LA DISPERSIONE SCOLASTICA TOCCA QUOTA 100 MILA
Data: Lunedì, 19 febbraio 2007 ore 01:26:40 CET
Argomento: Rassegna stampa


Parola di ministro dell’Istruzione: la dispersione, nell’anno scolastico 2004/05, ha raggiunto quota centomila. Di questi, ben 8.500 sono alunni della media e 97.300 delle superiori con una forte percentuale al sud. Gli istituti maggiormente colpiti sono i tecnici e i professionali, cosicché quasi un terzo dei giovani, pari al 22%, non consegue il diploma. Volendo essere ottimisti si può dire che in Europa stiamo meglio della Spagna e del Portogallo, che potrebbe essere una bella soddisfazione; con tono pessimistico si può invece dire che con ogni probabilità è il sud, come sempre, che fa abbassare la media nazionale e che ci fa arrossire per tanti motivi. Oltre ai dati, però, il ministro non dice quale specifica soluzione si possa prendere, visto pure che molti fondi europei (Pon soprattutto) sono stati investiti per curare questo male e visto pure che l’obbligo, col prossimo anno, sarà riportato a 16 anni. Ma a fronte di tali numeri perviene anche la notizia che si starebbero per pagare gli stipendi ai supplenti (cento milioni di euro), per il cui colpevole ritardo si incolpa il precedente governo, che non avrebbe previsto i soldi necessari, ma c’entrerebbe anche il nuovo che ha tagliato tanto, comprese circa 12 mila cattedre (7 mila con l’organico di diritto e altri 4.500 alla definizione dell’organico di fatto). A questo proposito, dice Panini, della Cgil-scuola, che ci sarebbe un incremento delle iscrizioni per cui ci si aspettava un conseguente aumento di cattedre anche in vista del grande esodo di insegnanti sul rischioso vento della legge sui pensionamenti. E c’è poi la questione assai seria del rinnovo del contratto di lavoro scaduto da 13 mesi e intorno a cui non cogliamo stridor di denti ma silenzio siderale: non solo per capire a quanto è previsto l’ammontare complessivo dei benefici economici, ma anche per sapere la parte normativa. Allora chiediamo: che se ne dice del reclutamento dei nuovi insegnanti dopo lo stop alle graduatorie? E del nuovo stato giuridico dei docenti, chi sa qualcosa? E su quella proposta di avviare il tanto sognato e vituperato merito, di cui il concorsone fu il parto più scellerato? Possibile che per aumentare di «categoria » l’insegnante abbia a disposizione solamente il concorso a preside? Concorso sul quale è doveroso distendere il classico velo, viste le palesi ingiustizie perpetrate prima, in fase di bando, dopo, in fase di richieste di sospensive al Tar, e durante, in fase di correzione e pubblicazione delle graduatorie. Ma poche e frammentarie notizie escono anche sulla riforma della scuola che sarebbe dovuta entrare in fase sperimentale già da questo anno scolastico e a pieno regime con l’anno venturo. Pinze e cacciavite non fanno bene a nessuno, mentre nel programma dell’Unione si era parlato di una nuova riforma e di destinare il 3% del Pil per l’istruzione oggi navigante attorno al 1,5%, tagli compresi. Nello stesso tempo si dice che col nuovo anno si dovrebbero adottare finalmente i cosiddetti livelli minimi di competenze relativamente all’italiano, matematica e informatica, ma solo nel biennio, e che dovrebbero essere anche certificati per dare uniformità di preparazione a tutti i ragazzi, come succede con le lingue straniere. Un passo avanti per poi valicare anche il triennio in modo che agli esami di Stato non ci sia più un uniformante e inglobante voto unico, ma dei giudizi oggettivi e mirati per ciascuna disciplina che potranno consentire al neo diplomato sia di iscriversi nella facoltà che il diploma acclara sia di entrare (se trova spazio) nel mondo del lavoro nella specializzazione indicata sempre dal diploma e sia, se è asinaccio senza recupero, di riscriversi al quinto anno della scuola che lo ha così male giudicato e valutato. In Europa questa è una certezza mentre da noi è tutto più difficile e tragicamente più lento, tanto lento.

PASQUALE ALMIRANTE (da www.lasicilia.it)







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