ESAMI DI STATO: LA QUESTIONE DEI DEBITI FORMATIVI
Data: Sabato, 10 febbraio 2007 ore 15:26:41 CET
Argomento: Redazione


Esami di Stato
 La questione dei Debiti Formativi.

di Beatrice Mezzina da Educazione & Scuola dell'8/2/2007

 

La Legge sugli Esami di Stato, approvata definitivamente dalla Camera il 19 dicembre scorso, prevede all’art. 1a che siano a ammessi agli esami gli alunni che “siano stati valutati positivamente in sede di scrutinio finale e abbiano saldato tutti i debiti formativi contratti nei precedenti anni scolastici”.

 Sono fatte salve all’art. 3 le classi che sosterranno gli esami nel 2007 e nel 2008, cioè le classi penultima e ultima che seguono la normativa esistente al momento dell’emissione della legge.

 In attesa del decreto del Ministro che specificherà le modalità relative all’art. 1 a, conviene una riflessione immediata sulla questione dei debiti formativi che riguarda già da quest’anno le classi prime dei trienni, che seguiranno la nuova normativa.

 Della questione dei Debiti Formativi non ci si è occupati molto a livello ministeriale e nemmeno a livello di dibattito sostanzioso e le situazioni, di fatto, si sono diversificate in forme difficilmente analizzabili per linee di tendenza, come spesso avviene nella gestione  autonoma delle scuole in cui microcosmi incomunicanti trovano soluzioni diverse nell’incertezza normativa e nel fai da te dilagante.

 Che cosa sia avvenuto sulla gestione dei debiti nelle scuole non si sa bene né si sono fatte indagini accurate o trovate soluzioni condivise.

 Ciascuno può esprimere le proprie considerazioni, con il rischio di parzialità e di monadicità.

 Con tali premesse esprimo le mie considerazioni.

 Nella gestione dei debiti, i casi più gravi riguardano le insufficienze reiterate in discipline caratterizzanti: si va dagli studenti che escono dallo Scientifico con il debito sistematico in Matematica, a quelli del Tecnico Commerciale con il debito in Economia Aziendale o nel Classico con un debito in Latino e così via.

 Infatti, se coniughiamo la norma generale che prevede la possibilità della non ammissione alla classe successiva per insufficienze diffuse “nel complesso delle discipline” con l’eliminazione degli esami di riparazione e l’introduzione dei debiti dopo il ‘94, si comprende come molti studenti – sostenuti per altro dai vari TAR nei ricorsi– abbiano trovato una condizione favorevole per tralasciare alcune discipline, data la reale impossibilità dei consigli di classe di bocciare per una sola disciplina sistematicamente trascurata (a volte più di una).

 Una situazione del genere avrebbe bisogno di una norma più specifica, prima degli esami di stato, che ponga la questione del peso di una disciplina nel curriculum, delle condizioni e dei limiti per il superamento dei debiti. Insomma un patto chiaro con gli studenti, sostenuto da una legislazione che non dia adito ai ricorsi al TAR che spesso turbano le scuole.

 Ora le scuole più avvedute elaborano criteri generali del Collegio, parametri dei consigli di classe e tuttavia aleggia negli scrutini il pericolo del ricorso e difficilmente lo studente viene fermato per uno o due debiti gravi che si reiterano a volte progressivamente.

 Ma è successa un’altra cosa.

 I consigli di classe postdebiti, hanno sofferto sempre più di monadismo assemblato.

 Mi spiego meglio: nel periodo delle  rimandature a settembre, si discuteva più attentamente sulla valutazione complessiva, visto che il Consiglio di classe, cui spetta l’ultima parola nella valutazione dei singoli voti, almeno per quei consigli che funzionavano, metteva lingua sulla valutazione del singolo docente.

 Ricordo ancora accesissimi consigli svolti da insegnante e da preside, in cui, per rimandare a settembre un ragazzo bravo complessivamente ma con un deficit in una materia, si votava, discutendo anche sui voti proposti dall’insegnante, ci si esprimeva in molti casi per voto di consiglio, che poi dovrebbe costituire la prassi per tutti i voti proposti; il consiglio mostrava maggiore sovranità nella valutazione complessiva che tiene senz’altro conto dei singoli voti ma li inquadra in un giudizio globale più organico e condiviso.

 Insomma, la valutazione complessiva dello studente aveva più valore.

 Ora le cose vanno senza discussione, quasi. Se un docente propone quattro in una disciplina, si passa al debito quasi senza discutere. Il Debito è sentito meno forte del rinvio a settembre per la riparazione.

 Solo la conseguenza del Credito per gli esami nell’ultimo triennio attenua tale procedura.

 Nel sistema di recupero del Debito, poi, avvengono le cose più disparate: scuole con metodi soft in cui le prove di recupero si svolgono in classe, se mai insieme con il primo compito in classe, scuole con metodi più rigorosi in cui le prove si svolgono in apposite sessioni pomeridiane per mettere in risalto alle famiglie e agli studenti che si tratta di un impegno serio, scuole in cui si svolgono corsi di preparazione anche estivi con fondi scolastici.

 Sono senz’altro favorevole a metodologie rigorose, soprattutto se le prove costituiscono occasione di incontro per gli insegnanti, per valutare l’attendibilità e la pregnanza dalla prova, che significa discutere su programmazioni meno individualistiche e sui criteri di valutazione; affidare non al singolo insegnante – su cui gravano poderosi effetti alone anche inconsapevoli - ma a una commissione composita il giudizio sul superamento del debito da parte di uno studente, consente di superare almeno in parte la univocità del rapporto studente-insegnante, innescare un meccanismo di forte confronto nella scuola.

 C’e allora la necessità di prendere in analisi la questione, di trovare soluzioni, per evitare di utilizzare un rinnovato rigore per gli esami di stato, a fine curriculum.

 Se per l’ammissione agli esami, per gli studenti che ora frequentano la terzultima classe, dovremo gestire, non so come, il superamento di tutti i debiti contratti, come cominciare a gestire quest’anno gli scrutini e la gestione del debito?
 

 

 






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