine don Perrelli, ispettore dei salesiani di Sicilia, sulla scia degli insegnamenti di Don Bosco alla domanda chi educa i giovani oggi? Ha risposto "Chi li ama, chi li accoglie, chi li ascolta, chi li accompagna. L’educatore inoltre è colui che è capace di condurre il giovane non solo alla conoscenza scientifica, ma soprattutto ad una conoscenza sapienziale della realtà". Ad aprire il dibattito in sala sono stati due giovani del liceo classico catanese "N. Spedalieri" che con la loro lettera-appello pubblicata il 15 febbraio su "La Sicilia", dopo i fatti accaduti in piazza Spedini, hanno dato il via ad una profonda e seria riflessione per l’intera cittadinanza e non solo. La sala intera ha prestato molta attenzione alle parole di questi ragazzi che con la passione tipica degli adolescenti hanno ribadito il loro desiderio di essere aiutati anche e soprattutto attraverso lo studio trovare un senso nelle cose che fanno. Numerosi gli interventi del pubblico, che si sono conclusi con le parole di mons. Gristina, arcivescovo di Catania, il quale si è complimentato con una città che sta dimostrando di non essere ipocrita, ma al contrario di voler, per quanto questo possa essere doloroso, guardarsi dentro per scoprire le radici dei suoi mali.

GABRIELLA LA MENDOLA (da www.lasicilia.it)

 

Bulli in classe Sospeso da scuola perché si fa la barba in classe durante la lezione, facendosi riprendere con un videofonino. L’episodio è avvenuto in un’aula dell’istituto privato Dante Alighieri di Padova, protagonista un ragazzo che compirà 18 anni a dicembre, figlio di un noto ex calciatore, iscritto a un corso di recupero. Dopo aver visto il video in Internet, in un blog specializzato in filmati scolastici realizzato da studenti padovani, il preside dell’istituto, Alberto Carenza, ha deciso di sospendere il ragazzo «per un periodo indeterminato di tempo». «Sul contratto scolastico è scritto a chiare lettere che la sospensione è una facoltà del preside - spiega il capo della scuola - a inizio anno avevamo diffuso una circolare che vietava l’uso di telefonini in classe».

(da www.lasicilia.it)

 

Indagine sul bullismo a Catanzaro

Un atto orrendo, violento e stupido, ma anche la materializzazione della violenza del più forte sul debole: il bullismo guadagna terreno e non può essere ritenuto fenomeno marginale, anche se viene complessivamente bollato negativamente dalla categoria interessata, quella dei giovanissimi. A confermarlo sono i risultati di un’ indagine su «Il disadattamento tra i banchi di scuola» realizzata, in forma anonima, dalla Fondazione Pina Gigliotti tra gli studenti dell’ Istituto tecnico agrario di Catanzaro. Il monitoraggio - effettuato attraverso 155 questionari con otto domande specifiche distribuiti agli allievi delle prime tre classi dell’ Istituto - è stato presentato ieri nel corso di un’ assemblea.

(da www.lasicilia.it)







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