LA LUNGA RICERCA DEL SISTEMA ELETTORALE PERFETTO
Data: Mercoledì, 14 marzo 2007 ore 00:05:00 CET
Argomento: Rassegna stampa


LA LUNGA RICERCA DEL SISTEMA ELETTORALE PERFETTO
di Stefano Polli*


Il sistema elettorale perfetto non esiste. È necessario partire da questa consapevolezza per poter parlare serenamente delle norme che regolano le elezioni in Europa. Maggioritario e proporzionale, sistemi misti e sistemi corretti, ripescaggi e clausole di sbarramento, premi di maggioranza, turno unico e doppio turno: non c’è un sistema uguale all’altro in Europa, ognuno ha le sue particolarità e differenze. Già questo la dice lunga sulle difficoltà di arrivare davvero a una rappresentatività democratica compiuta e completa.
 Parlare dei sistemi elettorali, in realtà, può portare lontano; dalle considerazioni  politiche si può arrivare a riflessioni di tipo filosofico, come quella assai semplice e già evocata molte volte nei secoli, che la democrazia non è un metodo perfetto di governo, ma un sistema con molti limiti e contraddizioni.
 Nonostante questo, si tratta comunque del sistema migliore finora elaborato dagli uomini per regolare la convivenza civile.
 Limitiamoci, quindi, in questa sede a ricordare che il sistema maggioritario, per la sua apparente semplicità è quello più antico e ha accompagnato le prime forme di rappresentanza politica diretta dal Settecento in poi. Il proporzionale, più articolato e apparentemente più democratico, è subentrato in seguito, nel secolo scorso, sulla spinta delle grandi formazioni politiche di massa.
 Sono questi i due sistemi ai quali si fa riferimento nelle democrazie moderne e, spesso, i sistemi elettorali sono un misto tra questi due modelli. Una miscela con infinite percentuali e possibilità, per cercare di trovare la formula magica che coniughi la capacità rappresentativa del proporzionale con l'efficienza e la concretezza del maggioritario.

La conoscenza dei popoli attraverso il sistema elettorale
 L’analisi dei sistemi elettorali europei ci porta anche a scoprire i caratteri dei popoli che li hanno ideati e, spesso, un sistema elettorale può farci capire molto di un paese. Il pragmatismo britannico si rispecchia nel sistema elettorale secco e semplice che deriva direttamente dalla tradizione di un paese abituato a muoversi nel mondo senza troppi compromessi, mentre i continui cambiamenti del sistema elettorale italiano, con i recenti e repentini passaggi dal proporzionale al maggioritario e viceversa, danno l’esatta dimensione di un paese latino capace continuamente di mettere in discussione se stesso e le regole che lo governano. Il sistema francese a doppio turno appare una via di mezzo tra le due concezioni: rigore ma anche la possibilità di rivedere le proprie scelte.
 Ci sono anche le dovute eccezioni: il sistema tedesco, quel proporzionale corretto con un buona dose di maggioritario, appare molto lontano dal carattere deciso dei tedeschi e certo non permette una governabilità sufficiente, come dimostrano i governi delle grandi coalizioni che si succedono a Berlino.

 L’eterna contesa tra maggioritario e proporzionale
 Di sicuro possiamo dire che la ricerca di un sistema elettorale davvero efficace non ha trovato fino a oggi una risposta certa nella vecchia Europa. Da un lato rimangono i fautori del sistema maggioritario che certo, soprattutto nelle sue forme più radicali, offre una grande possibilità di governabilità: chi vince prende tutto e va in Parlamento a fare le sue leggi. È un sistema molto chiaro che consente a un governo di procedere tranquillamente per la sua strada nella certezza di avere una forte maggioranza parlamentare. Dall’altro lato rimangono i fedelissimi del proporzionale i quali ricordano che il maggioritario distorce inevitabilmente la rappresentatività, in particolar modo quella delle minoranze, e non prevede adeguati contrappesi alla coalizione vincente.
 È tutto vero. Ma è anche vero che il proporzionale, pur rispecchiando abbastanza fedelmente il voto dei cittadini, fraziona in maniera eccessiva i voti e crea storicamente instabilità governativa.

 Vediamo, qui di seguito, come nei grandi paesi europei si cerca di individuare la formula giusta per governare, per dare stabilità al Parlamento, nel rispetto e nella applicazione del voto dei cittadini, cercando di coniugare la capacità rappresentativa con l’efficienza.

 Il pragmatismo anglosassone: chi vince prende tutto
 In Gran Bretagna, come detto, esiste un sistema elettorale che è lo specchio del grande pragmatismo anglosassone. Il Parlamento britannico è costituito dalla Camera dei Comuni (House of Commons) e dalla Camera dei Lord (House of Lords), che hanno poteri diversi con un meccanismo di bicameralismo imperfetto dove la Camera dei Lord non può bloccare indefinitamente l'approvazione di una legge, ma solo ritardarla.
 In Italia, vale la pena ricordarlo, c’è invece il cosiddetto bicameralismo perfetto e una legge deve essere approvata da entrambe le Camere.
 La House of Commons è formata da 646 membri eletti per un mandato quinquennale a suffragio universale diretto a turno unico dai cittadini britannici. Il territorio nazionale è ripartito in 646 circoscrizioni elettorali e ciascuna di esse elegge un solo membro della Camera dei Comuni attraverso la formula elettorale del maggioritario puro. Quindi, è sufficiente la maggioranza semplice dei voti nell'ambito del singolo collegio uninominale.
 Si tratta di un sistema semplice e chiaro con le coalizioni che esprimono in anticipo il nome del leader politico destinato, in caso di vittoria, a guidare il governo. Questo capita più raramente nei sistemi proporzionali e, per esempio, in Italia non era mai capitato prima del 1993 perchè, con il proporzionale puro, il presidente del Consiglio veniva nominato soltanto al termine di estenuanti consultazioni al Quirinale e in seguito all’individuazione di complesse alchimie politiche.
 Invece, gli elettori britannici quando vanno a votare sanno già chi sarà il loro premier a seconda se a vincere sarà un partito o l’altro. Fa parte della loro tradizione secolare mentre in alcuni paesi, tra i quali l’Italia, questa è una conquista molto recente.
 L’altra faccia della medaglia, come già detto, è che chi vince prende tutto il banco mentre le minoranze hanno una rappresentatività pari spesso a zero.

