L'imam Wagdy Ghoneim di Verona: «Giusto picchiare le donne» «È l'Islam che lo dice. Il Corano lo ordina»
Data: Sabato, 27 gennaio 2007 ore 10:37:01 CET
Argomento: Rassegna stampa


dal Corriere della Sera

ROMA — «Sentito che ci ha detto l'imam? Che dobbiamo picchiare la moglie! Perché le donne sono stupide, sono come le pecore che devono essere governate da un pastore. Voi uomini avete ragione di picchiarle, perché è l'Islam che lo dice. Il Corano lo ordina». Era il 26 agosto 2005, al termine della preghiera del tramonto, il predicatore d'odio islamico Wagdy Ghoneim parlò con i fedeli raccolti nella moschea di Verona in via Biondani, uno stabile dell'Ucoii (Unione delle comunità e organizzazioni islamiche in Italia). Leader dei Fratelli Musulmani, incarcerato in Egitto, espulso dagli Stati Uniti e dal Canada per apologia di terrorismo, Ghoneim riuscì ad ottenere un visto d'ingresso in Italia, su invito dell' Ucoii, tenendo quattro incontri a Bologna, Verona, Padova e Sesto San Giovanni.

Tra gli intervenuti ad ascoltarlo nel capoluogo scaligero c'era il marocchino Moustapha Ben Har, 46 anni, un uomo violento, che aveva costretto la moglie a suon di botte ad abortire due volte e l'aveva spedita tre volte al pronto soccorso con la faccia rotta; che era stato denunciato per l'accoltellamento di un connazionale che risiede nello stesso stabile; che infine si è ritrovato disoccupato per i continui litigi sul posto di lavoro. Una volta rientrato a casa, Moustapha, forte di una legittimazione islamica al comportamento brutale, rivolse minacce pesanti ad Amal El Bourfai, 33 anni, conosciuta e sposata a Casablanca: «L'imam ci ha detto che le donne sono senza anima. Sono create solo per fare bambini, sbrigare le faccende domestiche e soddisfare i piaceri del marito. Le mogli non possono alzare la voce. Chi comanda è solo il marito. Se la moglie sbaglia, è normale punirla. Questo è l'insegnamento del profeta ».

Quella sera Amal ebbe veramente paura. Strinse a sé i due figlioletti, Aiman, oggi di 4 anni, ed Elias, che a maggio ne compierà 3. Ripensò ai primi giorni di matrimonio, quando Moustapha si rivolgeva a lei con dolcezza. E come all'improvviso, due mesi dopo il suo arrivo in Italia nel 2000, lui cominciò a picchiarla perché lei non era ancora rimasta incinta: «Sei come una terra secca, non dai il frutto!». Amal si sentiva in colpa e sopportava le botte. Fino a quando dalle analisi non emerse che il problema era del marito. Lui si sottopose a una terapia ormonale che ebbe successo. Ma in realtà lui non amava i figli. Per ben due volte la sua furia criminale costrinse la moglie ad abortire per le percosse al ventre. Anche dopo la nascita di Aiman, lui l'aggredì stendendola a terra e saltandole sul ventre. Era incinta di quattro mesi, sanguinava, andò in ospedale e riuscì a portare avanti la gravidanza fino alla nascita di Elias. Poi Amal è stata costretta ad abortire per la terza volta in ospedale, perché lui non voleva più figli: «Non ho i soldi per mantenerli».

Di fatto è solo lei a lavorare, come operaia in un'azienda ortofrutticola, con un compenso tra i 600 e i 700 euro. Ben poco per quattro persone. E, come se non bastasse, regolarmente lui le sequestrava i soldi per andare con prostitute. Si è ripetuto lo scorso 19 gennaio, il giorno dopo aver ritirato la busta paga. Quando lei si è ribellata, lui l'ha riempita di botte, le ha spaccato due denti e fatto l'occhio nero, costringendola a tornare al pronto soccorso. Perfino quando decideva di fare l'amore con lei, prima la picchiava per costringerla a seguirlo a letto. Per tre volte lei ha sporto denuncia e poi l'ha ritirata: «Se non lo fai, appena torni a casa non troverai più i bambini», la minacciava ripetutamente.

