E’ un luogo comune ormai trito e ritrito. I dipendenti statali se la passano bene. Cioè sono i lavoratori più fannulloni che esistano. Ce lo dimostra un recente libro del giuslavorista Pietro Ichino, il quale appunto sottolinea la necessità di intervenire in questo ameno settore lavorativo con rigore e eventuali licenziamenti. E dunque il luogo comune si svela più vicino al vero di quanto pensassimo.
Ma ditemi un po’ chi non conosce un altro trito e ritrito luogo comune, uno di quelli banali, ma molto molto diffusi. Tra tutti i lavoratori del pubblico impiego…qual è la categoria che ha più vacanze, che sta tre mesi l’anno immersa nel dolce far niente? Chi è? Ma gli insegnanti naturalmente, quei fortunati che lavorano solo 18 ore settimanali, si beccano tutte le festività natalizie e pasquali e qualunque festa comandata è la loro. Lavorano poco, ma proprio poco, e ben gli sta quel misero stipendio che prendono. Giusto, proporzionato al loro impegno.
E invece no. Invece non è così. E invece c’è una sorpresa. Secondo la mappa delle assenze dei lavoratori statali, dispiegata nel «Conto annuale» della Ragioneria generale dello Stato, che contiene tutti i dati relativi ai dipendenti del pubblico impiego nell’anno 2005, gli statali lavorano più o meno dieci mesi l’anno. Gli altri due o quasi se ne stanno a casa. Sotto le coperte perché ammalati. In sciopero, o ancora in permesso retribuito. E solo quando incrociano le braccia lo stipendio smette di correre. In tutti gli altri casi le giornate di assenza sono retribuite. Insomma tutti se la prendono comoda.
Ma sapete qual è la categoria più disciplinata, quella che lavora più degli altri tra i dipendenti pubblici? Udite, udite: gli insegnanti, che costituiscono il più grande comparto di occupazione pubblica insieme a bidelli e ata: in media gli 1,1 milioni di dipendenti non hanno varcato il cancello della scuola 44 giorni l’anno. E sfido io: tra interrogazioni, spiegazioni, necessità di continuità nell’azione didattica i poveri insegnanti non possono spesso nemmeno lontanamente pensare a una loro eventuale assenza. E spesso vanno a scuola con la febbre, imbottiti di farmaci…perché, si sente da loro dire, devono interrogare o spiegare o chiudere il programma d’esame.
Lavoro atipico, quello degli insegnanti. Lavoro che va oltre un semplice impiego statale. Ma chi se ne accorge?
SILVANA LA PORTA