Reazioni all'intervento del Ministro Amato
Data: Mercoledì, 14 marzo 2007 ore 02:06:28 CET
Argomento: Rassegna stampa


IL DIRETTORE REGIONALE DELLE SCUOLE:«Le famiglie cambino approccio» - «Sbagliato delegare tutto agli insegnanti»

 PALERMO. La provocazione è arrivata da Firenze. Ed è una provocazione forte, come forte è l’allarme per la diffusione delle droghe tra i minori (giusto ieri, a Palermo, dieci minorenni sono stati segnalati alla prefettura, nell’ambito di un’operazione antidroga dei carabinieri, per uso di sostanze stupefacenti). «Si potrebbe – ha dichiarato il ministro dell’Interno Giuliano Amato – impiegare l’antidoping all’uscita dalle discoteche e a scuola, ad esempio dopo le interrogazioni. Bisogna pensare anche a cose del genere. Può apparire una cosa un po’ idiota, ma vale la pena di essere valutata e magari sostituita da altre. Ho spiegato questa mia idea ad un insegnante e mi ha detto: "Ma sei matto, di sicuro arriverebbero i genitori a fare un occhio nero al preside o al professore..."». Una provocazione, appunto. Colta al volo dal direttore generale dell’Ufficio scolastico regionale Guido Di Stefano. «A me – spiega – sembra che la "provocazione" del ministro Amato sia un invito a riflettere e a trovare soluzioni. E questa è una cosa che si deve fare al più presto, perché il problema sta diventando sempre più grave. Una recente ricerca ha evidenziato che il 50 per cento dei ragazzi delle scuole consuma, saltuariamente, spinelli. Forse il dato è eccessivo, ma è sintomatico della diffusione del fenomeno. Sinora si sono usati solo il dialogo, le conversazioni con psicologi. Ma qualcosa continua a non funzionare, e quello che non funziona è la famiglia, che spesso si limita a difendere il figlio senza nemmeno conoscerlo. I genitori tendono a non credere, a dire subito che no, il figlio non può essere responsabile. E questo approccio è sbagliato. La famiglia, ormai, ha delegato anche la funzione educativa alla scuola, ma la scuola, se la famiglia non svolge a sua volta la funzione educativa, non può far nulla, le due istituzioni devono procedere di pari passo, non l’una contro l’altra». Ma controlli capillari nelle scuole o nelle discoteche servirebbero davvero? «A mio giudizio – continua Di Stefano – non sono realizzabili, le forze dell’ordine dovrebbero occuparsi solo di questo. Ma qualche controllo ogni tanto sì, ci vuole. Eppure, ogni volta che qualche preside allarmato chiede verifiche a scuola con i cani antidroga scoppia il putiferio. C’è poi – aggiunge Di Stefano – un’altra questione da sottolineare: i giovani hanno bisogno di chiarezza, e la società deve mandare messaggi chiari e univoci. Se passa il messaggio che ci sono droghe "buone" e droghe cattive, come pretendiamo che i nostri figli possano difendersi? La provocazione del ministro deve costringere i genitori a interrogarsi. E ad ascoltare i figli un po’ di più».

MARIATERESA CONTI (da www.lasicilia.it)

 