Amal si sente impotente perché Moustapha le ha sottratto tutti i documenti: il passaporto, il permesso di soggiorno, la tessera sanitaria e il codice fiscale. Lei dipende da lui in tutto, perché formalmente risiede in Italia per ricongiungimento familiare. La svolta è avvenuta con la denuncia dopo il più recente ricovero al pronto soccorso, denuncia che Amal non intende più ritirare. Lui, per vendetta, ha deciso di scappare in Marocco portandosi via i figlioletti. Ha già spedito ai familiari a Casablanca, su un pullman che parte da Verona, i suoi bagagli. Da allora Amal si è barricata in casa con i figli. Ha chiesto aiuto al centro di assistenza sociale di San Giovanni Lupatoto, il comune di residenza in provincia di Verona, sentendosi rispondere che se avesse voluto usufruire di una struttura di accoglienza, avrebbe dovuto versare 95 euro al giorno. Ieri è tornata in tribunale chiedendo, tramite il suo avvocato, Rosanna Credendino, un provvedimento urgente di allontanamento di Moustapha dall'abitazione. Lunedì andrà in questura per chiedere il divieto di allontanamento dal territorio nazionale del marito e dei figli.

Questa è la drammatica storia di una «madre coraggio», che lotta con tutte le sue forze per rimanere in Italia con i due figlioletti, e di un marito violento che ha già presentato richiesta per ottenere la cittadinanza italiana, essendo residente dal 1989. Che immagina di comportarsi in modo islamicamente corretto in virtù dell'aberrante predicazione d'odio dei Fratelli Musulmani a cui si rifanno gli aderenti all' Ucoii. Basta leggere il commento di Hamza Roberto Piccardo nel Corano a cura dell' Ucoii, il più diffuso nelle moschee d'Italia, del versetto IV, 34: «Si può ben capire perché il Corano fornisca al marito gli strumenti per fronteggiare l'insubordinazione della moglie prima di arrivare all'estremo rimedio del divorzio: rimprovero, esclusione dall'affettività e dal rapporto coniugale, punizione fisica. In proposito di quest'ultima si noti che la Sunna dell'Inviato l'ha sconsigliata con fermezza e, in caso estremo, l'ha permessa a condizione di risparmiare il volto e che i colpi vengano inferti con un fazzoletto o con il siwak (il bastoncino che si usa per la pulizia dei denti)». Questo dettaglio tecnico, sul modo islamicamente corretto di picchiare le mogli, deve essere sfuggito a Moustapha. E a migliaia di mariti violenti che in Italia invocano il Corano per brutalizzare le loro donne. Questo è l'appello di Amal: «Aiutatemi a restare a casa mia con i miei due bambini, aiutatemi ad allontanare il marito violento! Voglio vivere in Italia da donna libera e voglio che i miei figli vi crescano da persone libere!».
Magdi Allam
27 gennaio 2007

dal sito L?Opinione

Edizione 25 del 31-01-2007

Il colpevole silenzio sulla poligamia
di Romano Bracalini

Dice un antico proverbio cinese:”Non dire a tua moglie perché la batti. Lei lo sa”. Le culture primitive hanno sempre relegato la donna in un angolo di umiltà. Le donne italiane ebbero il diritto di voto solo nel 1946. Acquisirono uno status di parità. La legge ne proteggeva la persona e la dignità. Il marito manesco andava in galera. Il nostro costume comincia a fare parecchie eccezioni alla regola. Se un imam immigrato in Italia può predicare pubblicamente che “le donne non hanno l’anima e se sbagliano è giusto punirle perché così vuole il Corano”, non farà meraviglia che qualche marito musulmano applichi alla lettera il precetto nella migliore interpretazione filologica del “libro sacro”. Non solo nessuno si ribella e la notizia passa in forma di cronaca senza commento. Ma nel silenzio assenso del femminismo residuale nostrale passa perfino l’idea del gineceo ammesso per legge, dell’harem di conforto per il marito-califfo, della poligamia già praticata clandestinamente e ufficialmente richiesta dal famigerato Ucoii come norma da introdurre nel nostro ordinamento. Non ancora la lapidazione. E non fa scalpore che proprio essa, la poligamia, non sia più consentita nemmeno in certi paesi arabi, Tunisia e Marocco, sicché per non offendere le altrui tradizioni, ma senza porre una difesa alle nostre, l’Italia rischia di essere più arretrata e medievale del Maghreb in fatto di diritto di famiglia.

