Di Pietro a Catania: «E' necessario allo sviluppo della Sicilia» «Il Ponte si farą» C'č uno scontro: «Ma intanto facciamo le infrastrutture >
Data: Domenica, 21 gennaio 2007 ore 10:59:20 CET
Argomento: Eventi


 

Dal sito La Sicilia

Tony Zermo
E tuttavia c'è una parte consistente della maggioranza di governo che dice di no a priori.
«Anche a me piace passare il tempo libero sulla barchetta, ascoltando il canto dell'uccellino. Poi però tutti quelli che lo dicono vanno a fine settimana a sciare, con il Suv, il sigaro in bocca, con i telefonini e fanno ogni giorno il pieno di benzina. Bella la poesia. Diciamolo: c'è uno scontro ideologico che non ci dovrebbe essere, ma c'è, e impedisce di prendere delle decisioni coerenti Ci dev'essere per forza uno scontro ideologico se è vero, come è vero, che il governo Amato aveva deciso di fare il Ponte e poi ha rinunciato. Ma è uno scontro che si deve cercare in tutti i modi di superare».
Scusi, ma se prima bisogna fare le ferrovie, poi le strade e quant'altro, il Ponte lo vedranno i nostri nipoti. O no?
«Non ditemi quando si faranno le cose, intanto cominciamo a fare qualcosa. Sul Ponte, ripeto, non dobbiamo dividerci, fare battaglie ideologiche, ma lavorare tutti assieme. Io so bene come ministro che le infrastrutture non hanno colore e che un giorno da Palermo a Berlino si dovrà arrivarci direttamente. E poi noi dell'Unione non abbiamo mai detto che il Ponte non si dovrà fare, ma che prima bisogna intervenire su altre realtà infrastrutturali tra Sicilia e Calabria. Facciamo le opere propedeutiche, velocizziamo le ferrovie siciliane, la Palermo-Catania-Messina che coinvolge un milione e mezzo di persone. Queste opere serviranno comunque per il Ponte, sono cose che necessariamente si debbono fare anche in vista del Ponte. Se non ci sono le ferrovie, se sul Ponte non possono transitare i treni, a che serve?».
Però queste opere propedeutiche, come lei le definisce, non hanno copertura finanziaria, non hanno progetti definitivi.
«Si debbono fare E non mi permetterò mai di bypassare l'autonomia decisionale della Regione. Sarebbe un grave errore se il governo centrale prendesse i soldi della Sicilia e decidesse da solo».
Sullo Stretto c'è stato un gravissimo incidente. Non vogliamo speculare su quei poveri morti, ma certamente c'è un problema di sicurezza. Lo Stretto è troppo affollato.
«C'è stato un errore umano. E oltre a questo c'è un problema di standard di sicurezza che il Ponte non risolverebbe (perché, scusi?, ndr). Una delle ragioni fondamentali della mancanza di sicurezza è che l'Unione ci ha chiesto delle cose e non le hanno fatte. L'Ue ci ha chiesto lo scorporo tra le funzioni del gestore e le funzioni di vigilanza che attualmente fanno capo entrambe alle Ferrovie dello Stato. Non ho mai visto bene un'opera in cui il controllore è anche il gestore: è come uno studente che si interroga e poi si dà il voto».
Di certo il Ponte non può essere sostituito dalle «vie del mare», di cui parla il ministro Bianchi. Dove sono questi porti in Sicilia? L'unico potrebbe essere quello di Augusta, ma non ci si può lavorare perché prima bisogna bonificare la rada.
