L'accoglienza indiscriminata e slegata da una politica di contenimento dei flussi migratori può destabilizzare l'Italia
Data: Mercoledì, 31 gennaio 2007 ore 13:07:02 CET
Argomento: Rassegna stampa


dal sito " Il Giornale "
di Gianni Baget Bozzo - mercoledì 31 gennaio 2007, 07:00

Alla base della svolta impressa alla società italiana dai ministri Amato e Ferrero vi è il rapporto della commissione presieduta da Staffan De Mistura, rappresentante delle Nazioni Unite in Italia, di chiudere i centri di identificazione e di disporre il progressivo svuotamento dei Cpt. Essi vengono descritti dalla commissione in termini critici come se fossero dei campi di concentramento, mentre semmai risulta che vi sono molti modi per poterne fuggire, come quello adottato a Torino di lanciarvi contenitori di droghe. Nel qualcaso la legge chiede che il soggetto sia sottoposto al trattamento curativo e quindi deve lasciare il Cpt.

In una bozza di documento redatta dagli Interni e dalla Solidarietà sociale viene fissata quella che viene chiamata la carta dei diritti degli immigranti che consiste nell’offrire all'extracomunitario un diritto di ingresso nel nostro Paese. Rimangono le quote di ingresso, esse sono triennali e possono essere modificate se le richieste sono in aumento. In pratica vengono abolite le quote. E con l'abolizione dei Cpt cade anche il rinvio degli immigrati nei Paesi d'origine. La politica dell'accoglienza della porta aperta diviene un caso unico nella politica

europea, dove ogni Paese sente il problema dell'immigrazione in modo crescente. E il Paese, che come l'Italia, (e ancora di più) è soggetto all’immigrazione subsahariana, la Spagna, ha stabilito la chiusura delle sue frontiere e il rimpatrio immediato degli immigrati dal Senegal e dalla Mauritania nel loro Paese, avendo raggiunto un accordo in tal senso con i governi di provenienza degli immigrati.

Verrà inoltre proposta la riduzione a cinque anni del tempo richiesto per la concessione della cittadinanza italiana.

È caduto nella concezione della sinistra ogni sentimento della compatibilità delle diverse culture che l’immigrazione porta nel nostro Paese con la cultura della nostra gente. Il rito di cittadinanza, come la facoltà di residenza, vengono separati dall’identità di un popolo che si vede imporre la convivenza con l’immigrato come un dovere politico. Ciò lascia il cittadino italiano per cultura e storia in condizioni di difficoltà, perché gli sembra che la sua storia non conti nulla e che egli debba, per imposizione politica, sentirsi meno tutelato dell’immigrato che la politica protegge.

Basta immaginare quale eco avrà nel mondo subsahariano e mediorientale e in genere in tutti i Paesi di immigrazione, l’idea che l’Italia sia il ventre molle dell’Europa e che la via all’Italia e all’Europa passi per le nostre frontiere.

Rifondazione Comunista ha voluto il ministero più delicato del governo, quello che presiede alla composizione della popolazione. Ed essa vi applica il suo concetto fondamentale: i bisogni sono diritti. Ed è un ministro dalle molte stagioni e dai molti ministeri come Giuliano Amato che offre lo spazio a questo processo di snazionalizzazione della cittadinanza, dimenticando che il peso dell’immigrazione cade sulla gente comune, sul popolo anche di sinistra che sperimenta la difficoltà della convivenza.

Paolo Ferrero ha dichiarato, nei primi giorni del ministero, che la politica dell’immigrazione avrebbe dato alla sinistra quel supporto di voti che le manca. Ma quel che più conta è che la concezione antagonista si manifesta qui nel suo livello teorico più alto, l’antagonismo alla tradizione culturale del Paese.
Amato ha scritto di temere una rivolta populista: sarebbe peggio se il sentimento di identità nazionale svanisse nello sconforto della multiculturalità.

bagetbozzo@ragionpolitica.it 
 







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