ROMA
15-10-2002- Lo chiamano Palazzo Kabul. Edificio malmesso anni Sessanta, intonaci
scrostati, balconcini sbreccati con vista su un deposito di autobus, il consueto
assedio di macchine parcheggiate ovunque e cassonetti stracolmi di questo
spicchio di Roma - via Michele Carcani 61, patriota - tra viale Trastevere e
Porta Portese. È una dependance del ministero dell´istruzione, l´imponente
parallelepipedo umbertino che si staglia a poche centinaia di metri nello
splendore del recente restauro (Letizia Moratti ha voluto un piccolo viale
d´accesso personale orlato di fiori e custodito dalla security privata).
Da lì, dai piani nobili del
ministero, è partito nei giorni scorsi il mesto esodo dei quattordici direttori
generali e direttori regionali fatti fuori in nome dello spoil system. La
piccola processione si è infilata nei corridoi semibui di Palazzo Kabul. «Fino a
qualche anno fa qui ci lavorava un sacco di gente - dice un´impiegata prima di
scivolare via a passi svelti - adesso ci hanno mandato quelli fregati con la
nuova legge, i superdirigenti cacciati via da viale Trastevere».
Le stanze sono quattordici, una per
ciascuno dei silurati. Muri scrostati, cavi volanti, scatoloni pieni di carte
polverose ammucchiati sul pavimento. Nessuna traccia di computer ma tanto non
servirebbero, nell´impossibilità di connettersi a internet. In una stanza uno
degli ex direttori sta seduto alla scrivania e guarda il muro con aria pensosa.
Ha accanto un vecchio telefono ma «non si faccia illusioni - dice - non
funziona: non c´è la linea». «Vede - allarga le braccia a mostrare la
sistemazione di fortuna - data la nuova legge, questo ci può stare. Ti cambiano
mansione, ti assegnano un compito nuovo e tu lo accetti. Ma poi ti mettono
dentro una topaia senza alcun strumento operativo, senza telefono e senza
computer... In buona sostanza ti fanno capire che sei assegnato a un compito "di
ristoro", che in parole povere vuol dire "tu non fai nulla e io ti pago lo
stesso". Io sono pronto a svolgere il lavoro che mi hanno assegnato ma in queste
condizioni è praticamente impossibile. Alla fine mi avranno pagato senza che
abbia prodotto alcunchè».
Non si tratta di una paga minuscola.
Un direttore generale di ministero in un anno porta a casa in media e al lordo
qualcosa come 130mila euro, 250 milioni di vecchie lire. «Sono disposti a pagare
questo pedaggio per un anno pur di tenerci alla larga», spiega il silurato. E
dopo? «Finito il cosiddetto "anno di studio" che la legge Frattini prevede,
torneremo alle amministrazioni da dove siamo partiti: alcuni all´Istruzione,
altri in ministeri diversi. Molti scenderanno un gradino, torneranno dirigenti
di seconda fascia e avranno lo stipendio decurtato, altri saranno dichiarati in
soprannumero e non saranno ricollocati».
Urla in corridoio, Palazzo Kabul si
anima di colpo. Una pattuglia di imbianchini sta raccogliendo gli attrezzi per
andarsene, la tinteggiatura di un ufficio lasciata a metà. «Io in quella stanza
non entro - grida un cinquantenne in giacca e cravatta - quando sarà finalmente
in ordine? Quando sarà umanamente agibile?». «Dottò, noi abbiamo solo l´ordine
di imbiancare le pareti e siccome siamo pochi ci vuole il tempo che ci vuole.
Del resto non so niente, si rivolga al ministero».
Sul lungo corridoio dove si aprono
gli uffici-accampamento dei dirigenti rottamati sono parcheggiate sedie
sfondate, divani fuori uso, muraglie di scatoloni zeppi di documenti. I
magnifici quattordici fino a un mese fa regolavano i flussi dei finanziamenti,
dipanavano le matasse delle graduatorie, tenevano la rete dei rapporti con i
presidi di tutta Italia, in una frase erano uomini di potere. Ora hanno in mano
un anno di incarico per completare studi dal titolo improbabile: l´autonomia
scolastica in base alle nuove disposizioni sul decentramento regionale, le nuove
figure professionali del personale non docente...
«A me - continua il dirigente
silurato - la lettera del capogabinetto del ministro Moratti è arrivata la sera
del 7 ottobre. C´era scritto: "Non ci sono posti adeguati al suo ruolo, quindi
le verrà assegnato un incarico di studio per un anno". Nessun accenno a
un´eventuale inadeguatezza nelle funzioni svolte. E dunque, con tutti i miei
studi alla Scuola Superiore, con i gradini della pubblica amministrazione saliti
uno a uno in anni di diligente carriera, eccomi qui».
Palazzo Kabul accende le sue luci
fioche nella limpida sera autunnale romana. Dentro resta il plotoncino dei
dirigenti generali cacciati da Letizia Moratti, ministro recordman con Roberto
Maroni dello spoil system: quattordici su diciannove spediti in queste stanze
spoglie, contro una media di un terzo (centocinquanta hanno avuto la "lettera di
commiato"su quasi quattrocentocinquanta sparsi nei ministeri italiani). «Lo
chiamano spoil system - conclude il nostro virgilio - non sarà piuttosto
un´ultima, raffinata frontiera del mobbing?».MARIO REGGIO