«Un momento, i porti sono utili, a prescindere dal Ponte. Cina e India stanno invadendo con le loro merci il mondo. E quando passano il Canale di Suez, se non c'è un porto attrezzato in Sicilia, queste navi passano oltre verso il Nord. Sono bestioni che portano diecimila Tus, container, e hanno bisogno di un pescaggio di almeno venti metri. Bisogna dragare i fondali, ma mi hanno sempre detto che il problema è: dove si sposta il materiale dragato? Ci sono amianto, elementi di inquinamento e altro. Allora ho suggerito: spostiamo questo materiale accumulatosi negli anni sullo stesso fondale marino e apriamo un percorso dove possono entrare le navi».
Torniamo al Ponte. Lei lo sa che era stato promesso alla Sicilia sin dagli anni 50 e che dal 1971 c'è una legge istitutiva del Parlamento per la società «Stretto di Messina».
«Vabbè, ma in cinquant'anni cos'ha fatto la classe politica siciliana? Come si è battuta per ottenere la realizzazione dell'opera? Come ha fatto sentire il suo peso? Noi non abbiamo cancellato la società dello "Stretto di Messina", abbiamo detto alla Impregilo che ha vinto l'appalto di continuare a fare il progetto definitivo, altrimenti avremmo dovuto pagare una penale di 263 milioni di euro. Avremmo pagato una penale per non avere niente in cambio. E che siamo scemi? Abbiamo detto di continuare a lavorare. Quando il progetto sarà ultimato lo possiamo anche dare alla Regione siciliana in cambio di un solo euro. La Regione ha un piano finanziario per fare l'opera? Va benissimo, ne parli anche con la Regione Calabria, da me non ci saranno mai ostacoli».
La questione meridionale sembra però accantonata a vantaggio di una questione meridionale.
«E' vergognoso che dopo tanti anni non ci sia ancora la Salerno-Reggio Calabria - ora però tutti i cantieri sono aumentati e finanziati -, ma è anche vergognoso che da Brescia a Milano migliaia di automobilisti ogni santo giorno impieghino due ore e mezzo all'andata e altrettanti al ritorno. Quindi c'è anche una questione settentrionale. E se continuiamo in questa ottica della scontro territoriale non andiamo da nessuna parte. C'è un altro scontro, quello con gli ambientalisti. Io sono per tutelare l'ambiente, ma a patto che non dicano aprioristicamente no a tutto. Invece vedo che ci sono gruppi che si spostano come una popolazione navigante da una parte e dall'altra per dire "questo non s'ha da fare e quest'altro non sa da fare". Stamane ho saputo che quelli che protestano per la Tav in Val di Susa, ora hanno deciso di andare a Vicenza contro la base Nato. Se togliamo queste barriere preconcette, allora la soluzione si trova».
Alla fine una domanda sul governo: può cadere sulla base militare di Vicenza e sulla missione in Afghanistan? «Assolutamente no, sono due cose differenti. Fare un parallelismo del tipo: "tu non mi hai fatto questo e io non ti faccio quello" è una logica del ricatto alla quale il governo deve sottrarsi».
gli interventi, le posizioni e le curiosità emerse nel dibattito


