Prof
in Trincea
Dopo Bari, Siracusa.
Per i professori
non è proprio un
periodo favorevole. Bistrattati
da uno Stato che
non riconosce il valore del
loro lavoro, ora si vedono
attaccati persino dalle famiglie
degli alunni. Quelle
stesse famiglie che un
tempo guardavano ai prof
come ad autorità indiscusse,
a maestri di vita
per i propri figli, oggi sono
dall’altra parte della barricata:
hanno smesso di
esercitare la difficile arte
dell’educazione, si accontentano
di essere gli avvocati
o i sindacalisti dei
propri ragazzi.
Stretti fra due fuochi, i
prof sono in affanno. Molti
hanno gettato la spugna,
e si sono ritirati in
pensione prima del tempo.
Chi continua a fare il
proprio lavoro, fra difficoltà
burocratiche e pedagogiche,
si ritrova in
trincea a combattere con
molti nemici, reali e virtuali:
il telefonino che
squilla in classe, il bullo
che non manca mai, la
droga che circola fra i
banchi. E poi le circolari,
le riunioni infinite, i progetti
da presentare, le famiglie
insoddisfatte...
Sembra una battaglia
impossibile. Perché anche
quando tutto è in regola
(la giornata dell’accoglienza,
il piano dell’offerta
formativa, l’équipe
di pedagogisti e psicologi)
basta un brutto voto in
pagella per scatenare la
furia di una ragazza e della
sua mamma contro
l’insegnante.
Ma è anche vero che
quando tutto sembra perduto,
basta una sincera
domanda di aiuto che
sgorghi dal cuore di un
alunno per ridestare in
molti prof la voglia di
continuare. In fondo, insegnare
è fornire strumenti
di analisi della
realtà. Ma è anche introdurre
gli allievi nella
complessa realtà del vivere.
Per far questo non
bastano progetti, né specialisti
di pedagogia o psicologia,
servono semplicemente
educatori.
GIUSEPPE DI FAZIO (da www.lasicilia.it)
La docente aggredita
nel liceo tutto regole
Siracusa. La dirigente scolastica del Principessa di
Savoia: «Atto inspiegabile, siamo attenti ai ragazzi»
SIRACUSA. E’ una scuola scossa e sbalordita l’ex Itas
di Siracusa, oggi Liceo Tecnico statale Polivalente,
"Principessa Giovanna di Savoia", dopo il fatto di
cronaca che l’ha sbalzata improvvisamente su tutti
i media nazionali. Durante il ricevimento dei
genitori per la consegna della pagella del secondo
trimestre, un’insegnante di diritto, M.G., è stata
aggredita contemporaneamente dalla madre di
un’alunna e dall’alunna stessa: "Forse a causa di un
brutto voto; non si sa", dicono a scuola. L’episodio
è costato cinque giorni di prognosi alla professoressa,
che ieri era ancora molto scossa e dolorante, e
ha chiamato la scuola solo per avere notizie degli
occhiali che le sarebbero volati via durante l’aggressione.
La scuola, che ha incassato "il conforto", come lo
chiama la dirigente scolastica, Clara Marchese, del
ministero della Pubblica Istruzione, attraverso l’Ufficio
scolastico regionale, ha "temporaneamente allontanato"
l’alunna. La ragazza, protagonista assieme
alla madre di quanto accaduto, è una studentessa
sedicenne di seconda liceo che lo scorso anno
è arrivata al Principessa Giovanna di Savoia da
un liceo scientifico cittadino, "accolta con tanto affetto
nel nostro Istituto", dice la preside Marchese.
Le reazioni della scuola sono due: quella istituzionale
parla di convocazione urgente degli organi
collegiali, consiglio di classe e collegio docenti;
quella emotiva è di stupore e di rammarico per un
episodio che non si era mai verificato prima e che
nessuno, tra docenti e dirigente scolastica, immaginava
potesse capitare. "Ci rattrista molto quanto
accaduto - dice la dirigente scolastica, Clara Marchese
- perché la nostra è una scuola che segue
molto i suoi ragazzi. All’inizio dell’anno celebriamo
la giornata dell’accoglienza con le famiglie: i coordinatori
di classe consegnano la carta dei servizi
per definire diritti e doveri degli studenti; perché
vedano nella scuola un luogo di partecipazione
ma anche di regole condivise fondanti della comunità
scolastica, affinché cresca in loro una mentalità
rispettosa di sé e degli altri".
