Non era mai successo che la polizia entrasse nel
merito degli elaborati dei docenti in corsa per
ottenere l’abilitazione a esercitare la funzione di
dirigente scolastico e sequestrasse tutti gli scritti.
E così la Procura di Bari non ha avuto dubbi e
ha messo i sigilli alle prove scritte dei 900 concorrenti
per 121 posti a preside ipotizzando
per la commissione esaminatrice il reato di falso,
corruzione e abuso di ufficio.
E se la Puglia piange la Sicilia non ride, anzi
bisognerebbe stracciarsi le vesti e arrossire di
fronte a un’altra sentenza del Tar di Palermo del
9 gennaio scorso con cui viene annullato il decreto
del direttore generale dell’Ufficio scolastico
regionale «contenente l’elenco degli ammessi
alla prove orali del concorso-concorso
per il reclutamento di dirigenti scolastici». Mani
pulite anche a scuola dunque e alla giustizia
il compito di riportare ordine nel disordine di
un bando di concorso iniquo, ingiusto e offensivo
del diritto di ogni docente ad ambire a
promuovere se stesso e la sua carriera.
Ma cosa è successo esattamente? A parte
l’offesa che viene arrecata a chi è stato escluso
dal partecipare al concorso ordinario per mancanza
di punteggio adeguato, la cosa più grave
sta nell’avere permesso a un manipolo di ricorrenti
(in Sicilia sono oltre 700) di parteciparvi
con riserva a onta della legge che li esclude,
umiliando i principi più elementari di correttezza
e giustizia nei confronti di chi ne ha accettato
l’esclusone.
E se questa è solo una fase del più grosso inghippo
di tale concorso, l’altra serve a dimostrare
quanto bizantino e furbesco andazzo ormai
abbia preso la legislazione in simile materia
tanto da indurre il Tar di Palermo, su segnalazione
e denuncia di alcuni aspiranti, a ordinare
alla commissione giudicatrice l’obbligo di «ridefinire
il procedimento valutativo degli elaborati,
procedendo al loro riesame collegiale con la
formulazione di un giudizio esplicitamente
motivato». I giudici, in altre parole, dopo avere
sequestrato i compiti scritti che consentono
l’ammissione alla prova orale, hanno notato
che nella maggior parte di essi non era stato
sottolineato un solo errore, non era stato fatta
una sola valutazione, non era stato espresso un
rigo o una sola parola di giudizio. E non solo, ma
addirittura a giudicare dai verbali, la commissione
avrebbe impiegato da due a quattro minuti
di tempo per leggere ciascun compito
scritto, visto che ha corretto (si fa per dire) ben
50 compiti al giorno: come leggere un telegramma
insomma. Ci chiediamo se sia possibile
accertare la preparazione di un docente che
vuole fare il preside in tal repentino modo.
E allora tutto bloccato e tutto da rifare, anche
se gongolano comunque i quasi 280 riservisti
campani e gli oltre 270 siciliani a cui la Finanziaria
di questo governo ha regalato la possibilità
di essere inseriti nella graduatoria di merito
per gli orali alla stessa stregua degli ammessi
sulla base del punteggio, come la legge prevede.
E infatti l’intero marasma nasce proprio
da questa inattesa pletora di partecipanti fra
aventi diritto e no a fronte di una commissione
nominata per giudicare solo circa 170 aspiranti.
Il concorso ordinario fu congegnato per ammettere
solo chi possedesse determinati requisiti
derivanti dai titoli escludendo gli altri,
molti dei quali però chiesero la sospensiva al
Tar e la partecipazione al concorso seppure
con riserva. Giudicata inammissibile la sospensiva,
pare che un emendamento della Finanziaria
al Senato (il comma 620) cancelli la sospensiva
e le sentenze del Tar del Lazio e del Consiglio
di Stato, facendo così gridare allo scandalo
per il paradosso per cui «i docenti che non potevano
(e non dovevano) fare il concorso per dirigenti
scolastici indetto con ddg 22/11/04, non
avendo titoli e servizio sufficienti per farlo, tolgono
la possibilità di diventare dirigenti agli
aventi diritto».
PASQUALE ALMIRANTE (da www.lasicilia.it)