La maggioranza dice sì al Ponte. Ma è quella dei Lions siciliani

Andrea Lodato
Catania. Sul Ponte la maggioranza è favorevole. E' una notizia, anche se, per dirla tutta e subito, la maggioranza di cui si parla non è quella di governo litigiosa e divisa su quasi tutto, ma quella dei Lions siciliani. Un esercito di cinquemila professionisti che al Ponte ha detto sì. Lo annuncia, al convegno organizzato col ministro Di Pietro, Antonio Pogliese, che del club Catania Host è una delle anime. Serve a qualcosa saperlo? Sì, per esempio a comprendere il clima del dibattito, a capire il perché di certi mugugni e di lunghi applausi. Tanti gli invitati politici illustri e, alla fine, tutti bravi a sfiorare appena le polemiche tra i poli e cercare di parlare di presente e futuro.
Tanto più che il Rettore e padrone di casa, Tony Recca, spiega subito: «Arriveranno in Sicilia 100 miliardi. Bene, non importa da dove e da chi». E aggiunge: «Il Ponte è importante, pure le strade lo sono, ma non dimentichiamo ricerca e formazione». Monito sacrosanto, perché di questo passo oltre lo Stretto, a nuoto o in traghetto o in volo, non avremo più cervelli made in Sicily da mandare. Saluto del sindaco Scapagnini: «Importante, ricorda, far crescere ancora Catania e il suo sistema di vie di comunicazione, considerando che la sua intermodalità sta tutta racchiusa in 4,5 chilometri, tra asse attrezzato, tangenziale, porto, aeroporto e quel che ancora nascerà. E su questo contiamo sul supporto proprio di Di Pietro».
Un confronto politico a distanza, breve, è quello tra il senatore dell'Ulivo Enzo Bianco e l'eurodeputato di Forza Italia, Giuseppe Castiglione. Bianco conferma la sua linea per il sì al Ponte dal momento in cui partiranno i lavori per realizzare le infrastrutture prioritarie e ricorda pure che fu il governo Amato nel 2001 a votare a favore della grande opera. «Non cambio idea - ribadisce Bianco - anche se mi sembra ovvio che senza una Tav siciliana e senza un sistema autostradale moderno e completo il Ponte servirebbe davvero solo a Natale e a Ferragosto, quando c'è la grande fila di auto. E, invece, sono treni che devono passare soprattutto da lassù».
Castiglione, tre sedie più in là e dall'altra sponda politica, ricorda che il governo regionale ha fatto ed è pronto a fare ancora solo interventi mirati per quanto riguarda il sistema dei trasporti. Dunque niente soldi buttati in microopere dal governo regionale, mentre, accusa, quello nazionale le Tav non le ha ancora messe nero su bianco in nessun documento ufficiale e, tra l'altro, avrebbero costi proibitivi.
Saluta anche il presidente della Provincia Raffaele Lombardo, che del Ponte ha fatto la madre di tutte le battaglie del Mpa. Saluta e regala al ministro la copertina della Domenica del Corriere del 21 marzo del 1965 in cui con un disegno bello e suggestivo dei suoi, Molino, Walter ovviamente, illustrava il Ponte che da lì a qualche settimana sarebbe cominciato a sorgere tra Sicilia e Calabria. «Ma qui il Ponte non lo vogliono più fare e anche quell'idea tanto bella di potenziare i porti di Augusta e Pozzallo, cioé quelli più a Sud d'Europa, per intercettare il traffico delle merci provenienti da Oriente, sembra tramontato. Come stiamo da queste parti a infrastrutture? Basta leggere l'ultimo rapporto Svimez: il rapporto Sud Nord è di 0,7 qui rispetto a 100 dell'altra Italia».
Il deputato di Italia dei Valori Salvo Raiti ammonisce: bisogna approvare subito una mozione, anche con voto trasversale, che cambi quella stortura voluta e firmata dall'ex ministro Lunardi che nell'accordo Pon 2000-2006 segnò Battipaglia come punto d'arrivo del Corridoio 1, tagliando tutto il resto del Sud e, di fatto, rendendo inutili tutti questi dibattiti in corso, speranze e scontri. Sul Ponte Raiti è d'accordo ed arriva a dire: «Siamo sempre stati tanti quelli favorevoli nel centrosinistra, ma nel programma di governo non c'era...».
Parlano anche i deputati di Forza Italia Floresta e Palumbo, il commissario della Circumetnea Spampinato, poi due donne che provocano qualche mugugno, Cinzia Dato deputato della Margherita e la responsabile catanese del Wwf, Angela Guardo. La prima sul Ponte è perplessa e dubbiosa, la seconda, invece, supera il Ponte e chiede a Prodi, quelle sì, le infrastrutture necessarie. E il Ponte? «Ci batteremo per farlo noi - assicura l'assessore regionale Mario Torrisi - stiamo già lavorando, impegneremo risorse regionale e comunitarie e stiamo già coinvolgendo imprenditori privati e banche nazionali ed internazionali».
Per il ministro non si può impedire il collegamento con l'Europa
«Il Ponte si farà, è nell'ordine naturale delle cose, non si può tagliare fuori la Sicilia dallo sviluppo», ha detto il ministro Di Pietro alla tavola rotonda del Lions Host all'Università di Catania. «Intanto velocizziamo le ferrovie e facciamo le opere che comunque serviranno al Ponte. Non dividiamoci su questo».
Andrea Lodato, tony zermo3