Il Principessa Giovanna di Savoia non è più il
vecchio tecnico femminile, è un moderno liceo
polivalente, in crescita di iscrizioni e attività; ha tre
indirizzi di studio: stilismo e moda; liceo linguistico
aziendale; liceo per l’ambiente e la salute. Ha costruito
tanto in questi anni, in progetti e mezzi. E’
dispiaciuta la dirigente scolastica, per un episodio
che è piombato nell’ordinarietà di un ricevimento
dei genitori; con la scuola organizzata a recepirne
il flusso, con tre collaboratori scolastici a vigilare,
con un ufficio di segreteria aperto. E’ delusa perché
la sua scuola "cerca sempre di recuperare tutti
i ragazzi, anche attraverso uno sportello settimanale
curato da un equipe di pedagogisti e psicologi".
MASSIMILIANO TORNEO (da www.lasicilia.it)
LA DENUNCIA IN UNA SCUOLA MEDIA
Palermo, a dodici anni in classe
con diverse dosi di hashish
PALERMO. Storie di droga e di bullismo. Storie di disagio
giovanile e di una società che è alle prese
con forti disgregazioni in ambito familiare e che
cerca di tamponare le falle che, oramai, si sono
aperte in più fronti nel rapporto tra figli e genitori,
tra studenti e insegnanti, tra giovani e mondo
esterno.
Un episodio allarmante, ma purtroppo non
raro, arriva da Palermo dove uno studente di seconda
media, un dodicenne, l’altro giorno si è
presentato in classe con alcuni pezzetti di hashish
suddivisi in dosi ed alcune sigarette. Il ’fumo’
lo aveva in tasca e le sigarette nello zaino. Non ne
faceva mistero con i suo compagni, ma all’insegnante
che lo ha scoperto ha detto: «Non ti permettere
di avvertire mia madre, e neanche gli
sbirri, perchè lo dico agli spacciatori e ti faccio
ammazzare di botte». L’episodio si è verificato
nell’istituto comprensivo «Giovanni Falcone» di
via Ernesto Basile, nel quartiere periferico del
Villaggio Santa Rosalia.
L’alunno in questione, avrebbe mostrato alla
professoressa quattro involucri di carta stagnola
contenenti la sostanza stupefacente. L’insegnante
di educazione artistica si è immediatamente rivolta
alla preside e sono stati avvisati sia gli agenti
della questura che i genitori del ragazzino ’difficile’.
Davanti agli agenti, il dodicenne ha negato
tutta la vicenda e ha accusato addirittura l’insegnante
di mentire. L’hashish non è stato trovato.
E la madre dello studente ’difficile’, anch’ella
precipitatasi a scuola, ha allargato le braccia:
«Non ho mai sospettato che mio figlio fumasse
spinelli».
Poco prima dell’arrivo della polizia il ragazzino
aveva tirato fuori dallo zaino alcune sigarette e le
aveva sistemate sul banco. Quando la docente di
lingua italiana gli ha chiesto cosa volesse fare, ha
risposto: «Non sono mie, non so chi le abbia messe
dentro lo zaino». Poi ha preso le sigarette, le ha
spezzate e le ha gettate nel cestino. Alla professoressa
di Educazione artistica, invece, ha detto: «Ci
sono anche spinelli». E ha fatto vedere a tutta la
classe i quattro involucri contenenti una sostanza
scura dicendo all’insegnante, in segno di sfida:
«Annusali è hashish». Infine ha fatto sparire la
droga prima dell’arrivo della polizia. Gli agenti
l’hanno cercata nei cestini della scuola ma senza
riuscire a trovarla.
LEONE ZINGALES (da www.lasicilia.it)
VITTORIA
La classe ghetto
per immigrati
interroga la città
VITTORIA. «Sono fuori sede e mi riservo d’intervenire al mio
rientro». Parola del provveditore Castaldo Dinolfo, raggiunto
telefonicamente: «Non conosco il caso del V Circolo. Ne
prenderò cognizione lunedì prossimo». A Bologna, dove il
provveditore si trova per un convegno, il caso del «F. Traina
» non è arrivato. Un piccolo accenno alla II A, la classe
con una maggioranza di bambini immigrati e alla richiesta
di aiuto di genitori e insegnanti, bastano perché il
provveditore Dinolfo affermi: «Di primo impatto, e a prescindere
dalle motivazioni che l’hanno determinata, mi
sembra assolutamente anomala la formazione della classe,
che certo viene curata dal dirigente scolastico. Lunedì
prossimo sarò in sede e sono certo che riusciremo a risolvere
il problema». Ieri il direttore scolastico regionale,
Guido Di Stefano, ha disposto l’invio di un ispettore assegnando
l’incarico a Giovanna Criscione,
ispettrice dell’ufficio scolastico
provinciale.
