ROMA. Sei italiani su dieci considerano l’educazione
la prima emergenza nazionale. I restanti quattro,
tra le prime. E’ quanto emerge dall’indagine
«Sussidiarietà ed educazione» condotta dalla Fondazione
per la sussidiarietà nel 2006 presentata
ieri a Roma alla presenza del ministro dell’Istruzione,
Fioroni.
Obiettivo dello studio è verificare quanta familiarità
ha il mondo produttivo,
sociale e politico italiano
con il concetto di sussidiarietà
introdotto nella nostra
Costituzione cinque anni fa
con la riforma del Titolo V.
Un concetto non ancora radicato
e di difficile definizione.
Nel nuovo art.118 della Costituzione
sono enunciati sia
il principio di sussidiarietà
«verticale» (cioè, la ristrutturazione
delle competenze
amministrative dello Stato),
sia quello della sussidiarietà
«orizzontale» (interazione
tra enti pubblici e società civile
nel gestire funzioni di
utilità collettiva).
Agli intervistati è stato
chiesto di prendere posizione
su un’accezione di sussidiarietà
orientata verso il tema
della persona e della sua
crescita individuale e sociale,
intesa come «modalità di
sviluppo che riconosce e valorizza
le iniziative della Pmi,
dei gruppi sociali e del singolo
individuo» e «identifica
educazione e istruzione come
strumenti di sviluppo della società».
A un primo approccio, solo il 22% del campione
ha dichiarato di conoscere la sussidiarietà. Una
volta chiarito il concetto, il 71,5% ha ammesso di
averne una «percezione positiva» e il 74% che la
sussidiarietà può favorire una maggiore responsabilità da parte degli operatori dei servizi pubblici.
Ma può la sussidiarietà essere un fattore di sintesi
dei problemi del Paese ancora aperti, come la
riforma della scuola?
Dall’indagine emerge che le famiglie hanno una
forte consapevolezza dell’importanza della sfida
educativa: il 55% sostiene che, per una scuola di
qualità, ci vogliono insegnanti preparati e capaci;
l’82% è convinto che la scuola serva a educare e a
istruire, e non solo a insegnare un mestiere (13%).
Il 43% non ritiene, però, adeguata la qualificazione
degli insegnanti e che la scuola italiana non sia
adeguata ai problemi dei giovani. O meglio, lo è
per il 41%, ma «con gravi insufficienze».
I problemi infrastrutturali e di competitività
che attanagliano le imprese fanno calare al 46% la
quota di chi, tra gli imprenditori, crede che l’educazione
sia la prima emergenza del Paese. Severo
il giudizio delle imprese sull’adeguatezza della
scuola alle esigenze dei giovani e della società in
generale: è adeguata, ma con gravi insufficienze,
per il 26% delle imprese, mentre lo è in minima
parte per il 32% e in nessun
modo per il 22%. Ma che
scuola vorrebbero gli italiani?
Secondo il 27% del campione,
nel nostro sistema
scolastico c’è poca libertà di
educazione, mentre per il
46% ce n’è abbastanza e per il
24% ce n’è, addirittura, molta.
Il 40% ritiene che la scuola
debba essere gestita solo
dallo Stato e il 56% vorrebbe
un sistema misto Stato-privato.
Il 37% non iscriverebbe
mai un figlio a una scuola
privata, neanche se fosse
gratuita.
«Ciò che emerge, soprattutto, dalla ricerca è il
giudizio d’inadeguatezza della scuola e l’orientamento
degli intervistati verso un sistema misto tra
pubblico e privato, il loro desiderio di flessibilità e
di autonomia», commenta Giorgio Vittadini, presidente
della Fondazione per la sussidiarietà. Il ministro
Fioroni difende lo strumento della sussidiarietà
per garantire l’appropriatezza e l’uniformità
dell’offerta formativa dei giovani su tutto il territorio
nazionale.
«Altra cosa - dice - è la volontà di declinare la
sussidiarietà con la liberalizzazione che, invece,
introduce nella logica dell’istruzione la sostituzione
della centralità dello studente con quella del
profitto. Chi investirebbe nelle cinquemila scuole
montane»? Fioroni ribadisce il suo no alla liberalizzazione
dell’istruzione a chi lo incalza a margine
della presentazione: «Finché il ministro sarò io,
si farà come dico io».
La scuola? «La prima
emergenza del Paese»
Per insegnare 20 chilometri a piedi
Matteo Pozzi, professore di scuola media,
impiega tre ore di cammino per
raggiungere la scuola in cui insegna a
dieci chilometri da casa sua, e altrettante
al ritorno. Trentenne di Lecco, supplente
di matematica a Galbiate, in passato ha
usato la bicicletta, ma dopo che gli è
stata rubata, ha deciso di andare a piedi.
ANNA RITA RAPETTA (da www.lasicilia.it)