Signor ministro,
ci permetta di rivolgerLe una domanda che spesso facciamo a noi stessi: quale futuro per la Sicilia?
Lei conoscerà senz'altro lo stato in cui versa l'Isola. Ma non da adesso, da antico tempo. Immagini che a conti fatti, dall'Unità d'Italia ad oggi, i benefici che ha ricevuto la nostra terra si possono contare sulle dita di una mano. Le stesse industrie, scese in Sicilia per portare lavoro in una terra senza lavoro, più che risolvere i problemi in parte li hanno aggravati deturpando tra l'altro una ricchezza che avevamo, cioè l'ambiente, col suo mare, le sue spiagge, i suoi campi. Ma di questo ci facciamo carico noi siciliani: la fame porta spesso a svendere i gioielli di famiglia.
Ma mettiamo da parte il passato e guardiamo ai problemi di oggi, senza vittimismi, consapevoli anche delle nostre responsabilità. Siamo convinti che la Sicilia sia in emergenza e come tale non ha bisogno di micro strategie che spesso dai politici nostrani vengono sbandierate come grandi conquiste. E' necessario un progetto di largo respiro, una specie di Piano Marshall, che riguardi le grandi reti infrastrutturali di comunicazione (dall'assetto viario alle ferrovie, ai porti), di energia elettrica, di autostrade informatiche, di una rete idrica che soddisfi le esigenze di tutto il territorio. C'è bisogno soprattutto di lavoro, che può arrivare realizzando anche le opere sopra citate. E tutto questo non si può risolvere con pannicelli caldi che servono solo ad attenuare i dolori. Ci vuole il coraggio di una svolta che metta, come ha ripetutamente detto il capo dello Stato, in prima linea la «questione meridionale», che è anche la nostra, quella siciliana. Se abbiamo sostenuto il Ponte di Messina, non è stato per avere un'opera faraonica solo da ammirare, ma perché credevamo, e lo crediamo tuttora, che fosse una spinta per realizzare contestualmente le altre opere di comunicazione. Lei da economista sa benissimo che, se non si crea un volano, e il Ponte lo sarebbe, tutto il resto camminerà a fatica. Ed è inutile l'ipocrisia politica delle priorità: tutto è priorità.
Da questo governo aspettavamo una parola nuova, invece, a detta dei nostri politici del centrosinistra, abbiamo dovuto addirittura difendere con i denti quel poco che già ci era stato concesso. Gli stessi soldi tolti al Ponte ancora non si sa che fine faranno. Ma anche se dovessero arrivare, come è stato promesso, sarebbero sempre poca cosa per quel piano d'emergenza di cui la Sicilia ha bisogno.
Lei potrebbe rispondere: avete ragione, ma dove prendiamo tutti questi quattrini? Non dimenticando che nel 2010 si aprirà nel Mediterraneo l'area di libero scambio, crediamo sia necessario preparare la Sicilia all'evento, facendola diventare, con seri interventi, come la fiscalità di vantaggio, un'«isola promessa», capace di convincere imprenditori italiani e stranieri a investire. Certo oltre ai finanziamenti europei occorre che la Regione la smetta di far dipendere l'economia dalla politica clientelare, disperdendo in mille rivoli le sue risorse e occorre che lo Stato intervenga in maniera seria senza fare il gioco delle tre carte. Attualmente, solo per ricordare un dato, nel Sud vengono stanziati per infrastrutture 200 euro pro capite in meno rispetto al Nord. In Sicilia ancora meno.
Nonostante ciò qualcosa di positivo si è riusciti a fare: ci riferiamo al settore dell'informatica nel Catanese, alle aziende vitivinicole della Sicilia occidentale, al polo agricolo del Ragusano, al turismo qualificato che è purtroppo limitato a poche zone nonostante il ricco patrimonio di cui tutto il territorio è dotato.
Più che una promessa, aspettiamo da Lei, da saggio economista, un'idea, un progetto, un programma. Chissà, potrebbe cominciare a dire qualcosa di più preciso nell'incontro che oggi avrà a Catania. L'emergenza non è rinviabile e la Sicilia vuole guardare al futuro. Il gap tra Nord e Sud è così profondo che se non si annulla allontanerà sempre più la Sicilia non solo dall'Italia ma dall'Europa.

