PERCHE' INSEGNARE ASTROFISICA E COSMOLOGIA NELLA SCUOLA SUPERIORE
Data: Luned́, 29 gennaio 2007 ore 00:05:00 CET
Argomento: Associazioni


Perché insegnare astrofisica e cosmologia nella scuola superiore
Marco Ostili*

 

L'astrofisica (l'evoluzione stellare, le supernove, i buchi neri, i quasar, le galassie, la materia oscura…) e la cosmologia (la teoria del Big Bang e le sue prove sperimentali) incontrano, in questi ultimi anni, un notevole interesse non solamente tra gli scienziati, ma anche presso il grande pubblico e soprattutto tra gli studenti.
 E tuttavia esse non fanno parte dei 'tradizionali' programmi di fisica dei licei (neanche del liceo scientifico). Curiosamente, trovano un po' di spazio solamente nei programmi di scienze del quinto anno. Appare quanto meno singolare che argomenti che richiedono nozioni di fisica nucleare, di relatività, di fisica quantistica, siano trattati da docenti laureati in biologia, geologia o chimica, mentre i docenti laureati in fisica dedicano quasi tutto il quinto anno all'elettromagnetismo.
 A questa situazione apparentemente paradossale tentano di porre rimedio gli OSA (gli Obiettivi Specifici di Apprendimento) elaborati per la riforma della secondaria superiore discussa nella passata legislatura. Gli OSA prevedono infatti esplicitamente, nell'ultimo anno, "Origine ed evoluzioni cosmiche", (oltre a "materia, particelle e campi, struttura microscopica della materia, relatività").

Problemi e questioni per l'insegnamento della fisica
La riforma Moratti prevedeva, inoltre, l'insegnamento della fisica in cinque anni (due bienni più un ultimo anno conclusivo, quasi di ponte per l'università), riprendendo le indicazioni di alcune sperimentazioni (Piano Nazionale Informatica e Progetto Brocca).
 Il problema della riforma dell'insegnamento della fisica oggi ha quindi due aspetti: il primo è la definizione della sua estensione (3 o 5 anni). È ovvio, infatti, che in cinque anni ci sarebbe la possibilità di distribuire diversamente gli argomenti e di trattare nell'ultimo anno diffusamente la fisica del Novecento, dalla relatività in poi, e arrivando appunto fino all'astrofisica e alla cosmologia. Il secondo è la rimodulazione dei programmi nel triennio (se rimane l'attuale estensione e collocazione). È ragionevole, infatti, concludere l'insegnamento della fisica con le equazioni di Maxwell e le esperienze di Hertz di oltre un secolo fa, ignorando l'intera fisica del XX secolo e le profonde rivoluzioni che essa ha portato anche nella stessa immagine del mondo che noi oggi abbiamo?

Ricavare 'spazio' per astrofisica e cosmologia
Uno dei problemi che molti docenti di fisica sollevano è l'impossibilità di 'svolgere tutto il programma', aggiungendo agli argomenti tradizionali anche la fisica del Novecento. È un problema analogo a quello dell'insegnamento della storia del Novecento. La risposta è ovvia: si tratta di ridistribuire i vari argomenti negli anni o almeno di ridurre il tempo da dedicare nel quinto anno ai fenomeni elettrici e magnetici a favore di argomenti di fisica moderna.
 La mia personale esperienza e convinzione è che si possono trattare agevolmente tutti gli aspetti fondamentali dell'elettromagnetismo (equazioni di Maxwell e onde elettromagnetiche comprese) in un quadrimestre o poco più, a condizione di rinunciare a una trattazione dettagliata, per esempio, di tutti i problemi relativi ai circuiti elettrici in corrente continua e/o in corrente alternata.
 Naturalmente ogni docente ha le sue particolari 'sensibilità' e preferenze, ma così come la trattazione della storia del Novecento ha richiesto di ridurre conseguentemente il tempo dedicato alla storia dell'Ottocento, anche in fisica sarebbe opportuno ridiscutere le 'priorità' didattiche e culturali e dedicare almeno una parte dell'ultimo anno, per esempio, a temi di astrofisica e di cosmologia ('temi', ovviamente, non un corso sistematico).