Intanto la maestra della II A, Rosalba
Busacca, vive sulla propria pelle le
reazioni interne: «Non posso che confermare
quanto è stato scritto - dice -
perché, chiunque l’abbia detto, è la
verità. Non voglio però che il risultato
sia portarmi via i bambini. Ne soffrirebbero
troppo. Ho dovuto faticare,
e non poco, per entrare nel loro difficile
mondo. Chiedo soltanto di lavorare
con strumenti didattici adeguati.
Perché non parlarne? Forse, perché
la dirigente ci insegna che "i panni
sporchi dobbiamo lavarli qui"? Io credo
che in una scuola non debbano esserci
panni sporchi». Il risultato sembra
essere un allargamento della discriminazione.
Prima i bambini,
adesso la maestra. Così, come spesso
accade, le vittime diventano causa
del loro stesso problema solo perché
denunciano o, più semplicemente, chiedono aiuto. «Non
sono d’accordo - afferma il sindaco Giuseppe Nicosia - Chi
pone il problema ha il merito di averlo fatto conoscere. E
mi fa piacere averne avuto contezza. Mi sorprende e non
capisco l’irrigidimento della dirigente scolastica Angela
Riolo. A suo tempo ho visitato tutti gli istituti scolastici comunali
ma di questa vicenda nessuno mi ha parlato. La
scuola non è a compartimenti stagni. Non esiste un motivo
valido per giustificare la formazione di una classe ghetto.
In un territorio come il nostro, con un’elevata presenza
di immigrati, quale strumento migliore della scuola può
contribuire a un qualificato processo d’integrazione? E i
messaggi devono partire dal mondo degli adulti. Occorre
spiegare ai bambini che conoscere e vivere culture straniere
non può essere che un arricchimento per gli uni e per gli
altri». Ieri pomeriggio la dirigente Angela Riolo ha convocato
il Collegio dei docenti in seduta straordinaria. All’ordine
del giorno c’è il caso della II A? Sbagliato. All’ordine
del giorno c’è la discussione sull’articolo pubblicato giorno
21 da «La Sicilia».
FRANCA ANTOCI (da www.lasicilia.it)
Scuola, famiglia, Chiesa: patto per l’educazione
Dibattito cittadino sul «caso Spedalieri». Intellettuali, genitori, educatori e studenti a confronto a Catania alla Tenda di Ulisse
"Nessuna epoca ha avuto come l’attuale,
nozioni così numerose e svariate sull’uomo.
Nessuna epoca è riuscita come
la nostra a presentare il suo sapere intorno
all’uomo in modo così efficace ed affascinante,
né a comunicarlo in modo
tanto rapido e facile. È anche vero, però,
che nessuna epoca ha saputo meno della
nostra che cosa sia l’uomo. Mai l’uomo
ha assunto un aspetto così problematico
come ai nostri giorni". Così scriveva Heidegger
nel 1929. Se questa affermazione
è vera per l’uomo, lo è certamente ancora
di più per una problematica che lo riguarda
molto da vicino, e che oggi in
modo particolare per i fatti d cronaca
che continuamente riempiono le pagine
di tutti i quotidiani interpella tutti: l’educazione.
Ecco perché nonostante il primo giorno
di primavera sia coinciso con una
delle giornate più fredde e ventose di
tutto l’inverno appena trascorso, circa
un migliaio di persone di ogni età, sesso,
cultura ha letteralmente assiepato la
tenda di Ulisse, dove si è svolta una tavola
rotonda con dibattito cittadino pubblico
sul tema dell’educazione. Due le
domande provocatorie che hanno fatto
da stimolo al dibattito: Chi educa i giovani
oggi? E chi educa gli educatori?
