''GLI INSEGNANTI SONO TECNICAMENTE E UMANAMENTE IMPREPARATI...''
Data: Luned́, 29 gennaio 2007 ore 00:05:00 CET
Argomento: Opinioni


“GLI INSEGNANTI SONO TECNICAMENTE E UMANAMENTE IMPREPARATI…”



Non bisognerebbe ma i sfogliare i libri di sociologia. Davvero, è un’azione molto, ma molto pericolosa. Perché, quando si parla di società, si parla di socializzazione; e quando si parla di socializzazione, si passa alle agenzie di socializzazione e poi si finisce a parlare di scuola.
E i risultati delle inchieste sul campo sono a dir poco sconfortanti. Nel libro in questione, in cui malauguratamente stavo sbirciando, la scuola, da recenti sondaggi, appare come “un territorio in transizione svuotato di tensioni e conflitti, dato per scontato nel processo di crescita, parcheggio delle aspettative che possono o non possono maturarvi nei cinque anni delle superiori”. Da un’indagine condotta a Modena (100 interviste ad adolescenti e genitori con metodologie di tipo qualitativo) emerge che gli studenti non si illudono su quello che l’istituzione può offrire. L’istituzione scolastica non offre cioè sufficienti valori e modelli di orientamento innovativi rispetto a quelli familiari, ai quali spesso non è più in grado di offrire neanche un supporto educativo e formativo.
E poi viene il bello. Gli adolescenti intervistati parlano della scuola con indifferenza. E ancora: la percepiscono come una routine, come un’esperienza senza qualità, priva di un’effettiva incidenza ai fini della vita emotiva. E poi viene il tragico. Cioè quando si comincia a parlare di insegnanti. I docenti vengono concordemente giudicati, sia dagli allievi che dai loro genitori, impreparati tecnicamente e umanamente, mentre viene ripetutamente sollecitato un docente esperto, comprensivo e soprattutto coerente. Insomma i giovani si imbattono, a loro dire, in insegnanti generici, vivendo nella separatezza della scuola e poi dell’università.
E poi venne l’ultima, straziante frase, che tagliò di colpo le mie speranze residue. "Nessuno degli intervistati ha pensato di citare un insegnante ritenuto importante o tantomeno un insegnante assunto come punto di riferimento."
Tre volte e quattro e sei lessi lo scritto. Peggio dell’Orlando furioso di ariostesca memoria. E sperai che non vi fosse quel che v’era scritto. Ma più lo speravo e più lo leggevo e rileggevo chiaro e piano. "Nessuno degli intervistati ha pensato di citare un insegnante ritenuto importante o tantomeno un insegnante assunto come punto di riferimento."
Magari non sarà così in tutta Italia. Magari possiamo sperare in un po’ di approssimazione. Tuttavia un triste pensiero finale sorge spontaneo: ma la scuola oggi, con tale percezione che ne ha il mondo esterno, che ruolo può più avere?


SILVANA LA PORTA






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