I figli degli stranieri clandestini possono iscriversi alla scuola statale italiana. Ma la clandestinità non è una situazione di illegalità?
Data: Martedì, 16 gennaio 2007 ore 19:41:29 CET
Argomento: Normativa Utile


Ci riferiamo alla circolare n. 74 sulle iscrizioni per il 2007-08 che al punto 8. regolamenta le iscrizioni degli alunni con cittadinanza non italiana. Testualmente recita:
“ La presenza, in continuo aumento, di alunni con cittadinanza non italiana ha assunto da diversi anni le caratteristiche di un fenomeno strutturale, che la nostra scuola ha affrontato nella sua complessità, con esperienze di innovazione e di integrazione.
È opportuno ricordare che tutti i minori, presenti sul territorio nazionale e nei diversi gradi e ordini di scuola, ai sensi dell'articolo 45 del DPR 31 agosto 1999, n. 394, “Regolamento di attuazione del decreto legislativo n. 286/1998 sulla disciplina dell'immigrazione e sulle condizioni dello straniero”, hanno diritto all'istruzione, indipendentemente dalla regolarità della loro posizione di soggiorno; sono altresì soggetti all’obbligo di istruzione se in età di legge. L'iscrizione dei minori stranieri nelle scuole italiane di ogni ordine e grado avviene nei modi e alle condizioni previste per i minori italiani e può essere richiesta in qualunque periodo dell'anno scolastico. I minori stranieri privi di documentazione anagrafica, ovvero in possesso di documentazione irregolare o incompleta, sono iscritti con riserva alla classe di assegnazione.
I minori stranieri vengono iscritti alla classe corrispondente all'età anagrafica, salvo, in attuazione del citato art. 45, comma 2, del DPR 394/99, che il collegio dei docenti deliberi l'iscrizione ad una classe diversa, tenendo conto:
dell'ordinamento degli studi del Paese di provenienza, che può determinare l'iscrizione ad una classe immediatamente inferiore o superiore rispetto a quella corrispondente all'età anagrafica;
del corso di studi eventualmente seguito nel Paese di provenienza;
del titolo di studio eventualmente posseduto;
dell'accertamento di competenze, abilità e livelli di preparazione.
Al fine di realizzare nella maniera più idonea l'integrazione dei minori stranieri e creare i presupposti per una effettiva funzionalità ed efficacia dell'attività didattica, il collegio dei docenti delle istituzioni scolastiche interessate formulerà proposte per la ripartizione degli alunni stranieri nelle classi, evitando la costituzione di classi in cui risulti predominante la loro presenza. Per un ulteriore approfondimento delle misure di accompagnamento consigliate per favorire l'integrazione dei minori stranieri, si rimanda alla lettura del citato articolo 45 del DPR 394/1999, nonché alle Linee guida emanate da questo Ministero (cfr. circolare n. 24 del 1 marzo 2006).

Ma com’è possibile agire sul piano amministrativo indipendentemente dalla regolarità della loro posizione di soggiorno?
Come può una circolare assegnare uno status di particolare privilegio a una fascia di popolazione straniera, non solo senza cittadinanza, ma priva di qualsiasi status giuridico, in dispregio a qualsiasi regola a cui invece devono giustamente sottostare i cittadini italiani e i cittadini stranieri con regolare permesso di soggiorno?
Non è forse anzi il contrario e cioè che allorquando un dirigente dello Stato viene a conoscenza di una situazione di irregolarità è tenuto a segnalare l’anomalia alle autorità competenti per far sanare lo stato di anomalia e peggio di clandestinità
Non è la clandestinità una situazione non solo intollerabile ma irregolare secondo il codice dell’immigrazione? Non prevede l’espulsione dall’Italia?
Perché si vuole esercitare questo accanimento formativo nei confronti di chi non è in regola con le nostre leggi?
E qui è forse giusto approfondire la delicatissima questione.

Integrazione o società multietnica?

