IL TEATRO A SCUOLA. La regista palermitana Emma Dante incontra gli studenti del liceo classico Cutelli «La mafia si annida dove c’è paura»
Data: Lunedì, 19 febbraio 2007 ore 01:19:41 CET
Argomento: Rassegna stampa


17.02.07."Colpo di teatro"… E al liceo classico Cutelli, un’ordinaria mattina stracolma di lezioni si interrompe così. Alle 11,30, gonna lunga fino ai piedi e maglioncino viola di cachemere, accompagnata dall’attorescenografo Carmine Maringola, arriva in un’aula magna gremita di studenti e professori, un’ex alunna sui generis: Emma Dante. A farle compagnia, Rosalba Camilleri, dirigente scolastico del liceo Cutelli, Ezio Donato, docente di Pedagogia generale dell’Università di Catania e Orazio Torrisi, direttore artistico del Teatro Stabile. Oggetto della conversazione-incontro coi ragazzi: "Cani di bancata", l’ultima fatica teatrale scritta e diretta dall’attrice, scrittrice e regista palermitana che esprime a tutto tondo le tendenze d’avanguardia e di sperimentazione del teatro contemporaneo. In scena fino a domenica all’Ambasciatori, lo spettacolo provoca e denuncia. Si parla di mafia. Ne è metafora una cagna innominabile (come nella migliore tradizione reverenziale, è concesso chiamarla solo "madre santissima"), a capo di un branco di figli che, come si dice a Palermo, raccoglie le briciole sotto le bancate del mercato. La mafia-cagna non si arrende, e conquista i grandi affari. La mafia-cagna arranca, abbaia contro i deboli e scodinzola con "quelli che contano". La mafia non è più (e non è solo) un fenomeno criminoso circoscritto, legato ad una specifica realtà territoriale, che è poi quella del Mezzogiorno. La mafia è un fenomeno italiano, internazionale. Già si grida allo scandalo. Qualche tradizionalista malizioso e malpensante prova persino indignazione profonda e senso di disgusto. Durante lo spettacolo, in tournée nazionale, con tappe a Lione e Parigi (la prossima tappa prevista per il 21 febbraio sarà Macerata ), qualche spettatore ha presentato persino un ricorso. L’incriminata numero uno è la scena finale, colpevole di far alzare la temperatura alle donne in sala: i dieci figli della mamma- cagna (la mafia), interamente nudi, mostrano le spalle e il fondoschiena al pubblico. La cagna scrive sui loro corpi le sillabe della lapidaria frase "Io madre vi affido l’Italia". Sullo sfondo, una carta geografica raffigura l’Italia al contrario, con la Sicilia in testa. E le regioni sono isole che non riescono a comunicare tra loro. La denuncia è chiara : l’intero Paese, e non soltanto la Sicilia, è in mano alla mafia. Nello spettacolo non mancano riferimenti ai politici collusi (o presunti tali). E, ahimè, sembrerebbe non salvarsi di certo Totò "il siciliano". Ma attenzione. "Non tutti i siciliani sono mafiosi. Ricordiamocelo", dice Emma Dante ai ragazzi che ha di fronte, confessando ironicamente di non temere la scorta. E aggiunge: "Occorre però non addormentarsi. C’è bisogno di unire le forze e combattere tutti insieme. Perché la mafia si annida laddove c’è la paura". Ma sorge un dubbio. "Se la felicità non esiste, perché dovrei combattere la mafia?", chiede Pietro (16 anni, classe IIa). L’attrice-regista ribatte: "Perché farlo è un’utopia che attraversa e sfiora il concetto stesso di felicità". Stamane si replica al liceo scientifico Boggio Lera.

ELENA ORLANDO (da www.lasicilia.it)







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