GLI INSEGNANTI: Ma la scuola non è come uno stadio

Una nuova polemica nelle acque già abbastanza agitate della scuola italiana? Per fortuna no. Tutti i responsabili del settore sono concordi. La proposta choc del ministro Amato "Facciamo i controlli antidoping a scuola" non serve, e anche se qualche esile risultato si potesse raccogliere, sarebbe ben poca cosa nei confronti di quel che va fatto. Non si tratta di cogliere in fallo lo studente che si buca, ma di evitare che lo faccia e questo si ottiene non con la politica delle analisi a valle, ma con quella della illustrazione dei pericoli della droga a monte. A scuola (e dove se no?) bisogna spiegare, indicare i rischi, dialogare con le famiglie in vista di una azione comune. Abbiamo condotto una analisi a campione tra gli operatori scolastici di Catania e senza eccezione abbiamo trovato la stessa risposta, con leggere varianti nelle motivazioni. Ne forniamo qualche esempio: Romana Romano, (dirigente dell’Istituto Archimede di Catania): "Il fenomeno della droga è diffuso, ma a scuola deve prevalere il dialogo educativo e non la verifica, più o meno fiscale delle sue manifestazioni"; Alfio Pennisi (dirigente del polivalente di San Giovanni La Punta): "Creare dei controlli potrebbe servire come deterrente, ma dobbiamo soprattutto pensare a fornire stimoli positivi ai nostri ragazzi. I controlli nelle scuole sono stati fatti anche nel passato, anche con le unità cinofile, ma senza una vera azione educativa non si ottengono grandi risultati, solo si mette in moto una specie di gioco a nascondino che di per sé è diseducativo". Dialogo, educazione: sono questi i termini sacrosanti usati da tutti gli interpellati. E hanno ragione ad essere scettici nei confronti di una proposta di ulteriori rastrellamenti nelle aule scolastiche che non dovrebbero essere bunker chiusi, ma palestra aperta agli incontri umani. Ma la proposta del ministro Amato è poco amata anche per un altro motivo, che sconfina nel faceto, tanto che non la prendiamo in considerazione se non come una delle tante bubbole che possono scappare nel discorrere. L’inquilino del Viminale pensava, in via di ipotesi, di fare i controlli "dopo le interrogazioni, e nel caso che l’interrogato risultasse positivo, dovrebbe comportare una squalifica di diversi punti rispetto al voto appena guadagnato". Ecco il punto: la scuola non viene vista come luogo di socratico dialogo, ma come campo di gara, la cui parte essenziale è l’interrogazione che si conclude con un voto. Io mi preparo imbottendomi di stupefacenti e faccio un figurone, il ministro mi manda gli ispettori, scopre la magagna e mi manda in serie B. Mentalità di Ministro (parola derivata da minus) in contrasto con quella che dovrebbe essere del Maestro (derivato da magis): per il primo tutto si riduce a una corsa, che potrebbe essere truccata; per l’altro l’elemento essenziale è il dialogo educativo, erede di quello platonico in cui giovani e anziani si incontrano e affrontano i temi della vita, senza punteggi e classifiche generali e spumante per il vincitore.

SERGIO SCIACCA (da www.lasicilia.it)

 

LO PSICOLOGO: Riflessioni di buonsenso fra virgolette

E’da un po’ di tempo che il ministro Amato lancia "provocazioni" sullo smodato consumo di droga, e di cocaina in particolare, in Italia. Il capo del Viminale dice cose anche sensate ma le virgoletta, spaventato, come a dire: è un pungolo, non prendetemi alla lettera, ma qualcosa bisogna fare. Nel frattempo i ministri del Lavoro (con delega delle politiche antidroga ) e della Salute hanno da tempo rivisto le tabelle della modica quantità di qualche stupefacente, allargando di fatto le maglie dell’uso personale. Giuliano Amato sa che l’Arno, il Po , il Tevere e chissà quanti altri fiumi, sono pieni dei metaboliti urinari di coca ed altre sostanze. Fiumi inquinati dalla droga e quindi centinaia di migliaia di consumatori non soltanto indisturbati, ma convinti presuntuosamente che l’uso "sporadico" non sia malattia. E siccome l’unione fa la forza, il pensiero degli assuntori sta diventando opinione, contro ogni evidenza scientifica e pragmatica. Se una società è contaminata dalla droga il suo tessuto sociale non potrà che essere fragile e il pensiero dominante debole. Chissà se i genitori si raggeleranno apprendendo che a Torino, città drogata, i ragazzini spacciano e fanno i corrieri di morte fuggendo poi come topi attraverso le fogne. Amato spererebbe di sì. Ma sappiamo di tanti ragazzini utilizzati come corrieri dai propri genitori, che di quel mercato vivono e prosperano. Nella quasi totalità dei sinistri stradali c’è almeno un guidatore alterato e negli aereoclub - come mi raccontava un addestratore - arrivano sempre meno giovani aspiranti piloti perché lì i controlli antidoping sono ( ancora ) molto severi. E dice bene l’insegnante a proposito dell’idea di Amato di annullare il buon voto al ragazzo interrogato risultato positivo all’antidoping scolastico: i genitori se non al Tar ricorrerebbero ai cazzotti. E’ il diffuso costume di molte famiglie ostili all’istituzione scolastica, contrapposti ad ogni buona prassi orientata al contenimento dei propri figli spesso ineducati, drogati e allo sbando. Sta diventando costume questa idiota disputa tra famiglie e scuola. Idiota perché a farne le spese sono solo e sempre i ragazzi e la loro fiducia in queste istituzioni. Siamo arrivati al punto che la realtà vera (ma scomoda) può essere posta in risalto solo a mo’di ironica provocazione, per non scatenare lo sdegno, l’indignazione e i cortei parolai di chi sa di avere responsabilità ma le scarica sull’anonimo concetto di società. Da anni reclamiamo misure scomode e impopolari sul versante droga, visto che i pannolini caldi negli ultimi vent’anni ci hanno portato alle serie ma timide proposte di un ministro che sta cogliendo il peso ed i costi sociali di un problema dalle proporzioni spaventose.

ROBERTO CAFISO (da www.lasicilia.it)







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