Social Forum, Nairobi capitale dell'altro mondo
Data: Sabato, 20 gennaio 2007 ore 23:50:57 CET
Argomento: Rassegna stampa


«Un altro mondo è possibile» e ancora «umanità e risorse non solo miseria» questi gli striscioni alla testa del corteo che ha aperto la Marcia della Pace a Nairobi, in Kenia. Decine di migliaia di attivisti hanno attraversato le baraccopoli della città dando ufficialmente il via, con un imponente e colorato corteo, al settimo Forum Sociale Mondiale che, per la prima volta da Porto Alegre 2001, si svolge in Africa.

Per cinque giorni la città kenyota diventerà la capitale dell'altro mondo possibile. La marcia è partita da Kibera, la più grande baraccopoli africana, alle 11 ora locale (le 9 in Italia) per arrivare nel parco della libertà di Nairobi (Uhuru Park). Qui è stato allestito il palco per la cerimonia d'apertura del Forum. A spiccare è la grande bandiera della pace utilizzata nelle marce Perugia-Assisi, tra i bambini che corrono a piedi nudi e i manifestanti che danzano sotto il sole al ritmo dei tamburi.

Il corteo, lungo tre chilometri con oltre 80.000 mila persone, si è svolto in un clima generale di festa, tra canti e balli. Tanti gli slogan che chiedono pace e giustizia, tante le speranze di chi ha preso parte alla manifestazione come Philip Kimani, un senzatetto di 18 anni che spiega il perché della sua partecipazione: «Stavo lavorando in un autolavaggio, quando mi hanno invitato al corteo, mi hanno detto che avrei imparato qualcosa» spiega il giovane che indossa una t-shirt del Forum (che quest'anno si intitola «Diamo voce all'Africa e alla sua sete di giustizia») e un berretto dei New York Yankees.

Ma il summit di Nairobi rappresenta in qualche modo un passo importante anche per l'Italia che ha partecipato in maniera attiva alla sua realizzazione fornendo un quarto dei fondi complessivi che ne hanno permesso la realizzazione. «Non è solo una questione di finanziamenti», spiega Paolo Beni, presidente nazionale dell’Arci, che ci tiene a descrivere uno dei progetti più significativi del forum: una rete mondiale di soggetti diversi che sta nascendo per occuparsi di tutte le tematiche legate all’immigrazione. In una realtà globalizzata come quella in cui viviamo, prosegue Beni, non si può continuare ad avere paura del “diverso”. «L’integrazione è necessaria non solo a parole, un dialogo non lo si può inventare lo si deve costruire con attenzione e interesse vero».

La scommessa di questo Forum è, infatti, proprio la ricerca di partecipazione dal basso degli africani (delle donne, delle fasce più povere della popolazione), e i temi portanti del meeting saranno la lotta all'Aids (in Africa ogni giorno muoiono almeno 6mila persone e vivono circa 90 milioni di sieropositivi), il peso del debito, la sovranità alimentare, gli accordi di commercio imposti dall'Europa e dai paesi più ricchi, i diritti delle donne.

 «Questo è un Paese dove ci sono le persone più povere e violentate della terra, i loro fondamentali diritti negati, c’è la voglia di liberarsi dalla violenza che li opprime. C'è la voglia di riscatto di tutti quei milioni di persone che ogni giorno sono costretti a combattere la guerra più difficile: quella contro il morso della fame e dell'ingiustizia», commenta Flavio Lotti, uno degli organizzatori italiani del meeting e coordinatore nazionale della Tavola della Pace.

«Ci siamo dati da fare in tanti per la buona riuscita di un progetto di pace» gli fa eco Francesco Cavalli, del coordinamento nazionale enti locali per la pace e i diritti umani. «La vera novità di questo incontro è che c’è una partecipazione forte anche dei rappresentanti locali italiani, sono presenti più di 50 enti per 100 partecipanti. Vogliamo che le idee del forum siano parte integrante di ogni progetto di crescita, il tavolo italiano era il più organizzato con un programma specifico di orientamento allo sviluppo.

«Ma non si può dimenticare che c'è un movimento dinamico a livello internazionale che ha molti attori in Africa». Ridabisce il comboniano padre Daniele Moschetti, che la situazione dell’Africa la conosce bene. «Faccio il missionario in queste terre dimenticate da molto tempo. Qui a Korogocho, una delle 199 baraccopoli di Nairobi, la situazione è drammatica. Nairobi conta 4 milioni di persone e di questi 2,5 milioni vive costretta in meno del 5% del territorio cittadino, le bidonville appunto con tutte le problematiche connesse: la carenza di istruzione, gli enormi problemi sanitari, droga, alcool e prostituzione, per non parlare dell’AIDS. Eppure non c’è rassegnazioni in questa gente, ma sono in potenti che devono cominciare a guardare all’Africa in modo diverso. Questo non è più un territorio solo da sfruttare, ma la realtà di un popolo forte che vuole la dignità che gli spetta».

«People struggles, people alternatives», le lotte dei popoli, le alternative del popolo. Sotto questo unico slogan la cinque giorni kenyota continua con 1200 iniziative tra dibattiti, tavole rotonde, convegni, confronti e spettacoli.

Luigina D'Emilio

da www.unita.it







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