Tre buoni motivi per insegnare astrofisica e cosmologia
La domanda che allora dobbiamo porci è: perché insegnare astrofisica e cosmologia?
 Ci sono almeno tre buoni motivi per farlo. Il primo è molto semplice: riscuote grande interesse tra gli studenti. Da alcuni anni organizziamo nella nostra scuola corsi pomeridiani extracurricolari sulla fisica del Novecento e la partecipazione degli studenti è veramente notevole, sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo. Lo stesso interesse e partecipazione lo si ritrova quando si trattano questi argomenti nelle normali lezioni del mattino.
 Il secondo argomento è più 'didattico': lo studio dell'evoluzione stellare, dei buchi neri, dell'origine dell'universo richiede la conoscenza di molti argomenti di fisica classica e, seppur a un livello qualitativo, di alcuni di fisica moderna. Provo a elencarne alcuni:
 - i principi di conservazione della quantità di moto, del momento della quantità di moto e dell'energia sono fondamentali per la comprensione di molti momenti dell'evoluzione stellare, dalla nascita della stella, alla formazione di una stella di neutroni, alla trasformazione massa-energia nelle reazioni di fusione nucleare.
 - Lo studio delle caratteristiche delle stelle richiede conoscenze di ottica e di spettroscopia.
 - Campi elettrici e magnetici intervengono ogni volta che particelle cariche come elettroni o protoni si muovono cadendo, per esempio, da una stella di un sistema binario verso il 'partner' di maggiore densità (nana bianca, stella di neutroni o buco nero) creando i 'dischi di accrescimento'.
 L'evoluzione stellare, determinata dalla 'lotta' tra gravità e pressione, richiede la conoscenza della teoria cinetica (classica e, se possibile, quantistica) dei gas.
 I buchi neri sono previsti dalle equazioni della relatività generale (le 'singolarità'), ma è possibile darne una descrizione classica semplificata utilizzando il concetto di velocità di fuga.
 - In campo cosmologico la relatività generale definisce inoltre lo scenario e la struttura dell'universo.
 - L'espansione dell'Universo è stata provata interpretando il 'red shift' della luce proveniente dalle galassie più lontane come effetto Doppler dovuto all'allontanamento delle galassie.
 Già da questa breve e schematica panoramica si possono intuire le grandi potenzialità didattiche delle trattazione di temi di astrofisica e cosmologia: essa rappresenterebbe la naturale conclusione e applicazione delle nozioni acquisite nell'intero corso e fornirebbe il miglior argomento a sostegno dell'unità della fisica, concetto non sempre pienamente afferrato dagli studenti, sperduti e confusi spesso da un'infinità di fenomeni non correlati tra loro e di formule dalle quali non ricavano un quadro esplicativo né soddisfacente né stimolante.
 Ma c'è ancora un terzo motivo importante a favore della trattazione di temi cosmologici ed è la possibilità di costruire percorsi di approfondimento interdisciplinari.
 Le 'domande cosmologiche' (l'universo è finito o infinito? Ha avuto un'origine o è eterno? Che cosa c'era prima del Big Bang? Come è nata la vita?) sono domande che da sempre, dagli antichi greci e anche prima, affascinano l'uomo (e gli studenti) e portano facilmente a una riflessione generale, interdisciplinare, per esempio sull'idea di spazio e di tempo, sulle basi della vita, con molti possibili collegamenti ad altre discipline (biologia, filosofia ecc.)
 In breve, astrofisica e cosmologia appaiono quasi la conclusione ideale di un percorso di studi che abbia la scienza, le sue conoscenze e i suoi metodi, al centro del percorso formativo.

 *Docente di Matematica e fisica all'Istituto 'Montessori' di Roma e autore di testi di fisica per la scuola superiore.






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