Intanto la si tollera ben sapendo che molti musulmani la praticano di straforo con le arti levantine più subdole, tenendo una moglie alla luce del sole e la seconda, più giovane e più bella (chiamali fessi!), sposata con rito musulmano e fatta passare per domestica dalla quale avere un’altra carrettata di figli per infoltire il nostro magro bilancio di nati vivi (ma almeno nel rispetto della legge). Meglio la poligamia che l’infedeltà dei mariti occidentali, ribattono i califfi, come se l’infedeltà fosse la stessa cosa! Perfino l’Imam di Segrate, noto alle cronache televisive per la compostezza e la civiltà dei modi, uno dei fondatori dell’Ucoii, può infrangere la legge del paese che l’ospita accompagnandosi a una seconda moglie sposata con rito levantino senza aver “avvertito” o ripudiato la prima. E a denunciarlo è stata un’altra integralista somala musulmana, già arruolata da Prc, Dacia Valent, in una specie di guerra tribale che continua in Italia con altri mezzi. Così, in spregio alla legge si può “gonfiare” lo stato di famiglia. Picchiare la moglie non è reato. Il femminismo irrancidito del “Manifesto”, insieme alle croniste ex guardiane della rivoluzione dell’Unità, tacciono dopo l’abbuffata di slogan del ’68, poi acquietatosi nel burocratico accomodamento dei suoi adepti. Tutti i regimi autoritari disprezzano la donna. Dell’oppressione femminile l’Islam ha fatto un’arte insuperabile e un vanto che sfida la modernità. Può stupire che certo sinistrismo femminile nostrale abbia abbracciato l’Islam oscurantista in odio all’Occidente? E che cos’erano le pallosissime assemblee studentesche se non interminabili orgasmi collettivi in cui si sperimentavano le regole del “libero amore” proletario?

Così un’altra volta, finita la rivoluzione in pastasciutta, le suffragette d’una volta si son fatte beffe delle regole borghesi, occidentali, immolandosi al codice di macelleria di Maometto in cui la donna eguaglia l’uomo solo se diventa carne da cannone. Anche durante il fascismo la donna era relegata al ruolo secondario ma esaltato di madre prolifica, angelo del focolare, con tutte le virtù domestiche che le competevano. L’università era ancora un modo separato, tutto maschile, ostile alle donne. Diceva un elegante ritornello cantato dai goliardi fiorentini: “Noi non vogliano le donne all’università/ma le vogliamo nude distese sul sofa”. L’imam di Segrate sarebbe stato d’accordo. Le donne non stavano meglio sotto il totalitarismo comunista. I dittatori non rispettano le donne. Però volentieri se ne circondano. Il Duce, modello di virilità fascista, ne era un forte consumatore. L’italiano medio, testimonia Margherita Sarfatti, prima amante di Mussolini, ambiva ad atteggiarsi come lui, a parlare come lui, a fottere come lui. Lenin scrisse un trattato sull’emancipazione femminile in URSS. Ma la condizione della donna sovietica rimase subalterna. Il cattolicesimo integralista, sessuofobo, antifemminista, è stato riformato dal pensiero filosofico occidentale. Il dogma è dovuto venire a patti con la ragione. Nell’Islam è ancora tutto di là da venire e nel frattempo il marito picchia la moglie (quando non sono due). Il Corano sa perché!
 







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