 La ricetta francese: sincerità al primo turno, strategia al secondo
Passando alla Francia, troviamo il sistema bicamerale composto dall'Assemblea nazionale e dal Senato. Le due camere differiscono sia per poteri e attribuzioni in materia legislativa sia per i meccanismi di elezione e, quindi, anche in questo caso siamo di fronte a un esempio di quello che viene chiamato bicameralismo imperfetto.
 L'Assemblée nationale è formata da 577 deputati e la formula elettorale è quella dello scrutinio maggioritario a due turni nell'ambito di circoscrizioni uninominali. I candidati che ottengono al primo turno la maggioranza assoluta dei voti validi sono direttamente proclamati eletti (a condizione che la cifra elettorale conseguita sia almeno pari al 25% del numero degli elettori iscritti nelle liste della circoscrizione), altrimenti la domenica successiva si svolge un secondo turno, cui partecipano i soli candidati, a condizione che abbiano conseguito almeno il 12,5% del totale degli iscritti della circoscrizione.
 Nonostante questo sbarramento, è possibile che superino il primo turno più di due candidati, creando così la possibilità di ballottaggi triangolari o quadrangolari.
 Negli ultimi anni l’ascesa del Fronte nazionale ha aumentato il caso di ballottaggi a tre.
 Il sistema maggioritario a doppio turno, secondo le analisi di molti esperti, incoraggia l’elettore a esprimere un voto sincero al primo turno, che, però, rimane tale soltanto se il candidato scelto potrà ripresentarsi al ballottaggio. In caso contrario il voto diventerà strategico. Questo tipo di sistema tende a favorire i partiti di centro perché al ballottaggio un partito di centro che parta anche da posizioni di svantaggio uscirà tendenzialmente vincitore perché saprà probabilmente attrarre i voti dei partiti esclusi e, cioè, quelli di sinistra se si troverà a confrontarsi con un avversario di destra. Viceversa, nel caso contrario.

Il mix tedesco, rischio e confusione
Preso spesso come punto di riferimento nei dibattiti sui sistemi elettorali, il sistema tedesco - fondamentalmente un misto, con una correzione maggioritaria al modello proporzionale - può generare confusione e, se i risultati non sono troppo netti, spesso non favorisce una formazione facile di un governo.
 In Germania la funzione legislativa a livello federale è esercitata, con modalità e poteri alquanto differenziati, da due Assemblee di tipo parlamentare: la Dieta (Bundestag) e il Consiglio federale (Bundesrat). Elette con il meccanismo del doppio voto e la clausola di sbarramento, queste due Assemblee rappresentano gli elementi peculiari del sistema elettorale tedesco, classificato generalmente tra quelli proporzionali a correzione maggioritaria.
 Il Bundestag è formato da 598 membri (il numero può subire variazioni), eletti a scrutinio universale diretto per un mandato quadriennale. Dei 598 seggi, 299 sono assegnati con scrutinio maggioritario a un turno nell'ambito di altrettanti collegi uninominali. Per i rimanenti 299 seggi si procede a scrutinio proporzionale con liste bloccate.
 L'elettore dispone di due voti che esprime mediante un'unica scheda elettorale. Nella colonna di sinistra sono riportati i nominativi dei candidati con l'indicazione del partito per il quale concorrono o della specificazione che si tratta di candidature indipendenti; risulta eletto il candidato che riporta la maggioranza relativa dei cosiddetti ‘primi voti’ validi. Nella colonna di destra sono riportate le denominazioni delle formazioni che presentano una lista nel Land, affiancate dai nomi dei rispettivi primi cinque candidati; il ‘secondo voto’ attribuisce la preferenza a una delle liste di partito presentate nel Land, a condizione che i partiti abbiano raggiunto il 5% dei voti validi espressi a livello nazionale o, in alternativa, che annoverino almeno tre candidati a loro collegati fra i vincitori nei collegi uninominali (clausola di sbarramento).
 Il sistema tedesco non sembra garantire una grande governabilità come dimostrano le ultime elezioni in Germania. Ancora una volta i partiti tedeschi sono stati costretti a ricorrere alla Grande Coalizione per trovare una soluzione allo stallo del post elezioni. Eppure questo modello è molto ammirato in Europa e viene spesso studiato e analizzato. Sta accadendo anche in Italia in queste settimane in cui la riforma del modello elettorale è all’ordine del giorno nel dibattito politico. Forse la miscela tra proporzionale e maggioritario sembra poter garantire una certa efficienza accanto a una buona rappresentatività democratica. In realtà, anche in questo caso, siamo lontani dalla perfezione.
 La ricerca del sistema elettorale perfetto continua.

 *Caporedattore Esteri dell'agenzia ANSA

Pubblicato 8/3/2007
 






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