Mons. Antonio Fallico, che ha guidato
il dibattito, ha posto immediatamente
l’accento sull’importanza di "non fermarsi
solo all’analisi, alla "diagnosi" sui
mali che attanagliano la nostra società,
ma di iniziare a formulare insieme delle
"terapie" per avviare un processo di
guarigione". A provocare il dibattito sono
stati rappresentanti delle tre principali
agenzie educative: la scuola, la famiglia,
la comunità ecclesiale. Il prof. Barcellona
- a ragione definito da mon. Fallico
"un Socrate dei nostri giorni e della
nostra città" - ha posto l’accento sull’importanza
di recuperare il "senso della
memoria, per uscire fuori dalle morse
di un cinismo diffuso che è peggio del
nichilismo. Recuperare la memoria di
due grandi modelli educativi della nostra
civiltà: quella greca che generato
l’amore per la conoscenza, quella cristiana
che fatto scoprire il valore educativo
della sofferenza e del dolore". A
queste parole hanno fatto eco quelle dei
coniugi Amato. In modo particolare il
dott. Amato, neuropsichiatria si è appellato
ai genitori perché "si riapproprino
del loro ruolo di educatori, perché
sappiano nuovamente instaurare dentro
la famiglia il dialogo con i loro figli, dialogo
e confronto senza i quali difficilmente
troveranno la possibilità di crescere.
Inoltre" ha continuato i dott. Amato
"il recupero del giovane che compie
atti di violenza può certamente passare
attraverso il confronto con la sofferenza
altrui". Infine don Perrelli, ispettore dei
salesiani di Sicilia, sulla scia degli insegnamenti
di Don Bosco alla domanda
chi educa i giovani oggi? Ha risposto
"Chi li ama, chi li accoglie, chi li ascolta,
chi li accompagna. L’educatore inoltre è
colui che è capace di condurre il giovane
non solo alla conoscenza scientifica, ma
soprattutto ad una conoscenza sapienziale
della realtà".
Ad aprire il dibattito in sala sono stati
due giovani del liceo classico catanese
"N. Spedalieri" che con la loro lettera-appello
pubblicata il 15 febbraio su "La Sicilia",
dopo i fatti accaduti in piazza Spedini,
hanno dato il via ad una profonda e
seria riflessione per l’intera cittadinanza
e non solo. La sala intera ha prestato
molta attenzione alle parole di questi ragazzi
che con la passione tipica degli
adolescenti hanno ribadito il loro desiderio
di essere aiutati anche e soprattutto
attraverso lo studio trovare un senso
nelle cose che fanno.
Numerosi gli interventi del pubblico,
che si sono conclusi con le parole di
mons. Gristina, arcivescovo di Catania, il
quale si è complimentato con una città
che sta dimostrando di non essere ipocrita,
ma al contrario di voler, per quanto
questo possa essere doloroso, guardarsi
dentro per scoprire le radici dei
suoi mali.
GABRIELLA LA MENDOLA (da www.lasicilia.it)
Bulli
in classe
Sospeso da scuola
perché si fa la barba in
classe durante la lezione,
facendosi riprendere con
un videofonino.
L’episodio è avvenuto in
un’aula dell’istituto
privato Dante Alighieri di
Padova, protagonista un
ragazzo che compirà 18
anni a dicembre, figlio di
un noto ex calciatore,
iscritto a un corso di
recupero. Dopo aver
visto il video in Internet,
in un blog specializzato
in filmati scolastici
realizzato da studenti
padovani, il preside
dell’istituto, Alberto
Carenza, ha deciso di
sospendere il ragazzo
«per un periodo
indeterminato di
tempo». «Sul contratto
scolastico è scritto a
chiare lettere che la
sospensione è una
facoltà del preside -
spiega il capo della
scuola - a inizio anno
avevamo diffuso una
circolare che vietava
l’uso di telefonini in
classe».
(da www.lasicilia.it)
Indagine
sul bullismo
a Catanzaro
Un atto orrendo,
violento e stupido, ma
anche la
materializzazione della
violenza del più forte sul
debole: il bullismo
guadagna terreno e non
può essere ritenuto
fenomeno marginale,
anche se viene
complessivamente
bollato negativamente
dalla categoria
interessata, quella dei
giovanissimi. A
confermarlo sono i
risultati di un’ indagine
su «Il disadattamento tra
i banchi di scuola»
realizzata, in forma
anonima, dalla
Fondazione Pina Gigliotti
tra gli studenti dell’
Istituto tecnico agrario di
Catanzaro. Il
monitoraggio -
effettuato attraverso 155
questionari con otto
domande specifiche
distribuiti agli allievi
delle prime tre classi
dell’ Istituto - è stato
presentato ieri nel corso
di un’ assemblea.
(da www.lasicilia.it)