Il settimanale marocchino Nichane ha pubblicato un dossier sulle barzelette religiose. Ora due giornalisti rischiano tra i 3 e i 5 anni di carcere
Data: Sabato, 13 gennaio 2007 ore 16:45:08 CET
Argomento: Rassegna stampa


dal sito del Manifesto

 

Niente scherzi sull'islam, Rabat mette al bando un giornale
Stefano Liberti
 

Meglio non scherzare con l'islam in Marocco. Il periodico arabofono Nichane l'ha imparato sulla propria pelle: in seguito a un servizio sulle «noukat», le barzellette di uso comune tra i sudditi di Mohammed VI, si è visto chiudere i battenti di imperio, mentre il suo direttore Driss Ksikes e la giornalista Sanaa Al Aji sono stati portati in giustizia, dove rischiano tra i tre e i cinque anni di carcere per «attentato alla religione islamica».

Tutto è cominciato il 10 dicembre, quando il settimanale - nato quattro mesi fa da una costola di Tel Quel, giornale francofono molto in voga tra la «gioventù dorata» di Casablanca - ha realizzato il dossier sulle «noukat».
Sulle prime nulla accade. La pubblicazione non viene nemmeno ritirata dai punti di vendita. Ma presto è partita l'offensiva, che ha coinvolto siti e personaggi pubblici, superando i confini del regno cherifiano. Il primo ad aprire il fuoco è stato il sito islamista khorafa.org, curato da transfughi del movimento Al Adl Wal Ihssane («Giustizia e Benevolenza») dello sceicco Abdelsalam Yassin. Sul sito viene aperto un forum su Nichane, che raccoglie le reazioni al dossier. Come già accaduto in occasione delle ormai celebri vignette su Maometto, il popolo degli internauti islamici reagisce a valanga: il web è invaso da centinaia di interventi, dal Marocco e dall'estero. Alcuni deputati kuwaitiani indirizzano all'ambasciatore marocchino un comunicato di protesta del Parlamento dell'emirato, che punta il dito contro il dossier di Nichane.
La situazione degenera: mentre si moltiplicano - sulla stampa filo-islamica e non - gli appelli al governo e al consiglio degli ulema a reagire, il sito islamway.com pubblica i nomi dei giornalisti, i loro indirizzi mail e una lettera che esorta il re ad applicare i precetti della shari'a sui responsabili dell'affronto. Le scuse presentate dal giornale, sorpreso dagli attacchi, non riusciranno a placare gli animi.
Preso in contropiede, il governo reagisce: convoca i due responsabili, li fa mettere in stato d'accusa e chiude il settimanale, cosa peraltro che nemmeno i commentatori islamisti più agguerriti avevano chiesto. Paradossalmente, il regno cherifiano - da sempre descritto come un baluardo contro l'estremismo islamico - mostra il pugno di ferro contro un settimanale laico che si è azzardato a pubblicare barzellette di uso comune sulla religione. Ma il paradosso è solo apparente: per un re che basa la propria legittimità sulla nozione di «comandante dei credenti», e che dunque deve sempre preoccuparsi di riaffermare la propria preminenza in campo religioso, non è accettabile l'idea di farsi scavalcare dagli islamisti, peraltro strafavoriti alle elezioni parlamentari previste per settembre. Con l'approssimarsi del voto, la questione diventa centrale, tanto che secondo alcuni le pubblicazioni come Nichane (o come i principali giornali francofoni, tutti poco teneri nei confronti del potere costituito) siano permesse proprio per la loro linea anti-islamisti, che bilancerebbe i loro attacchi al regime. «Il problema - sottolinea una fonte ben introdotta a palazzo - è che invece di attaccare gli islamisti, i giornalisti di Nichane hanno attaccato l'islam».
L'islam è - insieme al Sahara Occidentale - un soggetto tabù in Marocco. Nel contesto di una progressiva apertura della stampa, tanto più sorprendente in quanto è avvenuta nel giro di pochi anni, questi due argomenti sono altrettante linee rosse da non superare. Lo sa bene il settimanale Le Journal, il cui direttore è stato condannato alla multa record di 3 milioni di dirham (300mila euro) per aver affermato che un dossier sul Sahara Occidentale fatto da un centro di ricerca di Bruxelles era una velina del palazzo reale.

Lo sa bene anche il giornalista Ali Lmrabet, condannato a tre anni di carcere per aver pubblicato una caricatura del re (è stato poi graziato dopo sette mesi e oggi è interdetto per 10 anni dalla professione per un reportage tra i sahrawi in Algeria). Ma ora il giudice è in un vicolo cieco: se Lmrabet è stato condannato a tre anni per aver offeso il re, quanti anni bisognerà dare ai giornalisti di Nichane, che hanno osato insultare Allah?







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