La scuola? ''La prima emergenza del Paese''
Data: Giovedì, 25 gennaio 2007 ore 18:47:20 CET
Argomento: Rassegna stampa


ROMA. Sei italiani su dieci considerano l’educazione la prima emergenza nazionale. I restanti quattro, tra le prime. E’ quanto emerge dall’indagine «Sussidiarietà ed educazione» condotta dalla Fondazione per la sussidiarietà nel 2006 presentata ieri a Roma alla presenza del ministro dell’Istruzione, Fioroni. Obiettivo dello studio è verificare quanta familiarità ha il mondo produttivo, sociale e politico italiano con il concetto di sussidiarietà introdotto nella nostra Costituzione cinque anni fa con la riforma del Titolo V. Un concetto non ancora radicato e di difficile definizione. Nel nuovo art.118 della Costituzione sono enunciati sia il principio di sussidiarietà «verticale» (cioè, la ristrutturazione delle competenze amministrative dello Stato), sia quello della sussidiarietà «orizzontale» (interazione tra enti pubblici e società civile nel gestire funzioni di utilità collettiva). Agli intervistati è stato chiesto di prendere posizione su un’accezione di sussidiarietà orientata verso il tema della persona e della sua crescita individuale e sociale, intesa come «modalità di sviluppo che riconosce e valorizza le iniziative della Pmi, dei gruppi sociali e del singolo individuo» e «identifica educazione e istruzione come strumenti di sviluppo della società». A un primo approccio, solo il 22% del campione ha dichiarato di conoscere la sussidiarietà. Una volta chiarito il concetto, il 71,5% ha ammesso di averne una «percezione positiva» e il 74% che la sussidiarietà può favorire una maggiore responsabilità da parte degli operatori dei servizi pubblici. Ma può la sussidiarietà essere un fattore di sintesi dei problemi del Paese ancora aperti, come la riforma della scuola? Dall’indagine emerge che le famiglie hanno una forte consapevolezza dell’importanza della sfida educativa: il 55% sostiene che, per una scuola di qualità, ci vogliono insegnanti preparati e capaci; l’82% è convinto che la scuola serva a educare e a istruire, e non solo a insegnare un mestiere (13%). Il 43% non ritiene, però, adeguata la qualificazione degli insegnanti e che la scuola italiana non sia adeguata ai problemi dei giovani. O meglio, lo è per il 41%, ma «con gravi insufficienze». I problemi infrastrutturali e di competitività che attanagliano le imprese fanno calare al 46% la quota di chi, tra gli imprenditori, crede che l’educazione sia la prima emergenza del Paese. Severo il giudizio delle imprese sull’adeguatezza della scuola alle esigenze dei giovani e della società in generale: è adeguata, ma con gravi insufficienze, per il 26% delle imprese, mentre lo è in minima parte per il 32% e in nessun modo per il 22%. Ma che scuola vorrebbero gli italiani? Secondo il 27% del campione, nel nostro sistema scolastico c’è poca libertà di educazione, mentre per il 46% ce n’è abbastanza e per il 24% ce n’è, addirittura, molta. Il 40% ritiene che la scuola debba essere gestita solo dallo Stato e il 56% vorrebbe un sistema misto Stato-privato. Il 37% non iscriverebbe mai un figlio a una scuola privata, neanche se fosse gratuita. «Ciò che emerge, soprattutto, dalla ricerca è il giudizio d’inadeguatezza della scuola e l’orientamento degli intervistati verso un sistema misto tra pubblico e privato, il loro desiderio di flessibilità e di autonomia», commenta Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la sussidiarietà. Il ministro Fioroni difende lo strumento della sussidiarietà per garantire l’appropriatezza e l’uniformità dell’offerta formativa dei giovani su tutto il territorio nazionale. «Altra cosa - dice - è la volontà di declinare la sussidiarietà con la liberalizzazione che, invece, introduce nella logica dell’istruzione la sostituzione della centralità dello studente con quella del profitto. Chi investirebbe nelle cinquemila scuole montane»? Fioroni ribadisce il suo no alla liberalizzazione dell’istruzione a chi lo incalza a margine della presentazione: «Finché il ministro sarò io, si farà come dico io». La scuola? «La prima emergenza del Paese» Per insegnare 20 chilometri a piedi Matteo Pozzi, professore di scuola media, impiega tre ore di cammino per raggiungere la scuola in cui insegna a dieci chilometri da casa sua, e altrettante al ritorno. Trentenne di Lecco, supplente di matematica a Galbiate, in passato ha usato la bicicletta, ma dopo che gli è stata rubata, ha deciso di andare a piedi.

ANNA RITA RAPETTA (da www.lasicilia.it)







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