Ci riferiamo per l’occasione alla circolare del Ministro Fioroni prot. n 2015 del 05/01/2007 avente come oggetto il calendario della costituzione Italiana e giornata nazionale della bandiera, dove sono contenuti delle riflessioni condivisibili, quali quelle di sviluppare nei giovani una coscienza sociale basata sul senso di appartenenza ad una comune identità, di valorizzare il patrimonio di valori e principi della nostra democrazia e di essere gelosi della nostra identità, della nostra cultura, dei nostri valori e di essere orgogliosi di essere italiani.
Si dice poi nello stesso testo che dobbiamo essere aperti ad una identità in divenire nella società multietnica.
Soffermiamoci su questo punto della società multietnica e sull’integrazione.
Che significa integrazione e che cosa significa costruire una società multietnica?
Significa forse che d’ora in poi si mettono tutte le culture, tutte le religioni, tutti gli usi e costumi delle molteplici etnie sparse nel mondo sullo stesso piano e si offre questo menu formativo ai nostri giovani? Evidentemente non è questa la strada perché nelle nostre classi si continua a presentare e a trasmettere la nostra cultura e i nostri valori occidentali e si chiede agli alunni stranieri di integrarsi e non certo si procede all’incontrario cioè chiedendo agli studenti italiani di piegarsi agli stimoli e ai valori delle altre culture di provenienza dei loro compagnetti stranieri.
Basti pensare un attimo alle società islamiche che consentono la poligamia, le pratiche illegali di infibulazione, il misconoscimento dei pari diritti delle donne, la teocrazia che mescola Stato e Religione. Questi sono disvalori che la nostra scuola deve con chiarezza sradicare dal bagaglio culturale che spesso incosciamente questi giovani stranieri si portano dappresso dai loro paesi di provenienza. E questo va detto loro chiaro e limpido.
La gelosia della nostra identità con cui il ministro Fioroni conclude la circolare fa certo molta fatica a convivere con l’apertura ad una identità in divenire.
Ai giovani questo discorso va fatto in modo chiaro e incontrovertibile attraverso l’impegno coraggioso delle nostre posizioni ed idee.
Dobbiamo incoraggiare i nostri studenti italiani ad obbedire ai principi della nostra costituzione repubblicana, che mette in risalto i valori di cui si fa promotrice, oppure bisogna dir loro che tutto è in divenire e tutto scorre, per cui bisogna confrontarsi con i tempi e adeguare ad essi i nostri valori?
La società multietnica, a cui si fa riferimento, è una società formata da diverse etnie e cioè da diversi raggruppamenti umani, basti su caratteri razziali, linguistici e culturali. Per amalgamarci siamo quindi invitati a rinunciare a quelle differenze che ci rendono: Italiani, Africani, Asiatici, etc., oppure dobbiamo difendere ed essere gelosi della nostra identità e dei nostri valori per essere orgogliosi di essere Italiani, Africani, Asiatici etc.?
A questo punto non dovremmo piuttosto dire ai nostri giovani che vivere assieme ad altri non deve toglierci il coraggio di dire in termini chiari chi siamo e difendere anche quei segni che ci differenziano e che rappresentano scelte fondamentali del nostro essere? La tolleranza e l’amicizia si possono e si devono coniugare con la diversità.
Noi accogliamo in Italia con grande tolleranza secondo la nostra tradizionale ospitalità diverse comunità, ma per andare verso una società multietnica, devo io, cittadino italiano e cattolico togliere della mia aula il Crocifisso o eliminare il presepe natalizio, perché non ho il diritto di turbare il mio compagno islamico?
Dovremmo una volta per tutte stabilire delle regole alle quali appellarci.
Se io sono un musulmano e voglio vivere in Italia, devo sapere che in questa nazione posso e devo trovare lavoro, deve essere tutelato nei miei diritti fondamentali, ma non posso pretendere, se frequento la società italiana fondata su i suoi valori che essa in qualche modo debba rinunciarci.
Forse anziché sprecare parole, o nasconderci dietro affermazioni contraddittorie, dovremmo cominciare ad assumere posizioni non certo intransigenti, ma neanche rinunciatarie.
Io cittadino Italiano che mi reco a vivere presso una diversa etnia, devo tollerare le differenze e non posso imporre le mie convinzioni; già nel Settecento, alcuni audaci intellettuali lo hanno affermato con: chiarezza:” non condivido le vostre idee, ma darei la vita perché possiate professarle liberamente”.
E’ alla tolleranza che dobbiamo appellarci ed è attraverso la tolleranza che le diverse etnie possono convivere nello stesso territorio.
L’identità di un popolo, sancita dalla sua costituzione, è la risultante di valori già sedimentati, quindi, o si è gelosi della propria identità e la si esprime con orgoglio, o si è disposti ad aprirsi ad una identità in divenire, che può sovvertire ciò che si è.
Non possiamo con superficialità mettere insieme celebrazioni nazionalistiche, che ci riempiono di orgoglio e realizzare una quieta società multietnica, come ci insegnano i nostri amici Francesi ed Inglesi, la cui adesione alla multietnicità gronda di tanto sangue e tanto oltraggio, come ci insegna la storia.
Saranno circa 500 mila gli alunni con cittadinanza non italiana che siedono tra i banchi delle nostre scuole. Una presenza ancora contenuta e gestibile che non ha prodotto sin’ora quei fenomeni di rigetto e di contrasto che si registrano in altri paesi dell’U.E dove il fenomeno è esploso con ben altre caratteristiche.
Le nazionalità rappresentate sono quasi 200 ma non tutte si presentano con le stesse caratteristiche e problematicità. Bisogna ammettere con molta sincerità che le provenienze che presentano maggiori difficoltà di integrazione sono quelle dei paesi islamici per il semplice motivo che sono proprio queste culture a rifiutare l’integrazione.
Com’è possibile proporre l’integrazione a chi per orgoglio o per motivi religiosi tale integrazione rifiuta?
La risposta non può essere certo quella di cedere sul nostro versante dei valori e consentire di trapiantare nella nostra terra in ogni città delle comunità islamiche come enclavi con le loro moschee, il loro ramadan, la loro alimentazione halal, il loro diritto teocratico.
E questo è un problema serio. In specie dopo l’11 settembre.
 







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