 

Alla Camera mozione di Italia dei valori (Raiti-Misiti)
Il Ponte è una priorità dell'Ue: il governo lo faccia

Tony Zermo
Se c'è una forza politica che si batte con convinzione per il Ponte dello Stretto è Italia dei valori. Sarà una forza piccola, ma non tanto (19 deputati e quattro senatori), però combattiva e perdipiù del centrosinistra e perdipiù con il suo leader e fondatore, Antonio Di Pietro, che è ministro delle Infrastrutture. Se dipendesse da loro, il Ponte si farebbe subito. Di Pietro a Catania lo ha detto: «C'è uno scontro ideologico su quest'opera, inutile negarlo. E c'è un popolo navigante che va dalla Val di Susa (Tav) a Vicenza (base americana) per dire no a tutto. Per cui è necessario non dividersi sul Ponte».
Ora dalla pattuglia di Idv è partita una mozione, i cui primi firmatari sono il catanese Salvo Raiti e il calabrese Aurelio Misiti che quand'era presidente del Consiglio superiore dei lavori pubblici dichiarò, dopo un lungo esame scientifico, la fattibilità del progetto.
La mozione fa presente che sia il precedente governo che quello attuale hanno dirottato delle somme destinate al «Corridoio 1 Berlino-Palermo» al potenziamento della Caserta-Foggia e in pratica del «Corridoio 8», quello che da Napoli dovrebbe tagliare verso Bari e da qui nei Balcani (ma dove sono i progetti? E dove sono le risorse?). Non si tratta di grosse somme, complessivamente meno di 50 milioni di euro, «ma è un segnale preciso - dice Raiti - della volontà del governo di ignorare il potenziamento della parte finale del Corridoio 1 che non andrebbe più giù di Napoli».
La mozione parte anche dal presupposto che «la programmazione comunitaria relativa alle reti di trasporto transeuropee, "Ten-T", di cui alla decisione del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 luglio 1996, ha individuato come prioritaria la realizzazione del progetto dell'asse ferroviario di collegamento Berlino-Milano-Bologna-Napoli-Messina-Palermo (Corridoio 1), considerato quale segmento unico. L'appartenenza di un progetto di infrastruttura al programma comunitario Ten-T costituisce criterio generale di priorità per la realizzazione nell'ambito del Pon Trasporti 2000-2006».
«Poiché le modifiche al piano finanziario - conclude la mozione - rischiano di danneggiare le Regioni Calabria e Sicilia e il Corridoio 1 ritenuto essenziale dall'Unione europea, si impegna il governo a procedere in tempi rapidi, alla revisione delle priorità specifiche dei Grandi Progetti inclusi nel Pon Trasporti, restituendo alla realizzazione del Corridoio 1, e in particolare al completamento dell'asse di collegamento fino a Palermo, il ruolo centrale e primario affermato in sede comunitaria, e destinare di conseguenza al progetto le risorse finanziarie adeguate alla sua realizzazione e coerenti con gli obiettivi fissati a livello comunitario». (Anche il sottosegretario ai Trasporti Raffaele Gentile ha detto ieri a Messina che bisogna completare il Corridoio 1).
In sostanza la mozione svela un inghippo, cioè l'aver distolto 50 milioni dalla «posta Ponte» per destinarla al Corridoio 8, e soprattutto ricorda nel contempo, semmai si fosse dimenticato, che il Ponte è considerato dall'Unione europea un'opera prioritaria che fa parte delle reti trasporto della Grande Europa. Questa mozione è stata inviata ai parlamentari siciliani e calabresi di tutti gli schieramenti «e siamo certi che saranno in molti a firmarla e sostenerla», ha detto Misiti. Il sì della Cdl è scontato. Ieri Berlusconi ha detto: «Di Pietro voleva fare il Ponte, poi Pecoraro Scanio ha parlato della strage dei delfini e in cinque minuti ha distrutto quel che si era fatto in cinque anni».
Nota a margine. Come sapere, il sondaggio on line della Regione (www.regione.sicilia.it) finora è stato un flop perché i no al Ponte sono la maggioranza. Alla tavola rotonda del Lions Host con Di Pietro era presente anche l'avv.Domenico Azzia, presidente dei circoli dei siciliani all'estero. Quando ho chiesto se le migliaia e migliaia di siciliani all'estero che sono a favore del Ponte avessero votato, mi ha risposto candidamente: «Non sapevo nemmeno di questo sondaggio, ora vedrò di avvertire i circoli all'estero». Amici miei, se non vi mettete al computer e date il vostro voto, poi è inutile fare dibattiti e convegni per sollecitare la realizzazione del Ponte. A parole non si costruisce mai niente.







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