Un insperato dibattito si è aperto sul ruolo
dell’educazione e dell’istruzione nella nostra
scuola solo dopo i ferali fatti del Cibali
di Catania e dopo quello che i videofonini hanno
registrato nelle aule: dai bulletti palpeggiatori
e violenti, ai professori canterini e annoiati.
Posto allora che la scuola ha, insieme alle famiglie,
il delicato compito dell’educazione dei ragazzi e
che essa può essere filtro dei malanni che affliggono
la nostra fragile società, non si capisce perché
ancora non sia stata avviata una sana, moderna
e soprattutto universalmente condivisa riforma
della istruzione.
Da qui la domanda: cosa è stato fatto per la scuola?
E scuola significa il suo personale. Che tipo di
preparazione, anche da un punto di vista legislativo,
è stata approntata per questi impiegati? Non
parliamo dell’edilizia, che sarebbe dovuta essere
il fiore all’occhiello visto che là dentro vengono
U stipati i figli di tutti i cittadini, né degli arredi o
delle strutture, ma parliamo di programmi scolastici,
di discipline, di numero complessivo di materie.
E’ venuto in mente mai a qualcuno di fare un
po’ di cernita? E certo che è venuto, solo che questa
operazione selettiva avrebbe messo in crisi
equilibri occupazionali e sindacali delicati. Parliamo
di autorevolezza dei docenti? Essa si acquista
quando la sapienza (che è cultura) è salda e quando
non si temono trasferimenti per decremento o
tagli e quando genitori presuntuosi e arroganti,
sfruttando i decreti delegati, non si presentano
con la carta bollata in tasca e chiedono conto e ragione
perfino del mezzo punto o del progetto o
del rapporto o del disturbo subito per giustificare
il figlio. E i telefonini? Altra burla perché a teatro
nessuno si sogna di tenerli accessi e non per
legge ma perché quel luogo è sacro e si va per
scelta non per svago o gita come a scuola. La vandalizzazione
delle strutture? E perché no, se si
vandalizzano gli stadi e i treni? Ma il compito della
scuola è proprio quello di educare a non farlo e
a comportarsi bene. Ritorniamo così ancora ai
professori che sono la concretezza della scuola.
Chi si è mai curato del loro disagio? Chi ha gridato
contro la marea dei supplenti e la sparizione
dei concorsi? Paraculi e fannulloni li definì un intellettuale
di destra. Aveva ragione? Esprimeva
comunque una idea assai diffusa che mortificando
il lavoro oscuro di docenti rigorosi incoraggiava
nello stesso tempo alibi, sia alle famiglie che attendono
il diploma, e sia a quegli stessi bulli con
le spranghe negli stadi. Il fascista Gentile interpellò
il comunista Lombardo Radice per la sua riforma,
in democrazia pare si riformi tra lobby o col
cacciavite e le pinze. Si attende chi riforma col casco,
la chiave inglese e la molotov.
PASQUALE ALMIRANTE (da www.lasicilia.it)